Gideon - La Nona di Tamsyn Muir

Gideon – La nona di Tamsyn Muir è uscito per Mondadori nel 2020 e io l'ho del tutto ignorato fino a poche settimane fa, finché non mi è capitato sotto gli occhi mentre scrollavo Instagram. Qualcuno ne ha parlato con entusiasmo e visto che il sistema bibliotecario torinese funziona anche in mezzo al delirio, me lo sono fatto arrivare nella sede vicina a casa. Non avevo grandi aspettative. Anzi, non ne avevo proprio. Mi è capitato troppo spesso di rimanere delusa dai capolavori segnalati da altri. È arrivato, l'ho messo da parte per trangugiare quello che mi rimaneva della Torre Nera di King. Di mezzo ci sono stati pure due ottimi libriccini di cui chiacchiererò più avanti.

Ma adesso voglio parlare di Gideon. 452 pagine scofanate in meno di 24 ore, con la collaborazione del Primo Maggio. Attendo che mi arrivi in biblioteca il seguito, Harrow – La Nona. E per far capire quanto ho amato il primo volume di una trilogia, se non fosse stato disponibile in biblioteca, me lo sarei comprato. Pure a prezzo pieno, un salasso sopra i venti euro due settimane prima del Salone del Libro. L'ho adorato così tanto che potrei definirlo la mia lettura preferita dell'anno. E ribadisco che io quest'anno ho letto la Torre Nera.

Gideon. Che splendida, stupidissima meraviglia.




Parto con l'ambientazione, che già di per sé basterebbe a guadagnare all'opera una sufficienza piena. Si sente un po' di Lovecraft, sotto uno spesso strato di Warhammer. C'è un Impero spaziale, con un Imperatore immortale che domina su Dominicus, un sistema solare di cui fanno parte nove pianeti e non è chiaro quante colonie e stazioni spaziali. Non importa. Comunque di questi pianeti ne vediamo solo due. Ci muoviamo chiaramente nel territorio cromato della fantascienza, giusto? Nì. Perché ognuno di questi pianeti è governato da una casata nobiliare. La Prima, che è quella dell'Imperatore, la Seconda, la Terza e direi che si può intuire come continua. E queste casate si tramandano il potere della necromanzia, in forme e modalità che variano sensibilmente e immergono l'opera in un'atmosfera fantasy che sarebbe tetra e gotica, non fosse per l'approccio alla vita di Gideon.

La Nona è specializzata nelle ossa: l'Erede, Harrow, può materializzare un esercito di scheletri combattenti da pochi frammenti di ossa, e manovrarlo a suo piacimento. La sua è una casata lugubre, isolata, in pieno decadimento economico e demografico. È quindi con una certa dose di speranza che viene accolta la missiva dell'Imperatore: c'è bisogno di nuovi paladini, e verranno pescati proprio dalle casate, invitate a mandare i loro rampolli su Canaan, il primo pianeta, accompagnati da un paladino.

E qui entra in gioco Gideon, la protagonista. Un'orfana, accolta dalla casata per diventare serva e guerriera, visto che le braccia buone mancano. Già l'incipit cerca di suggerirci che è un'allegra minchiona.


Nell'anno miriadico di Nostro Signore – il decimillesimo anno del Re Imperituro, benevolo Principe della Morte! - Gideon Nav prese la sua spada, le sue scarpe e le sue riviste zozze e fuggì dalla Nona Casa.


Il paladino designato di Harrow scappa. A combattere con lei e per lei resta solo Gideon. Una testa calda, mezza vuota. È quel giocatore che annuncia “Vado in ira e carico” quando ancora è in atto la diplomazia. È riuscita a inimicarsi, un tentativo di fuga dopo l'altro, la quasi totalità del pianeta. Ma con la spada a due mani è un portento, e passa le giornate ad allenarsi perché vede nell'arruolamento l'unico biglietto per andarsene definitivamente da quel pianeta mortifero. Harrow deve portarsela dietro, anche se tra loro scorre a ondate un sangue amarissimo.

Per tutto il tempo il narratore onnisciente ci fa la grazia di lasciarci scrutare nei moti interiori di Gideon, e sghignazza con noi di quello che ci troviamo. Ecco, tra le cose che ho amato di questo libro forse questa è la più importante: Tamsyn si è divertita da matti a scrivere. E quel divertimento non ci lascia mai. Posso sussurrare con delicatezza il nome di Terry Pratchett senza che mi prenda una combustione spontanea? Ci scommetto gli occhiali – sono ciecata, costano uno sproposito – che è tra i suoi autori preferiti.


Che altro amare di Gideon? Beh, tutto il resto. I personaggi con le loro personalità che vanno dal lieve all'istrionico, tutti con un senso chiaro e coerente. Tutto quello che accade su Canaan, un meccanismo letterario complesso che non si inceppa mai. E quanto è spietata Tamsyn, coi lettori quanto coi personaggi, a un livello che oserei definire George-Martiniano.


Ultimo punto, parecchio importante. Gideon è una space-weird-grim-fantasy opera queer. È chiaro fin dalle prime pagine che a Gideon piocciano le donne, anche se non è una cosa che viene definita in alcun modo. Siamo in un futuro lontano, non ci sono drammi. Non c'è bisogno di fare coming out, non è una tematica. Ti accorgi che la tua amica è gay quando inizia a uscire con una tipa, non te ne frega niente ed è giusto così.

Però non è solo questo approccio anti-drama che ho amato. È proprio la storia d'amore in sé ad essere di una tenerezza disarmante e convincente all'inverosimile, benché prenda pochissimo spazio. Perché le persone coinvolte sono sentimentali quanto la gramigna, e comunque hanno altro a cui pensare. Non hanno tempo di struggersi. Non ne hanno neanche voglia. Ed è una cosa bellissima come sentimenti complessi passino attraverso il filtro di personalità complesse, uscendone a fatica, ma in modo credibile.

Ecco, Gideon poteva uscirne come stereotipo di Donna Lesbica Forte e Mascolina che Prende Tutti a Calci in Culo, e in un certo senso lo è. O meglio, è così viva che sembra più la persona da cui è nato lo stereotipo, che non viceversa. È piena di cose che non vengono divorate dai tratti più evidenti della sua personalità. Forse il fatto è anche che il genere ha perso la sua pregnanza, visto che siamo in questo bel futuro lontano lontano. Nessuno considera peculiare una donna Erede né una donna Paladino.

Vostro Onore, non ho altro da aggiungere.

Gideon – La Nona è una meraviglia.

Fa ridere, fa piangere ma fa anche riflettere”.

Spietata, infamissima Tamsyn.