Ada brucia di Anja Trevisan - Una lettura dalla quale non mi sono ancora ripresa

 Ada brucia di Anja Trevisan, pubblicato da effequ nel 2020, è stata senza dubbio una delle letture più potenti dell’anno, e indiscutibilmente una delle mie preferite. È un romanzo che ti aggancia, infingardo, con uno stile dolce e pacato, rassicurante, e intanto ti ferisce, costringendoti a leggere e sanguinare insieme. È un romanzo crudele e bellissimo. Il fatto che l’autrice sia così giovane, poco più che ventenne, mi lascia sbalordita. Non per la trama, ma per l’attenzione con cui sono delineati i personaggi, e per il modo in cui la tensione viene accuratamente dosata, bilanciata. Per buona parte del libro si resta immersi in un’attesa roboante, che si protrae così a lungo da sfinirti. Anja Trevisan deve amare Nabokov, deve avere preso moltissimo da lui. Se non bastassero lo stile e la tematica centrale, il titolo stesso fa da conferma, perché rimanda a Ada o ardore, intenso e corposo romanzo di Nabokov uscito nel 1969.

 


Ada brucia è la storia di un un uomo solo, orrendamente solo, che si innamora di una bambina di nove mesi. È scritto in terza persona, e forse è questo che mi ha permesso di continuare la lettura anche quando è stato chiaro dove stesse andando la trama. Con Lolita non ce l’ho fatta: l’ho abbandonato a metà, un po’ risentita con me stessa, perché davvero non ce la facevo a stare nella testa di Humbert Humbert. Se penso che ci sono lettori che lo leggono come fosse una storia d’amore mi viene da urlare. Spero che nessuno l’abbia mai detto all’amico Vlad, ma so che è una pia illusione.

Uno degli aspetti più crudeli di Ada brucia si mantiene nel corso dei primi capitoli, prima dell’incontro del protagonista con Ada. Perché Rino viene delineato come un uomo dolce, timido, ferito nella sua solitudine. È stato cresciuto dal nonno, e adesso il nonno è morto. Rino, ancora giovane, porta avanti il suo lavoro di falegname e intagliatore esperto. Vive in una casa isolata, nel bosco. È sensibile, tenero col mondo. È consapevole di quello che è, di cosa la sua attrazione per i bambini faccia di lui, dei danni che provocherebbe se si lasciasse andare. Vive un celibato silenzioso, e non racconta a nessuno il dolore che gli provoca.

Sono passati più di quindici anni dall’uscita di The Woodsman, il film in cui Kevin Bacon interpreta un pedofilo. Da quando l’ho visto la pedofilia mi appare come una condizione straziante, tesa tra la condanna a un controllo rigido e inumano e una messa in atto orripilante, dalla quale non può che conseguire il ruolo di mostro. Non credo esistano disturbi sessuali più crudeli, più devastanti per chi ne è affetto e per chi ne rimane vittima. All’inizio di Ada brucia, Rino muove una compassione profonda. Riesci a convincerti che dopotutto ce la farà: resterà solo e integerrimo, potrà continuare a guardarsi allo specchio e tu, da lettore, potrai continuare a guardarlo con l’affetto negli occhi, come se potessi spronarlo dall’altra parte della pagina. Ma l’essere umano è fallibile, e la sua caduta è esponenziale. Basta scendere un gradino e in qualche modo ci si trova in fondo alla scala.

 


No, non è vero. Quante scemenze scrivo quando mi lascio andare. Non solo per quanto riguarda la vita reale, ma anche restando nell’ottica di questo romanzo. In qualche modo, Rino è ancora Rino. Smetti di volergli bene, ma Rino dosa la sua mostruosità, dibattendosi a lungo per contenere i danni. E quanto mi costa riconoscerglielo. Ammettere che l’orrore poteva essere molto più orribile. E che da lettore non potrai mai entrarci, capirlo del tutto, perché ti mancano gli strumenti, non sei capace di toglierti di dosso il giudizio di quello che stai leggendo, anche se si tratta – soltanto? – di una storia, e nella realtà non esistono né Rino né Ada, e questa è la tua grande consolazione. Il fatto è che Ada brucia non è come Lolita. Neanche lontanamente. La relazione tra Rino e Ada è tutta di un altro materiale. E non puoi farci niente se la reciprocità ti fa bestemmiare i neuroni.

Non voglio raccontare troppo, perché Ada brucia è un romanzo che procede coi suoi tempi, ed è impossibile indovinare quello che accade da un capitolo all’altro. La trama è veramente una sorpresa, e non la voglio rovinare. Quello che posso dire, giusto perché si capisca qualcosa da questa semi-recensione, è che il romanzo copre non anni, ma decenni. È una storia che si legge in un lampo, perché cristo se devi sapere cosa sarà di Ada, ma è anche una storia lenta, che si prende il suo tempo perché gli eventi possano crescere i personaggi.

La fine mi ha lasciata arrabbiata. Ti frustra. Anche se. E dopotutto. Sì, ma. I neuroni che bestemmiano I NEURONI CHE BESTEMMIANO.