Casa di bambola di Henrik Ibsen

Casa di bambola di Henrik Ibsen lo conoscevo solo di nome quando l’ho richiesto in biblioteca, nell’edizione Einaudi tradotta da Anita Rho. In un certo senso l’ho preso per errore: cercavo opere sulle bambole per un articolo che ho scritto per Spore. E invece, guarda un po’, di bambole non ce ne sono, il titolo è una metafora per la vita della protagonista. È stato uno sbaglio felice, perché la lettura è stata immensamente gradita, soprattutto per il finale in cui i nodi vengono al pettine, esplicitati, reinterpretati.



  Casa di bambola è un’opera teatrale che ha debuttato in Norvegia nel 1879, le cui scene si esauriscono negli interni dell’abitazione di Nora e del marito Torvald, la cui quotidianità viene intervallata dalle visite di un’amica di lei, di un amico di entrambi, e di un nemico che serba un segreto a tenere in scacco Nora. Il nemico è un sottoposto di Torvald alla banca che l’ha appena fatto direttore, e che Torvald intende licenziare per ragioni tutto sommato superficiali: tra loro c’è troppa confidenza, e quest’uomo ha una fama poco pulita, e Torvald teme che la confidenza gli costerà in stima e rispetto da parte di coloro che da quel momento gli saranno subalterni. Non è a conoscenza del prestito contratto da Nora anni prima proprio da quest’uomo, quando Torvald era malato e secondo il parere del medico necessitava di una lunga degenza fuori città. Ma ci sono delle irregolarità nel prestito, che vengono usate come leva perché Nora interceda col marito per evitare il licenziamento dell’altro. Tra Nora e Torvald il segreto inizia a bruciare – senza però che Torvald ne sappia nulla, è Nora a ricevere e a gestire il ricatto.

Nora è una donna adorabile. Gentile, ospitale, premurosa. E soprattutto, sempre allegra. Un canarino felice che svolazza allegro per il suo salotto e si prende cura dei suoi ospiti. Ama suo marito, adora i suoi figli. La sua vita corrisponde ai suoi sogni, finché non si presenta l’ostacolo del ricatto da parte del sottoposto di Torvald. E questo la mette profondamente in crisi. Non potrebbe sopportare di vedere il marito soffrire di un suo errore, né di perdere la sua stima, la sua fiducia. E la storia in un certo senso è tutta qui. Quello che succede quando una gabbia dorata viene scossa. Meno di novanta pagine di fitti dialoghi, accenni di gestualità, di movimento. E dico davvero, se anche il finale non fosse stato così convincente, sarebbe stata comunque una lettura piacevolissima, perfetta per un pomeriggio tranquillo.

Sono davvero grata alle bambole galeotte.