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*disclaimer: di seguito parlerò del mio rapporto coi romanzi di King; dopodiché passerò a esporre brevemente una serie di considerazioni sulla sua opera. Non dirò nulla di particolarmente interessante o originale, né posso dirmi esperta dell'autore in sé. Ma dopo Doctor Sleep mi andava di scrivere di lui, e dove farlo se non qui?
Io e Stephen King non abbiamo iniziato col piede giusto. Ero ancora alle superiori quando ho pescato chissà dove il suo Le notti di Salem. Non ero interessata al Re, ma ai vampiri. Andavo matta per Anne Rice e per Laurell K. Hamilton. I vampiri di King non erano quello che cercavo all'epoca, e la lettura mi aveva lasciato freddina. Poi un amico, questo amico, mi ha prestato la sua preziosa copia di Carrie. Quello sì, l'avevo adorato. Poco dopo è toccato a Pet Sematary, che mi ha terrorizzata – anche perché casa di mia madre era costruita sopra un cimitero. Nello stesso periodo ho letto La bambina che amava Tom Gordon, che pure non mi aveva lasciato granché. Al primo anno di università ho fatto un tentativo col primo volume della Torre Nera, L'ultimo cavaliere, e l'ho abbandonato dopo poche pagine. Non era il mio, non ancora. Ho messo da parte il Re, dicendomi che prima o poi avrei recuperato qualcosa, almeno i suoi romanzi più famosi. Per dieci, quindici anni ho ignorato i suoi titoli sugli scaffali, resistendo alle pressioni di mio padre: Stephen King è il suo autore preferito, e It è il suo romanzo – suo secondo la definizione di Umberto Eco di lettore ideale, il costrutto insito nel testo. Il mio era Nessun Dove di Neil Gaiman, e credo sia il caso che me ne trovi un altro.
Alla fine ho ceduto. It sia, mi sono detta. Sarà passato un annetto da allora, e nel frattempo mi sono scofanata un buon numero dei suoi romanzi. In ordine sparso: Misery, Shining, tutta la Torre Nera, 22/11/63, La zona morta. Ieri notte ho finito Doctor Sleep, il seguito di Shining. E mi ha fatto venire voglia di scrivere qualcosa che non fosse una recensione.
Parliamo del Re.
Il Male
Il Male secondo il Re ha mille forme diverse. A volte è una minaccia invisibile, selvaggia. Una ferocia con cui non si può trattare, incapace di ragionare, ed è questo a renderci inermi. La bambina che amava Tom Gordon si è persa nel bosco, e fugge dalla minaccia di un orso. Per quello che ne so, non dovrebbe discostarsi troppo da Cujo, il cane rabbioso. In questi casi il Male non ha voce. Il Male è ravvisabile nel terrore che ispira alle sue potenziali vittime.
Interessante. Ma il Re fa di meglio.
Il Re ha creato Annie Wilkes, la protagonista di Misery. Un donnone di mezza età che trascina in casa sua uno scrittore vittima di un incidente stradale – già vittima di se stesso, ma ci arrivo tra un attimo – e lo intrappola. Il Male è l'ossessione, la totale mancanza di empatia, la volontà di calpestare qualunque cosa pur di far andare le cose come si vuole che vadano. Il disgraziato autore ha ucciso la protagonista della sua celebre e (da lui) detestata serie incentrata su Misery Chastain. Annie la adora. Annie è la lettrice ideale, purtroppo. Ed è anche tante altre cose – ancora, purtroppo.
È un Male umano, che non ha nulla di soprannaturale. Annie come – immagino – la personificazione delle proteste dei lettori allo stesso Re. Alle loro pretese. Un Male cieco e insieme consapevole.
Lontano dal Male parimenti umano che fa sbocciare la follia omicida di Carrie. Carrie che se ne sarebbe stata tranquilla a giocolare coi suoi poteri, se non fosse per il bullismo subito a scuola e per gli abusi che le toccano a casa dalla madre fondamentalista religiosa. Ecco, quello che ho amato di Carrie è che qui c'è un Male che parla. La sua voce è quella di Sue Snell, compagna di classe di Carrie che ha preso parte con entusiasmo a un episodio particolarmente umiliante. Ho amato, tanti anni fa, come Sue si guarda dentro. Come sia in grado di riconoscere quello che ha fatto, senza disconoscerlo. Suo è il Male, sua è la colpa.
