Confessioni di un codardo di Charles Bukowski

Di Bukowski ho già parlato un paio di volte, sicuramente con affetto – soprattutto dopo la lettura di Pulp, che ha lavato via l'impatto lievemente negativo di un Taccuino di un vecchio sporcaccione letto troppo presto, appena uscita dalle superiori. Una cosa che ripeto spesso, quando si parla di Bukowski, è che mi spiace che il suo ricordo si sia legato ad aforismi piazzati con pallido contesto su pagine facebook filosoficamente discutibili – esempio sotto – e che sia diventato una versione appena meno spregevole di Mangia, prega, ama. Mi piace immaginarlo nel paradiso degli alcolizzati – che giustamente non sarebbe lontano dalla nuvola dei tossici, da cui le frequentazioni – che si lamenta con Hunter  S. Thompson per il suo fato infame. L'avrò già scritto mille volte, e mi riprometto di scriverci un racconto prima o poi.
Ma bando alle ciance. Confessioni di un codardo, raccolta di racconti nell'edizione Tea tradotta da Massimo Bocchiola, che ho scelto mentre vagavo per le biblioteche con l'autostima sotto i piedi, in virtù di un titolo che mi sembrava fatto apposta per disinfettare il mio senso del sé – cioè, del me.



In realtà non sapevo si trattasse di una raccolta di racconti, pensavo fosse un romanzo breve. Meglio così, perché è diventata una delle mie antologie preferite in assoluto. Si tratta di racconti scritti nei suoi ultimi anni di vita, prima di chiudere una lunga vita di eccessi con una leucemia fulminante. Alcuni brevi, altri brevissimi. A volte dinamici, a volte puramente descrittivi – a onore del vero, sono di più i primi. Leggo su Wikipedia che il vecchio Charlie è associato al realismo sporco insieme a Raymond Carver (che? Sicuri?) e a Richard Ford (ancora non l'ho letto, non posso stupirmi né annuire) e penso che sia un'ottima descrizione del suo genere. Mi viene da associarlo anche a Irvine Welsh, ma lo trovo mille volte più leggibile e scorrevole – sarà anche che di Welsh ho ricordi antichi, leggerlo tra le medie e i primissimi anni delle superiori poco può lasciarti, che il mondo che racconta a dodici anni ti sembra concreto come la Terra di Mezzo.

Dunque, i racconti. Di che parlano? È sempre difficile chiacchierare di antologie – soprattutto se lasci passare un mese dalla lettura al momento in cui ne parli. Errore mio. I racconti di Confessioni di un codardo parlano del lato più squallido della quotidianità; della morsa avvilente della vita di tutti i giorni; della realizzazione della melma, del momento di cambio rotta; stagnazione ed esplosione.
E poi parlano del mondo che Charles conosce e ama e conosce ancora più a fondo proprio per questo; quel mondo di mezzo tra la rispettabilità piccolo borghese e la malavita, i brutti ambienti che a guardare le carte sono perfettamente legali, solo che lasciano traspirare il mondo brutto negli anfratti. Un mondo più crudo e onesto, non meno crudele. Il mondo delle corse e delle scommesse e delle scazzottate alcoliche. Curiosamente non sono i racconti più strazianti; ho la sensazione che per Charlie sia la tranquillità di una vita nella norma il vero orrore – e onestamente lo capisco un sacco.
Altri racconti – o forse sono uno, un paio di pagine striminzite – raccontano di Charles in prima persona, di quanto sia assurdo e doloroso e faticoso e soddisfacente fare lo scrittore. E qui non c'è altro da dire.



La sensazione che mi dà il vecchio Charles è di una persona che ha deciso di bere la vita a grandi sorsate, tutta, senza stare a fare differenza tra le parti brutte e quelle belle, e riuscendo in qualche strano modo ad amarle tutte fino a farne un ritratto sincero, imperfetto e immortale. Parte del mondo e suo osservatore, ce lo vedo a indicare un tizio che sta morendo lentamente di cirrosi accasciato sul bancone di un bar svuotato alle quattro del mattino. “Non è bellissimo, a suo modo?”, direbbe. “Ha fatto così perché era libero di farlo. E ha fatto schifo. Ma è bellissimo”.
Immagino che direbbe così, perché nei suoi racconti trovo un sacco di squallore ma poco patetismo. Magari ci ricamo sopra; la lettura non è mai oggettiva.
(comunque vi invito a perdonare Charles per tutte le pagine fb che lo citano a minchia, merita più di questo).