E così, qualche giorno è
arrivata nelle librerie nostrane la nuova collana Newton Compton,
quella a 99 centesimi. Non ho ancora avuto il tempo di andare a dare
una sbirciata, anche se molto probabilmente finirò per comprare Lady
Susan, l'inedito di Jane Austen, in barba alle varie critiche. Che
comunque sia mi sto accingendo a muovere pure io, assai
coerentemente.
Qualche giorno fa ho
letto questo articolo su Dusty Pages in Wonderland,
apertamente contrario alla nuova collana Newton Compton, per
il semplice fatto che una concorrenza del genere è spietata, i
prodotti saranno molto probabilmente di dubbia qualità e finiranno
per abituare il pubblico ad una spesa minima per quello che in teoria
dovrebbe valere molto di più.
E io sono anche
d'accordo, fino a un certo punto. È vero che le politiche
commerciali della Newton Compton sono deleterie per il mercato
editoriale in generale, in particolare per quanto riguarda le
librerie. Per chi ancora non sapesse cosa si intenda per 'decrescita
editoriale', ecco, sarebbe l'auspicabilissima soluzione per risolvere
il problema del sovraffollamento di libri, che ne decreta l'incresciosa morte per dimenticanza.
Per farla breve, negli
ultimi anni le case editrici hanno cominciato a sfornare sempre più
libri, abbassando i propri standard qualitativi, sia come scelta
dell'opera, che come editing nel senso più ampio, che come
traduzione, correzione di bozze, un po' tutto. È per questo che
spesso ci troviamo davanti a delle immani ciofeche, cosa che, secondo
me, fa anche calare notevolmente la fiducia del lettore nei confronti
dei libri in generale. Cioè, se due volte su tre mi capita tra le
mani una schifezza, conseguentemente diventerò assai più parca
negli acquisti e diffidente verso i 'casi editoriali'. O i libri in
generale.
Altro problema legato a
tutta quest'esuberanza di pubblicazione è, ovviamente, l'esagerato
ed esorbitante numero di libri che arrivano in libreria. Non c'è
abbastanza spazio per tenerli tutti o per tenere una copia invenduta
più di un paio di mesi, massimo tre. Tralasciamo il catalogo –
che, come dice qui Marino su Cronache dalla Libreria, non se la sta
comunque passando benissimo – ma un'opera appena pubblicata,
fresca, nuova, magari anche piacevole, ha davvero poche occasioni per essere
notata e acquistata. Il suo futuro viene deciso nel giro di poche
settimane, e rischia di essere precocemente stroncato in mancanza di
una costosa e impegnativa campagna pubblicitaria.
Quindi, la soluzione più ovvia sarebbe smettere di pubblicare così tanto. Fermarsi, fare un bel
respiro, mettere a fuoco la situazione, alzare gli standard e
ricominciare. Non sono poche le case editrici che hanno cominciato a
seguire questa politica, cito giusto la MarcosyMarcos e la
MinimumFax e già che ci sono vi linko anche l'articolo di
Marco Cassini su MinimaetMoralia.
Tornando alla Newton
Compton, beh, è evidente che stiamo parlando di una delle case
editrici che invade con più prepotenza le librerie con vagonate e vagonate di opere, alcune, mi spiace dirlo, non proprio all'altezza della pubblicazione.
Però non è la sola.
Entriamo in libreria e contiamo gli editori. La Newton Compton fa
compagnia alla Mondadori, alla Garzanti, alla Giunti. La
differenza sta nel prezzo. E qui sta il segreto del suo successo. Sono contraria alla sua politica editoriale, ma credo che prima di tutto dovremmo chiederci anche cosa stiano facendo gli altri editori, per tenere a galla il mercato del libro. Fatemi un fischio, se trovate una risposta soddisfacente.
Ogni tanto, su Cronache
dalla Libreria, mi metto a discutere animatamente sulla questione
dei prezzi. Ad esempio in quest'articolo di Marino, Panino, insalata o... libro?. Date un'occhiata, che non sono in grado di darvene un
riassunto degno di questo nome.
Il fatto è che, secondo
me – come avevo già spiegato qui – i prezzi dei libri sono
troppo alti. Può capitare che io spenda più di venti euro in
libreria, ma non sarà mai per un unico libro, per il semplice fatto
che un prezzo del genere mi fa sentire presa in giro. Nel momento in
cui ci sono case editrici che pubblicano edizioni rilegate a 9, 12,
15, facciamo anche 17 euro per le edizioni con materiali buoni,
perché un altro editore deve chiedermi invece un esborso così
esoso? A quale titolo? Con traduzioni sempre più scadenti, editing
da ridere... cioè, perché dovrei pagare una tale somma se già so
che il prodotto finito è costato all'editore tanto quanto quello che
me lo fa pagare 5, 6, 10 euro in meno? Perché?
La particolarità
della Newton Compton sta nel fatto che, pur essendo una BIG, segue le
regole del mercato. Se un prodotto non viene venduto, per prima
cosa riduci il prezzo. Se funziona, vuol dire che il prezzo
precedente era troppo alto.
Non è che io non dia
valore alla cultura. Ma è per la cultura che voglio pagare, non per
il sostentamento di politiche editoriali cieche e malate.
Tempo addietro mi ero
lamentata per la Legge Levi – adesso non ricordo bene dove –
ma adesso credo anzi che sarebbe il caso di irrigidirla, renderla più
dura e invalicabile. In mancanza degli sconti, le case editrici
abbasserebbero naturalmente i prezzi e sarebbe la fine di
quell'ingiusto vantaggio tra librerie indipendenti e librerie di
catena.
Prima di chiudere
sottolineo soltanto che non intendo attaccare le politiche editoriali
di tutte le case editrici medie o grandi, ma solo di alcune. Diciamo
quelle che ti fanno pagare lo sterco a peso oro, ecco. Non posso
certo negare che alcune, pur avendo prezzi altissimi che non mi
sentirei mai di pagare, offrono traduzioni eccelse e un'impeccabile
assenza di refusi che compensa almeno in parte il costo del libro.
Questo però non cambia
il fatto che non comprerò mai un libro che, da solo, corrisponde a
più di un decimo del mio mensile. Il sangue ligure non mente, specie
di 'sti brutti tempi. Voglio dire, io posso anche adorare le Harley Davidson e avere fiducia nella loro eccelsa qualità, ma col cacchio che vado a comprarmene una, con quello che costano. No?
E voi che ne pensate? Da
che lato della barricata vi siete infilati?