Ecco, la colpa. Ci sono due Mali in particolare che perseguitano i personaggi di King, spesso gemelli. L'alcolismo che piega a comportamenti violenti, immorali, crudeli, e la colpa che ne consegue, che copre i colpevoli di una vergogna vischiosa e corrosiva. Sue riesce a guardarsi dentro e a buttare fuori. Dan Torrance – il bambino di Shining – nel seguito tocca il fondo. Per allontanare le voci si è dato all'alcol e alla cocaina. Ha seguito le orme del padre, e come lui si ritrova con la testa affondata in un lago di merda. Si odia. Certo che si odia. E per sfuggire a quell'odio, si rifugia nell'alcol. Un circolo maledetto, che King da alcolista conosce bene – potrei dire 'ex alcolista', ma l'alcolismo è per sempre. Non viene mai il momento in cui potrai accompagnare una pizza con un bicchiere di birra senza correre rischi. Un passo e torni nel baratro.
Certo, il Male che ci fa pensare a King è It. Un nome perfetto. It come avidità sadica ed eterna, incomprensibile. Non è il più difficile da combattere. Le dipendenze sono peggio. Ma It, come il Re Rosso della Torre Nera, resta impresso con la sua qualità divina, inspiegata. I suoi punti ciechi risaltano, pezzi di puzzle andati perduti. Avvince il mistero. E come King lo racconta.
Le donne
Non amo le donne di Stephen King. Troppo spesso sono vittime, se non di stupro, allora di violenza domestica. E quando non sono vittime ma carnefici, sono quasi immancabilmente brutte. La strega della Torre Nera, Annie di Misery. Donne sì, ma anche mostri. Una contrapposizione tra bello/brutto e buono/cattivo anacronistica, che ha fatto parecchio il suo tempo. E che infatti tocca più i suoi titoli più vecchi che quelli nuovi, perché King ha pubblicato il primo romanzo nel 1977, e da allora avrà ben fatto il suo percorso.
Non ricadono nella casistica Susannah dalla Torre Nera, né la bellissima antagonista di Doctor Sleep, Rose Cilindro. Senza contare che in Doctor Sleep la vera potenza non sta in Dan, ormai adulto, ma in una ragazzina di nome Abra. E pure sua madre non scherza.
Va da sé, mai pensato che il Re avesse tendenze sessiste. La vittimizzazione della donna riflette il ruolo che alla donna viene affibbiato nella società. E King affronta l'argomento con il piglio, del salvatore, non certo del carnefice. E forse parla di un impulso che ha conosciuto. Come inerme spettatore, o perfino in prima persona, perché non fa mistero del suo passato abuso di sostanze che di certo non ti rendono una persona migliore. Forse è un Male che ha visto dentro di sé, e che l'ha sconvolto. Non mi spingo a dire altro: le mie non sono che ipotesi. Il Re è un buon Re. E uno splendido essere umano. La colpa non è negli impulsi, ma nel modo in cui decidiamo di reagirci.
La Storia Americana
Oltre all'alcol, King ha un'altra ossessione ricorrente. L'omicidio di John Fitzgerald Kennedy. Gli ha dedicato un romanzo intero, 22/11/63. E nella Torre Nera ne parla come di un pistolero, di un animo intrepido che avrebbe forse potuto risanare il mondo. La sua morte è un evento cardine, che ha cambiato il corso degli eventi e ha corroso la democrazia. È centrale anche in La zona morta.
Da un lato la vedo come un'ossessione Stati Uniti-centrica. In Italia non ci sono autori che continuano a tornare all'omicidio di Aldo Moro, benché sia centrale in Ufo 78 dei Wu Ming. Ma, appunto, in quel romanzo e basta.
D'altronde è innegabile l'influenza della politica nord americana sul resto del mondo. Un'altra ossessione storica di King è la caduta delle Torri Gemelle. E certo, è un evento cardine eccome. Come sarebbe andata, se non fossero crollate? Come sarebbe oggi il Medio Oriente? Non lo sappiamo. Non lo sapremo mai. Sarebbe bello se non avessimo contribuito al massacro.
La Torre Nera
La sua Grande Opera. Quella che racchiude tutte le altre. Amo di King che faccia quello che gli pare. E certo, pochi autori hanno più potere contrattuale di lui, pochi possono dirsi altrettanto liberi.
Inizia come uno western. Continua come uno strano horror weird, e poi torna western. E poi si trasforma in un urban-fantasy, e l'elemento meta-letterario prende il sopravvento. La Torre Nera fagocita l'opera omnia di King. Fagocita lo stesso Re.
Ed è meravigliosa.
Fino a qualche tempo fa prendevo per buona quella diceria secondo cui da qualche decennio King si affida a una corte di ghost-writer. Ma l'autore della Torre Nera ha un legame coi suoi libri, coi suoi personaggi, con la stessa forma scritta, che un pensiero del genere non merita che uno sputo dritto in faccia.
Il Re ama i libri, e i libri amano lui.
E lui lo sa.
Lui lo sa.