Due romanzi di Jorge Ibarguengoitia

Scrivo questo post al posto di quello che dovrei effettivamente scrivere – un post, un posticino sul Salone di quest’anno, che ho vissuto in modo estremamente sottotono rispetto a quelli degli anni prima – perché è arrivato il momento di riportare i libri in biblioteca. Spero tra le mani di qualcuno che vuole leggerli – sono un po’ stanca, e la stanchezza mi rende malinconica. TROVATE LA VOSTRA FELICITÀ, LIBRI CHE HO TENUTO TROPPO A LUNGO.

Come capita sempre più spesso, galeotto è stato twitter. Vai a sapere chi ha postato qualcosa su Jorge Ibarguengoitia, poliedrico scrittore messicano del secolo scorso. Forse la stessa Nuova Frontiera, che ha preso l’autore in affido da Sellerio e ora ne sta ripubblicando i titoli. Forse era uno stralcio di Due delitti, forse di qualcos’altro. Vai a sapere. La mia memoria fa schifo.


Prima ho letto Ammazzate il leone. E mi ha colpita, molto. Dapprincipio mi ha colpito il modo spietato in cui erano delineati i personaggi. L’ho letto diverse settimane fa, ma mi resta bene impressa l’impressione: non se ne salva uno. I loro difetti, le loro debolezze, sembrano erompere da loro e divorare tutto il resto. Forse ci sono persone a cui succede proprio così. Hai qualcosa dentro che è così marcio che fa marcire tutto il resto. Ma non si tratta proprio di marciume, è più, come dire, un senso di completa sconfitta nei confronti del piano divino, e parlo di piano divino perché mi è difficile rendere altrimenti quello che intendo. Il vuoto che rimbomba, ecco. Perché se fai una domanda in quel vuoto, rischia di crollare tutto. O peggio, non succede niente.

La trama, dunque. C’è un leone da ammazzare, metaforicamente. Il maresciallo Belauranzàn, che sta per ottenere al presidenza a vita di un’isola immaginaria intorno ai Caraibi. D’altronde Belauranzàn ha fatto ammazzare il candidato che gli si opponeva a poco tempo dalle elezioni. Un manipolo di possidenti decide di dover mettere fine al suo regno prima che diventi definitivo. Non che le ragioni dietro la decisione di intraprendere cotanta impresa siano nobili, ci mancherebbe. C’è una cosa che conta, in fondo, e solo quella.



L’altro romanzo, Due delitti, mi è piaciuto molto di più colpendomi di meno – è possibile? Riguarda una storia ingarbugliata, ma il cui focus rimane sul protagonista e narratore, Marcos detto Il Moro. Inizia con queste parole: “La storia che sto per raccontarvi ha inizio una notte in cui la polizia violò la Costituzione”. Capita che Marcos abbia dato una festa a casa sua. E che un’invitata si sia portata dietro un infiltrato. Il giorno dopo, tutti gli altri vengono arrestati con vaghe accuse di terrorismo. Riescono a scappare alla prigionia solo Marcos e la compagna, la Chamuca.

Marcos ha un piano. O meglio, ha uno zio ricco. Intende farlo vittima di una piccola truffa, e coi soldi raccolti mettersi in fuga con la Camucha. Ma la casa dello zio, ormai anziano, è popolata di un lato della famiglia che non conosce, e tra questi e Marcos non scorre una gran simpatia. O meglio, non all’inizio. C’è molta aggressività passiva, una forte sorveglianza, tentativi di manipolazione. E intanto tra Marcos e le due donne in casa si instaura una certa simpatia.

Credo che a farmi propendere per Due delitti sia il fatto che i personaggi sono più comprensibili. C’è più passione, nel senso più ampio del termine. Mentre in Ammazzate il leone i personaggi sembravano muoversi nella speranza di nascondersi a se stessi, incapaci di vedersi per primi, figuriamoci legare le proprie azioni a un sentire che non fosse calcolato, qui le azioni sono direttamente collegate al cuore – anche qui, inteso nel senso più vago del termine. C’è più anima, ecco. Un urlo risuonerebbe in un luogo pieno, non importa di cosa, ma pieno.