Il lungo sguardo di Elizabeth Jane Howard


Il lungo sguardo di Elizabeth Jane Howard, scritto nel 1956, edito in Italia da Fazi nella traduzione di Manuela Francescon. Iniziato pochi giorni fa, terminato ieri notte. Qualche sera fa non riuscivo a dormire, presa da paturnie strane e problemi non miei, e mi ci è voluto questo libro per regolarizzarmi il battito e accompagnarmi nel sonno. Non che sia la lettura più frivola e gioconda che io abbia mai fatto, tutt'altro. In questo libro in particolare, i personaggi della Howard mi sembrano una dolorosa manica di disgraziati.
Il lungo sguardo inizia a Londra nel 1950. Ci sono Julian e June che devono sposarsi, lui compassato e lei insicurissima. Ci sono i loro rapporti coi genitori, i loro dubbi sul matrimonio, la cena cui devono partecipare. È un capitolo lungo, corposo, ti aspetti si vada avanti con la storia, e invece torni indietro. Eravamo nel 1950 e all'improvviso ci ritroviamo nel 1942, e poi nel 1937 e così via fino ad arrivare al 1926.
Il romanzo, che era iniziato con Julian, figlio di Conrad e Antonia Fleming, vira su come Conrad e Antonia si siano ritrovati insieme, e nell'ultima parte va ancora più indietro, verso un'Antonia diciannovenne, prima che conoscesse Conrad.
È un romanzo interessante sotto così tanti punti di vista che mi è difficile metterli in ordine. In un certo senso è come se iniziassero dalla struttura a ritroso, che implica uno spostamento da determinate problematiche e personaggi ad altri, del tutto diversi. Come se l'autrice avesse deciso di divertirsi manomettendo i meccanismi di aspettativa del lettore. “Hai presente quel personaggio? Guarda com'è confuso, immaginati la sua infanzia, i suoi traumi. Credi che te ne parlerò nel prossimo capitolo, vero? E invece no! Dimenticatelo. Lui non c'era, nel 1926.” Una roba del genere.
C'è il fatto, poi, che i personaggi della Howard hanno sempre qualcosa di speciale, e questo romanzo non fa eccezione. Per due terzi buoni del libro – facciamo anche tre quarti, va' – l'attenzione è fondamentalmente puntata su Conrad Fleming, marito di Antonia, nucleo del suo mondo e del suo vivere. Conrad è un personaggio interessante e un essere umano sommamente molesto, almeno secondo me. Ti si apre poco a poco, ti riempie di dubbi sull'essere umano, e conseguentemente su di te, su di lui, su quelli che gli stanno attorno, sul mondo intero. Conrad è questo tizio complesso, intricato, acuto, la cui cortesia non riesce a nascondere del tutto una freddezza di fondo, un calcolo continuo. Vive giocando con le persone, forgiando le donne che fanno parte della sua vita, Antonia in primis. E allora ti chiedi perché Antonia si presti a un matrimonio del genere, come abbia fatto Conrad a diventare quello che è, a cercare di ottenere qualcosa che sembra rifuggire. Mi sono interrogata, leggendo, su quale condizione mi apparisse più patetica, quella di Antonia che vive in una condizione di incertezza riguardo a Conrad e riguardo a se stessa, oppure quella di Conrad, che sembra divorare la luccicanza delle sue donne, ed è troppo debole per vivere senza instradarle in un cammino che odia ma conosce.
Ho adorato poi il modo in cui l'autrice ha lasciato che mi dimenticassi di Conrad, mettendo al centro la giovinezza di Antonia, facendomela conoscere prima che il marito la spegnesse. Nell'ultimo capitolo si trovano le risposte a molte domande, alcune perfino ovvie, che se stessi chiacchierando della situazione della mia amica Antonia con un'altra amica, mi verrebbero subito alle labbra, ma che a leggere un romanzo magari non si affacciano neanche alla mente.
Come tendo a ripetere ogni volta che leggo un suo romanzo, Elizabeth Jane Howard è Elizabeth Jane Howard. Mi ricorda Jane Austen e Elena Ferrante, acuta e cruda, e insieme di una delicatezza insostenibile. L'unico appunto che ho da fare al romanzo è che la struttura a ritroso mi ha lasciato con alcuni interrogativi incolmabili di risposta. Non capisco se si tratti di una scelta o se l'autrice a un certo punto abbia cambiato idea o si sia stufata. Non lo so.
E, devo dire, mi interessa relativamente. Io Il lungo sguardo l'ho adorato, punto.