Ieri mi sono
svegliata con un'idea scema; un'idea che non è bastato il caffè a
togliere di mezzo, ho continuato a rigirarmela in testa e ho finito
per portarmela dietro al Salone del Libro, ove ho potuto metterla in
atto.
L'idea, come
da titolo, è Il Salone dell'Oca, o come l'ho presentata agli editori
che ho invitato a partecipare,– o che ho biecamente importunato, a
seconda dei punti di vista – Il Gioco dell'Oca Versione Editoria
Indipendente. In cosa consiste cotanto gioco? Semplice. Si parte da
un editore, gli si chiede di consigliare:
- Un proprio libro;
- Un libro di un altro editore indipendente;
L'altro
editore sarà la seconda tappa e così via, si ripete fino a che se
ne ha voglia o, nel mio caso, fino alla chiusura della fiera.
Qual è lo
scopo del gioco?
Conoscere
nuovi editori, farsi consigliare qualcosa in cui credono, creare una
mappa di rimandi correlati tra loro soltanto dall'amore per la
lettura. Certo, a un certo punto ho barato. Proprio apertamente e
senza scusanti. Ho barato. Vi spiegherò perché quando arriverò a
quel punto, – e dire che non ho mai barato manco a Monopoli.
Iniziamo!
La prima
tappa è stata Exorma Edizioni, per il semplice fatto che ne
ho sempre sentito parlare benone, Simona di Letture Sconclusionate
mi ha consigliato immensamente Le pietre di Claudio Morandini
e la stessa Francesca di Exorma mi aveva invitata a fare un salto
allo stand.
Francesca
non c'era, ma c'erano due simpatiche standiste e quella che credo
fosse la fondatrice. Si sono lungamente consultate per arrivare a
consigliarmi Sudeste di Haroldo Conti, tradotto da Marino
Magliani.
Da Exorma
mi hanno consigliato Memorie di un porcospino di Alain
Mabanckou – di cui ho letto, adorato e recensito Domani avrò vent'anni – edito da 66thand2nd, ed è lì che mi sono
recata, col mio quaderno sgualcito e la mia parlantina balbettante.
Ho
importunato brevemente una redattrice di 66thand2nd, che mi ha
consigliato La signora della porta accanto di Yewande Omotoso,
insieme abbiamo disturbato un ragazzo della casa editrice perché si
lasciasse scattare una foto scenica col libro in mano e poi mi ha
indirizzata da Voland, con Fisica della malinconia di
Georgi Gospodinov.
Da Voland mi hanno indicato senza troppi indugi Mesopotamia di Serhij
Zadan, per poi spedirmi da NNEditore, con A misura d'uomo
di Roberto Camurri.
Da NNEditore ho piacevolmente importunato Luca, ed è stato un po' più agevole,
avendo pure lui la sua esperienza di blogger letterario. Gli ho
presentato il gioco come “una di quelle cose da blogger
imbarazzanti da cui però può uscire un post carino”. Luca mi ha
consigliato prima di tutto e con cocente entusiasmo 7 di Tristan Garcia, e me ne ha parlato
abbastanza perché capissi che lo volevo moltissimo. Un distopico di
bizzarra costruzione, una droga che porta in luoghi strani della
mente di chi la prende, sette racconti lunghi... io lo attendo.
Luca mi ha
poi spedita da Minimum Fax con Accanto alla macchina di
Ellen Ullman.
Da MinimumFax credo temessero che tirassi fuori da un momento all'altro un
manoscritto, e non posso dire di non capire il timore; narrano le
leggende che al Salone arrivano fior di aspiranti scrittori con le
sacche gonfie di faldoni da rilasciare in più stand possibili.
Ad ogni modo
mi hanno presto consigliato I vivi e i morti di Andrea
Gentile, per poi mandarmi da Il Saggiatore con Città sola di Olivia Laing.
E ora, STOP.
Questo è
stato il punto in cui ho deciso di barare e ricominciare il giro.
Lo scopo
primigenio del gioco era saltellare da un editore indipendente
all'altro, e fin qui ci siamo, tutti quelli che avevo visitato fino a
quel punto sono effettivamente indipendenti. Però erano anche
abbastanza grandi e sicuramente conosciuti; finché non sono arrivata
a Il Saggiatore, ho visitato soltanto stand praticamente
abitabili.
Quindi che
ho fatto? Ho sguardicchiato lo stand, e mi premuro io personalmente
di consigliare un titolo che mi ha ispirata parecchio, La carne di Emma Glass.
Ho sfruttato
quindi la Carta Imprevisto (che a ben vedere non credo esista nel gioco dell'oca) e sono andata a importunare Gorilla Sapiens, nel Padiglione 1.
La gorillina
si è allegramente prestata; ha consigliato per intero la bellissima
collana in cui hanno raccolto tutto Gargantua e Pantagruele di
François Rebelais, – che non so pronunciare, e un amico francese
continua a prendermi in giro per la volta che ho tentato – mi ha
fatto un sacco di sconto su La sera che ho deciso di bloccare la strada di Walter Comoglio
– avevo deciso di limitare gli acquisti all'ultimo giorno di
Salone ma, ah-ehm – e mi ha spedita da Cliquot,
con Gli esploratori dell'infinito di Yambo.
