Piccolo mondo perfetto di Kevin Wilson


Di Kevin Wilson avevo letto un unico libro diversi anni fa – non lo possiamo certo definire prolifico, dal 2009 ha scritto soltanto due raccolte di racconti e due romanzi – e grazie a quello mi è rimasto impresso in maniera indelebile. Si tratta di La famiglia Fang, da cui è stato recentemente tratto l'omonimo film con Nicole Kidman. Narra di una famiglia in cui i genitori sono artisti di quelli che non creano opere concrete, ma happening, situazioni, imprevedibili bolle di follia. Per dire, magari vanno a cena in un ristorante e iniziano a lanciare condimenti sui tavoli vicini. Si facevano accompagnare dai due figli, Bambina A e Bambino B, e va da sé che i due crescendo si ritrovano pieni di falle e insicurezze e questioni irrisolte. La famiglia Fang mi era piaciuto moltissimo per tutte le sue implicazioni sui legami famigliari e sull'arte, ed è una lettura che consiglio spasmodicamente.
Ovviamente quando Fazi mi ha proposto la lettura di Piccolo mondo perfetto, secondo romanzo di Wilson, mi è scaturito un entusiasmo difficilmente riferibile, quindi eccomi qui che ne chiacchiero a lettura ultimata.
Il Progetto Famiglia Infinita, finanziato da una tizia ricca ricchissima – le ragioni sono ininfluenti – si ripromette di dimostrare una nuova via per il progresso sociale. Nuclei famigliari allargati, una base di supporto ampia che nasce dall'unire insieme diverse coppie di genitori e i loro figli. I promotori vogliono farlo funzionare nel piccolo, con un progetto della durata di dieci anni che potrà in futuro essere proposto come modello sociale e abitativo a livello globale. Più grandi sono le famiglie, più stretti sono i rapporti tra i loro membri, migliore sarà la vita dei singoli individui.
Tutto avviene in un meraviglioso complesso con palestra, piscina, spazi verdi etc. Nove coppie e Izzy, la protagonista, diciannovenne incinta il cui compagno si suicida prima della nascita del bambino, soffocato dalla pressione e dalle proprie debolezze. L'ideatore è il famoso psicologo Preston Grind, figlio di una coppia di psicologi che ha trasformato la sua infanzia in un traumatico caso studio, per attestare la funzionalità del metodo della frizione continua. In soldoni, fare della vita del piccolo Preston una continua lotta senza punti fermi, una serie ininterrotta di scomodità, sofferenze e difficoltà volte a prepararlo a qualsiasi orrore il futuro possa riservargli.
Questo romanzo parla di famiglie, di legami, dei rapporti tra persone che si piacciono e non si piacciono, o non sanno come avvicinarsi le une alle altre. Di quello che significa avere figli, scegliere una carriera, darsi da fare, arrendersi. Izzy è una donna forte, indipendente, orfana di una madre che le ha impresso chiaramente l'aspettativa di un futuro radioso che non si riflette minimamente nella sua vita col padre distante e alcolizzato e nel suo faticoso lavoro in una rosticceria. Se devo essere sincera, forse Izzy è anche troppo forte. Come fa a sapere dove andare, a fare scelte così complicate in quasi totale solitudine? Mi è capitato di lamentarmi dell'idealizzazione dei personaggi femminili da parte di autori uomini dagli intenti senza dubbio condivisibili. Potrebbe essere uno di quei casi, o forse l'errore sta nella mia incapacità di accettare come pienamente plausibile una simile forza di carattere, considerata la mia spina dorsale composta all'80% di marshmallow e orsetti gommosi, – il restante 20% sono rugginose paranoie e insicurezze. Non che Izzy non faccia errori, anzi, e si fa anche un sacco di domande, ma è come se nel contempo avesse una sorta di scheletro di titanio che le impedirà sempre e comunque di crollare.
In sostanza, è un romanzo che mi è piaciuto moltissimo e che consiglio sinceramente; ha delle pecche, – trovo che la questione dell'autolesionismo sia un po' semplificata, e che alcune situazioni si risolvano con un'ingenuità che la vita reale non concede – e se ci si vuole approcciare a Kevin Wilson continuo a pensare che La famiglia Fang sia imbattuto. Ma è comunque un'ottima lettura, e il tema in sé è veramente interessante. Sono davvero curiosa di vedere che altro Wilson estrarrà dal suo cappello magico da narratore.