Anarcoccultismo di
Erica Lagalisse, felicemente edito da D editore, è un titolo con cui
ho ammorbato buona parte delle mie conoscenze, tra citazioni,
descrizioni vagheggiate, screenshot vari. Nella prima sera di
socialità alcolica post-quarantena, avrò passato dieci minuti buoni
a parlarne a un’amica che giusto oggi mi ha mandato la foto della
sua copia. Ne ho parlato con chiunque, e ho sperimentato quanto sia
difficile parlare delle cospirazioni nella storia senza sembrare
degli invasati. Di solito iniziavo con un “è un saggio che
racconta i legami storici dei movimenti anarchici con le società
segrete, LOL, Marx ha tenuto conferenze per gli Illuminati, pensa
te”, poi intuendo dallo sguardo dell’interlocutore dove mi stavo
infognando, riportavo l’episodio che ha fatto scattare all’autrice
l’idea del libro: durante una conferenza anarchica in Messico,
Lagalisse notava che un’attivista nativa faticava ad essere presa
sul serio dagli altri attivisti, principalmente per il fatto che
avesse delle credenze che contrastavano con l’illuminato
secolarismo della lotta di classe – perché “blabla come fate a
credere a qualcosa, evidentemente siete stupidi blabla quale
privilegio, non sono che un occidentale bianco come tutti in questa
stanza”.
Da quell’episodio irritante
è nato questo libro, che a questo punto descrivevo come: “In
pratica l’autrice prende gli anarchici snobbini per la collottola e
gli piazza la faccia sulla storia del movimento, tipo IPOCRITA
ELITARIO DELLA MINCHIA LA TUA STORIA È UNA COSTELLAZIONE DI LOGGE E
COMPLOTTI, PIANTALA DI SELEZIONARE QUELLO CHE TI FA COMODO DELLA TUA
GENEALOGIA”. In soldoni. Ma con più classe. Senza minchia.
Sarebbe inesatto anche ridurre
la prospettiva di questo saggio alla storiografia, quando il piglio è
anche antropologico e propositivo. Schematizzo: l’introduzione
verte sulla consapevolezza di un presente problematico, in cui
qualsiasi cosa può diventare facile pretesto di teorizzazioni
cospiratorie con leggerezza disarmante anche di fronte all’evidenza.
Persone altrimenti ragionevoli riescono a convincersi della
plausibilità di complotti complessi e stratificati. C’è un
problema, ammette Lagalisse, è innegabile, ed è ancora più
problematico il modo in cui si parla da esterni dei “teorici del
complotto”, ma ci arrivo dopo.
C’è la divertentissima
parte storica, quella che traccia l’origine dei movimenti anarchici
e comunisti, delle logge segrete che sostengono la lotta di classe –
seppure talvolta col piglio bellamente elitario degli intellettuali
che ritengono di dover lavorare nell’ombra per il bene superiore
perché il ceto popolare non avendo studiato non può cogliere
sottigliezze quali “va’ che il tuo capo ti sta sfruttando, zio”.
La sto colorando e non ce ne
sarebbe bisogno. La parte storica vira verso la filosofia,
l’ermetismo, le influenze di teorizzazioni che ora chiameremmo
strampalate sugli studi degli uomini che hanno fatto la scienza così
come la conosciamo – saluta, Newton. La questione di genere, la
stregoneria femminile soppressa con l’inquisizione e quella
praticata dagli uomini accettata come scienza filosofica. E poi la
nascita dei movimenti di massa, la capillarizzazione delle reti degli
attivisti – carbonari e simili – che hanno reso possibile una
lotta di classe cosciente. I legami di questi movimenti con
l’occultismo sono abbacinanti: non avrei mai pensato che la A
cerchiata venisse da un compasso aperto, o che la stella comunista si
riferisse a un pentacolo. Vorrei essere più precisa, ma il brutto
degli ebook è che andarsi a ricercare le parti interessate è una
rottura di scatole, mi tocca lesinare sulle specifiche.
Accennavo un paio di paragrafi
fa al fatto che l’approccio al discorso sui e coi teorici del
complotto sia problematico. E lo è. Non ho ancora usato il termine
“complottista”, perché come insegna Lagalisse, è un comodo
insieme in cui ficchiamo indiscriminatamente chiunque porti avanti un
discorso improbabile e lapalissianamente errato per indicare che non
vale la pena averci a che fare. Delegittima il soggetto – che è un
po’ da stronzi – e azzera la possibilità di dialogo – perché
chi mai vorrebbe sostenere una discussione che appoggia sul
sottinteso della sua totale ignoranza? Se non sono “complottisti”
sono “analfabeti funzionali”, altro termine nato con un
significato utile e poi preso ostaggio da gente che non ne ha
chiarissimo il senso, ma ha la ferma intenzione di designare
l’esistenza di una massa di incolti che gli siano inferiori.
Non che le teorie in sé non
siano stupide. Lo sono, certe più che altre. Ma sono anche
espressione di un disagio che ha una fonte reale che zittendo le
persone stiamo aiutando a coprire. Possono essere persone arrabbiate
o spaventate che decidono di trovare una spiegazione complicata a
problemi ancora più complicati, che tuttavia ci sono. Le teorie del
complotto vengono da una sostanziale mancanza di fiducia nei
confronti dell’autorità o dei media; abbiamo davvero la faccia di
dire che si tratti di sfiducia ingiustificata? Va bene, l’11
settembre non è stato un lavoro interno. Ma sono anche secoli che
gli USA armano golpe in America Latina in un sobbollire di intenti
malvagi che verrebbe più facile addossare a una razza aliena che a
esseri umani che riconosciamo come simili. Dovesse venire fuori che
l’11 settembre è stato davvero ordito dalla CIA, non avrei motivo
di stupirmi. Le teorie del complotto esistono perché esistono i
complotti – e perché è difficile accettare che il flusso della
nostra esistenza sia direzionato dal caos impietoso, ma comunque.
Prendiamo i blastatori, le
peggio strategie comunicative viventi; lo scopo di chi blasta non è
educare il proprio pubblico, ma umiliare chi non ne fa parte
rovesciandogli addosso insulti che se togli la sintassi corretta e il
lessico forbito si rivelano per quello che sono: insopportabili
gnègnè la mia educazione è meglio della tua e ti devi vergognare.
Per darsi una cotonata all’ego i blastatori sputano sul volgo
ignorante con un’arroganza insopportabile che si riflette sulla
classe intellettuale tutta, su chiunque abbia studiato. E questo
avvelena ancora di più un discorso già difficile tra chi non si
fida dell’informazione mainstream – e grazie tante – e chi
davvero vorrebbe fornire al pubblico più vasto gli strumenti per
affrontare una realtà sempre più complessa e stratificata.
E niente, con gli amici parlo
di Erica Lagalisse come della mia futura e inconsapevole moglie, il
libro è scorrevole e interessantissimo, Burioni e Il signor
distruggere meritano l’oblio e boh, sogno un mondo
empatico in cui di fronte a chi non sa facciamo uno sforzo di capire
invece di ridurre tutto a “gli altri sono scemi”.
Suonerei molto più
convincente alle mie stesse orecchie, se giusto ieri non avessi
tirato un bestemmione sotto il post di un ex-contatto che condivideva non ironicamente dal
gruppo SMASCHERIAMO IL FEMMINISMO, ma ehi, c'è un limite anche al dialogo.