Sono stata
contentissima della scelta della Gorillina; intanto ho raggiunto
Cliquot nel bistrattato Padiglione 4 insieme a Carla di Una banda di cefali, e poi si tratta di un progetto editoriale
particolarmente interessante, con un accurato recupero di meraviglie
perdute. Cose belle forte.
Da
Intermezzi mi sono fermata un po' di più; mi hanno pure
invitata a raggiungerli dentro lo stand che ancora non li avevo
rassicurati sul fatto di non avere con me manoscritti da lanciare in
giro. Hanno dimostrato un'indecisione così forte sul libro da
consigliarmi – perché era evidente che credevano in tutto ciò che
pubblicavano, e diamine la sferzata di entusiasmo che mi ha dato 'sta
cosa – e alla fine si sono assestati su Storia di un torbido amore di Horacio Quiroga, “padre del racconto sudamericano,
finora inedito in Italia”.
È stata una decisione dura, e c'è stato un fortissimo tentennamento su That's (im)possible di Cristò, che hanno definito una delle voci italiane più interessanti del panorama contemporaneo, e poi mi hanno parlato con evidente entusiasmo di Paolo Zardi, fino a regalarmi (ancora grazie, non dovevate, ma figuriamoci se rifiuto) Il signor Bovary. Alla fine si sono comunque decisi a mandarmi da Terrarossa, con Restiamo così quando ve ne andate di Cristò.
Giovanni mi
ha indicato una delle ultime pubblicazioni, La gente per bene
di Francesco Dezio, e poi mi ha spedita sempre da Neo con Il sale di Jean-Baptiste Del Amo.
E qui,
sfruttando la regola della seconda nomination che ho pensato
unicamente per potermi dare la rozza ed evidente possibilità di fare
un po' quel cavolo che mi andava all'interno dello scoppiettante Salone dell'Oca,
CAMBIO
GIRO!
Invece di
tornare da Neo, sono andata da CasaSirio.
Di CasaSirio parlo spesso, sarà che l'ho vista nascere e ne ho assistito alla progressiva crescita con le nuove collane – i classici dimenticati, le voci
straniere... - e ho finito per affezionarmici come ci si affeziona
alle persone. Martino e Marta, la nuova ufficio stampa, mi hanno
consigliato Grande madre acqua di Zivko Cingo, un romanzo
scritto negli anni '60 sull'amicizia tra due ragazzini in un
orfanotrofio-prigione nella Jugoslavia di Tito.
Martino mi
ha poi consigliato L'alfabeto di fuoco di Ben Marcus, titolo
targato Black Coffee. Il caso vuole che l'ufficio stampa fosse
lì accanto, e mi è stato oppurtunamente presentato, cosa che mi ha
permesso di fare una figura pessima confondendo Black Coffee e
Racconti Edizioni – e di accusare la vicinanza degli stand
per la mia svista, perché accettare i propri errori è per i deboli.
Suddetto ufficio stampa, di cui non ricordo il nome perché
aggiungere figuracce ad altre figuracce è un po' il mio mestiere –
ma di cui Martino mi ha detto tutto il male possibile – mi ha
scortata fino a Black Coffee, ove mi è stato consigliato
L'ospite d'onore di Joy Williams.
Da lì mi è
bastato fare due passi per raggiungere LiberAria Edizioni, di
cui mi avevano consigliato La vita lontana di Paolo Pecere.
E poi erano
quasi le 20.00 e il Salone stava per chiudere.
Potrei dire
un sacco di cose su questo "esperimento"; che avrei dovuto progettarlo meglio, e magari tirarne fuori un post meglio strutturato, ma è stato comunque un sacco divertente e decisamente interessante; che molti editori hanno una pazienza infinita, e certi
riescono a sprizzare un entusiasmo per quello che fanno da far
drizzare i peli sulle braccia; che a volte vale la pena di disturbare
la gente che lavora per fare qualche domanda, che l'editoria
indipendente ha un sacco da offrire nel medio-grande (prima che
barassi interrompendo il giro, diciamo) al piccolo-medio (da Gorilla
Sapiens in poi).
È stato
divertente, e vi indirizzo una volta di più verso quegli editori che
si sono così gentilmente prestati alle importune domande di una
sconosciuta.
Grazie a
tutti coloro che hanno partecipato, soprattutto a quelli che non ne
avevano voglia e a cui magari non ero neanche riuscita a spiegare
bene il funzionamento del gioco. So che è difficile da credere, ma in tutta la giornata non mi ha
sfiorato mezzo turpiloquio.
In compenso, uscendo dal Salone ho chiamato mia madre per farle gli auguri, e quando ho iniziato a spiegarle il gioco mi ha detto che secondo lei l'oca ero io. Beh. Forse.
In compenso, uscendo dal Salone ho chiamato mia madre per farle gli auguri, e quando ho iniziato a spiegarle il gioco mi ha detto che secondo lei l'oca ero io. Beh. Forse.