Social Justice Post - Transfobia, Via col vento e statue che cadono


Una cosa è certa, a me i social fanno male. Leggo semplificazioni aberranti o veri e propri malintesi in forma di dibattiti sballati, mi infervoro e mi viene da rispondere, e quando lo faccio cerco di introiettare il discorso in una forma pacata e propositiva, mettendoci davvero più tempo del necessario e di norma senza meritarmi una risposta – non che me ne lamenti troppo, pure io spesso diserto le discussioni social, sono vittima e carnefice dello stesso gioco.
Ci sono due questioni – non mi va di chiamarle polemiche, sono più di polemiche – che in questi giorni mi hanno fatto tremare le vene ai polsi, entrambe legate al mondo letterario – ed è questo che in un certo senso mi legittima a parlarne, perché questo blog parla di libri, e chi passa da queste parti vuole leggere di libri, non ha mica fatto l’abbonamento al Corriere delle Notizie che Contestualmente Mi Premono, che convengo non sia un gran nome per un giornale, ma tant’è.

J.K. Rowling e la transfobia

Per circa 2/3 della mia vita Hogwarts mi è stata casa e rifugio. Se avevo la febbre, se ero triste o in ansia, rileggevo Harry Potter. Le parole di J.K. mi ridavano un briciolo di speranza, perché dopotutto parlava di tempi bui e disperati e di come “happiness can be found even in the darkest of times, if one only remembers to turn on the lights”. Harry Potter ha cresciuto generazioni nella consapevolezza che la discriminazione fosse il male, e che lo stesso male è infido e se non stiamo attenti si infiltra nelle maglie lasche della politica, perché sa benissimo come farsi passare per bene. Non è la saga perfetta, ha i suoi punti oscuri e le sue ingenuità. Il messaggio di fondo rimane lodevole.
Peccato che J.K. stia facendo veramente di tutto per dare fuoco a quanto la saga rappresenta per milioni di lettori. J.K. che twitta cose è già di per sé un meme, proprio per la facilità con cui l’autrice è solita rilasciare dichiarazioni lapidarie a gamba tesa più o meno in relazione alla serie. E non ci sarebbe nulla di male, se non fosse per una serie di tweet evidentemente transfobici.



Dai tweet si evince che secondo J.K. le donne transgender rappresentano un potenziale pericolo per le donne nate donne, perché non sono davvero donne, in quanto – secondo J.K. e una certa branca di femminismo radicale della seconda ondata – l’esperienza femminile non può prescindere dal sesso biologico e da tutte le sue simpaticissime funzioni – tipo il mestruo, fortunelle che non siamo altro.
J.K. non coglie – e si rifiuta di cogliere – la differenza tra sesso e genere, e il problema è in buona parte lì. Se con sesso intendiamo il fattore meramente biologico tendenzialmente binario – maschio o femmina – con genere indichiamo “la costellazione di caratteri anatomo-funzionali, psichici, comportamentali che definiscono il genere in sé stesso e in quanto posseduto, accettato e vissuto dall’individuo nella storia familiare da cui proviene e nella società in cui vive.”, citando pari pari la Treccani.

In sostanza secondo J.K. le donne transessuali non sono “vere” donne; e questa negazione senza sconti, questa pretesa di regolazione dell’identità altrui, soprattutto avanzata su soggetti che sono discriminati tra i discriminati, è inaccettabile, e una bruttissima ferita per tutte le persone transgender che con HP ci sono cresciute, e che magari cercavano nei libri un conforto – sentendosi magari al sicuro, a fidarsi di un’autrice apertamente alleata della comunità omosessuale.




Buona parte del cast potteriano ha preso le distanze dalle affermazioni di J.K., ed è uno splendido segnale. La transfobia è molto più radicata dell’omofobia; se ci sono persone che “non hanno nulla contro i gay, basta che non siano effemminati che fanno schifo”, figuriamoci che bel clima accogliente per chi non si conforma al proprio sesso di nascita. Se c’è un lato positivo in tutta la faccenda – che consta nello sgretolarsi di una figura di riferimento e di un immaginario collettivo globale – è il fatto che le posizioni di J.K. vengono apertamente delegittimate, ed è una crudele ironia che siano le generazioni cresciute con Harry Potter a smantellare il mito.

L’affaire Via col vento e il sentimento sudista

Quando studiavo a Milano ho dato uno splendido esame di storia americana che mi ha lasciato, oltre agli incubi – i linciaggi degli afroamericani erano una festa per tutta la famiglia, si facevano foto ricordo ai corpi straziati per spedirle ai parenti lontani, grazie professore per le gigantografie dell’orrore – una consapevolezza che oggi mi torna molto utile per capire il presente, ovvero che Via col vento è stato promotore del sentimento di rivalsa sudista – razzista. Mia madre ha sempre insistito perché guardassimo insieme il film, e io non sono mai riuscita a darle la soddisfazione, e so bene che difficilmente mi verrà voglia di leggere il libro.



Ora, io lo so che tutte le storie meritano di essere raccontate, che un accadimento storico è un fatto poliedrico e sfaccettato e a volerlo semplificare si rischia di impoverirne la memoria. Lo so. E non penso che Via col vento debba essere censurato, ci mancherebbe – non lo pensa neanche la HBO che l’ha rimosso dal catalogo solo temporaneamente per ricaricarlo con un inquadramento storico, un po’ come il Mein Kampf viene oggi pubblicato con le dovute note contestuali, ma ehi, vogliamo fare i piangina per bene? LA HBO BOICOTTA LA STORIAAAA – ma sono convinta che sia male vederlo come un racconto innocuo e senza parti. Via col vento è parziale da fare schifo. Linko qui un articolo scritto un paio di anni fa da Igiaba Scego sullo stereotipo di Mammy, che ho visto elogiare apertamente sotto un articolo del Manifesto, – ah ma non è Libero – nonostante sia con ogni evidenza uno dei più riusciti e aberranti modelli di “schiavo felice”.
La storia di Via col vento non è la nostra storia, ed è normale che non ci offenda come offende gli americani e soprattutto gli afroamericani. Per capire quell’indignazione dobbiamo tradurla in termini che storicamente ci appartengono, come il nipote di un gerarca fascista che scrive uno dei più grandi romanzi italiani per raccontare la sua versione idealizzata del regime, quanto brutti e cattivi fossero i partigiani e che dopotutto gli ebrei non se la passavano così male.

Belle queste statue di Mussolini che- ah no

Mi ricollego alla questione delle statue, che credo c’entri qualcosa col fatto che tante persone non riescono davvero a comprendere il valore simbolico della scelta di HBO e della rimozione delle statue. Leggo moltissimi post che temono una censura della storia, un impoverimento culturale e quant’altro. Io farei candidamente notare che da che mondo è mondo, le statue che fanno propaganda – perché i monumenti servono a fare propaganda – le abbiamo sempre tirate giù. Immagino che la Germania fioccasse di Baffetto come da noi c’erano distese di Crapa Pelata. Le statue a monumento di regimi e ideologie malate io le preferisco esplose, grazie, o contestualizzate al sicuro in un museo.
Quello che mi fa veramente incazzare è che tanti se la prendono con la distruzione di statue che non li offendono direttamente. E questa incapacità volontaria di capire perché qualcuno si sente storicamente ferito da qualcosa che non ci tange personalmente sta alla base di qualsiasi schema mentale dannoso e marcescente, quella pigrizia intellettuale che si nutre di un egocentrismo di fondo che non si vuole riconoscere. “Non vedo il problema, quindi evidentemente il problema non esiste”.
Ma vaffanculo te, la Mitchell e Montanelli.