Il libro della creazione di Sarah Blau

Il libro della creazione di Sarah Blau – edito da Carbonio Editore nella traduzione di Elena Lowenthal – mi è arrivato per Natale, da parte di mio padre. L’avevo infilato nella lista dei regali che compilo ogni anno per facilitare la vita a coloro che per convenzione sociale devono prendermi qualcosa per il compleanno o per Natale. È una lista bella lunga, che amplio di settimana in settimana, e che quest’anno ho affidato a mio fratello – per evitare doppioni, gli tocca un ruolo organizzativo di rilievo. Ho una pessima memoria, e faccio in tempo a dimenticarmi dei titoli presenti prima che venga il momento di scartare i regali. Il libro della creazione, chi si ricordava di avercelo infilato? La memoria a groviera per certi versi è una benedizione.

 



Siamo ai giorni nostri, in Israele. A raccontare è Telma, al presente. Il romanzo si apre con Telma che si scruta allo specchio, chiusa a chiave nella propria stanza. Si guarda, si odia, enumera i propri difetti. La vengono a chiamare la madre e la zia, le dicono di sbrigarsi, che stanno facendo tardi. Telma le lascia ad aspettare, continua a guardarsi. Ha la pelle grassa e i capelli unti, non importa quanto si lavi. Si sente sempre cosparsa da una patina spessa di sudore marcescente. Si disprezza con una violenza che solo chi è stata davvero brutta può capire – o forse no, a rivedere le foto delle superiori ero ciccia ma carina, ma quanto mi facevo schifo, è uno schifo che non ti togli mai del tutto di dosso, è un disprezzo profondo che ti rimane sottopelle e che nessun complimento può toglierti.

Abbiamo capito che la recensione di oggi è improntata all'allegria.

Telma si odia, e odia buona parte della sua famiglia. La nonna, l’unica che sembrava capirla davvero, è morta e stanno per andare al suo funerale – capiamo bene perché la famiglia le mettesse fretta. Detesta la cugina Nilli, che è bellissima e ha un carattere forte; si somigliano soltanto negli occhi, che sono grigi e uguali a quelli della nonna, e Telma vorrebbe non avere neanche quelli in comune con lei, perché sottolineano quanto siano diverse in tutto il resto. Detesta la madre di Nilli, la zia Edith, sempre pronta a criticarla per risaltare quando Nilli sia meglio. Detesta la madre, che è debole, e il padre, che è stupido. Voleva bene alla nonna, ma è morta. Le rimane un unico affetto ed è l’altro cugino, Chanan.

Il rapporto tra Telma e Chanan è spaventosamente malato. Telma ne è disperatamente innamorata da quando erano bambini e ancora non aveva una chiara idea di cosa fosse l’amore – a ben vedere, non sono certa che lo capisca a trent’anni, nel presente del romanzo. È un amore malato perché taciuto, nascosto, e insieme vissuto con spaventosa intensità da Telma, al punto che all’inizio si sospetta che sia ricambiato, perché Telma se ne immerge, se ne riempie i polmoni, non fa che respirarlo. La si potrebbe quasi definire una narratrice inaffidabile, all’inizio, perché vive dentro di sé, non lascia uscire niente, e del mondo che ha dentro può fare e capire quello che vuole. Sentimentalmente parlando, Il libro della creazione è malsano e ossessivo. Non so se sia questo a renderlo incredibilmente bello:

 

"Chanan, Nilli e Telma. Coetanei, parenti. Il vostro corpo cambia nel tempo allo stesso ritmo, dentro il vostro cervello agiscono gli stessi meccanismi, i vostri cuori battono allo stesso ritmo o quasi, perché il tuo cuore batte Chan-an, Chan-an, Chan-an, Chan-an talmente forte che le sue stanze e i suoi ventricoli si contraggono, e quella è la parola responsabile del colore rosso del tuo sangue."

 

Telma e Chanan hanno un segreto, e quel segreto riguarda la morte della nonna. Lo si scopre andando avanti poco a poco, e il romanzo assume tinte weird e inquietanti, si delinea il rombo sotterraneo di forze arcane incontrollabili. Sarah Blau affonda le mani artigliate nella tradizione e nelle leggende ebraiche, ne tira fuori una specie di antica stregoneria, la adatta al presente e al passato – quello della nonna, che ha vissuto l’Olocausto a Varsavia. Il sangue, l’orrore, il prezzo da pagare.

 



Ma se dovessi dire cosa più mi ha disturbata dell’opera, non farei riferimento all’orrore che incastra Il libro della creazione nella letteratura dell’impossibile, dell’irreale. È Telma a farmi paura. È il suo vivere distaccato dalla realtà, in una dimensione sua che può e non vuole distruggere, la sua violenta ostinazione. Sembra debole, Telma, vista da fuori, sembra una persona nata per farsi mettere i piedi in testa. Ma a guardarla da dentro, immergendosi in una narrazione che è sua e profondamente sua, con quello stile pregno e bellissimo, è come leggere temendo di rimanere coi piedi intrappolati in una palude di parole e fango, Sarah Blau scrive con una violenza che davvero, come dire. È l’intensità violenta di una vita vissuta all’interno del sé, senza mai uscirne, una sedimentazione progressiva di un sentire mai espresso che si fa pietra.

Forse a farmi paura di Telma è la paura di esserle sfuggita per un soffio.