Arthur
Schnitzler l'ho conosciuto giusto un mesetto fa, con Doppio sogno.
Neanche sapevo che fosse il libro da cui è tratto Eyes wide shut di
Kubrick, ma tant'è, l'ho letto e divorato, e una settimana scarsa
fa mi sono letta Il ritorno di Casanova, pubblicato per la prima
volta nel 1918 e pubblicato in Italia da Adelphi nella traduzione di
Giuseppe Farese.
Ammetto di
non aver mai letto la sua autobiografia – anche se sono certa di
averne una vecchia edizione a casa, che ho sfogliato un paio di volte
senza mai immergermici – e che per un lungo periodo ho pensato si
trattasse di un personaggio di fantasia. Lascio qui il link
alla voce dell'Enciclopedia Treccani per la gioia di chiunque voglia
approfondire l'argomento.
Dicevo che
per me la figura di Casanova è sempre stata un po' evanescente,
mozza, incompleta. Un nobile libertino del '700 che si dilettava in
duelli e sotterfugi; tutto qui. Probabilmente non avrei mai
approfondito non fosse stato per l'amico Schnitzler, che ormai di lui
mi fido. Se è interessante per lui, lo sarà pure per me, no?
E infatti Il
ritorno di Casanova mi è piaciuto, e molto. Non so se e quanto sia
storicamente accurato, ma poco importa. La narrativa può e deve
mangiarsi la realtà, quando la trama lo richiede.
Casanova ha
raggiunto la “veneranda” età di cinquantadue anni. Si sente
vecchio, si è notevolmente impoverito, spera nel perdono
dell'adorata Venezia, dalla quale è dovuto fuggire decenni prima.
L'esilio gli è insopportabile, le sue vesti sono logore, non ha
prospettive se non la speranza di tornare in patria e la
pubblicazione di un libello contro Voltaire. È amaro, insicuro, ma
rimane perfido. Diciamocelo, Casanova è un tantinello sociopatico.
Capita che
incontri un vecchio amico, qualcuno per cui ha fatto molto,
facendogli dono di centocinquanta monete d'oro come regalo di nozze,
- dopo aver consumato lui per primo la prima notte, diciamo. Questi
insiste per invitarlo nella sua tenuta, a rivedere sua moglie e a
incontrare le sue figliolette e la nipote Marcolina. Si è arricchito
commerciando in vino grazie al vecchio regalo di Casanova, e per lui
non prova che un sommo rispetto e una fortissima gratitudine.
E Casanova
accetta, seppure titubante, l'invito. Nella tenuta del lontano amico
incontra Marcolina, appena diciottenne, una fanciulla di
incontestabile bellezza che lo fa ardere di un desiderio antico e
cocente, e che lo disprezza nel profondo. Marcolina non è una
giovane sprovveduta; è intelligente, acculturata, arguta. Studia
matematica e filosofia, riesce a mondare ogni dibattito dai sofismi
di Casanova, lo umilia col proprio intelletto quanto col proprio
disinteresse.
E non è che
a Casanova la situazione possa andare bene.
E sotto le
sue trame, e sotto questa trama, soggiace il terrore della morte e
ancora di più della vecchiaia, del tempo che passa, di ciò che non
torna. Casanova sembra voler scappare da se stesso e da quello che lo
aspetta, pur rimanendo sempre lui.
Una leggenda nel bene (quale?) e nel male (appunto).
(no,
davvero, scoprire che si tratta di un personaggio realmente esistito
è stato un po' un trauma).