Invero
ho un po' di roba di cui chiacchierare. Libri, prevalentemente, che
peraltro dovrei restituire in biblioteca oggi. Il mezzo re di Joe
Abercrombie, ad esempio; Donne, madonne, mercanti e cavalieri di
Alessandro Barbero; devo ancora parlare di The junkie quatrain di
Peter Clines e di Padre di Dio di Martin Michael Driessen, che ho
finito di leggere settimane fa, per non parlare di Real Mars di
Alessandro Vietti, la cui lettura è ancora relativamente fresca e
che mi è pure piaciuto un sacco.
Però
no. Oggi vorrei chiacchierare di Londra, del viaggio allegramente
intrapreso con la mia Somma Sorella dal 9 al 14 e che mi ha riempito
la testa di bei ricordi, mi ha svuotato il portafoglio e mi ha
ricoperta di merchandising potteriano.
Il
viaggio, l'hotel e il cibo
Da
Londra ho postato un unico stato sul mio soggiorno a Londra quando mi
trovavo ancora in luogo, forse la prima sera. Più che altro volevo
avvertire che mi sarei assentata, ma visto che ho parlato di un
albergo tanto economico e tanto comodo e centrale, c'è chi mi ha
chiesto informazioni specifiche. Io e Somma Sorella abbiamo
soggiornato al Belgrave House Hotel, a due passi dalla Victoria
Station e relativamente vicina al Buckingham Palace. Per dire.
Abbiamo acquistato un pacchetto expedia pagando a testa, albergo e
volo compresi, 170 euro. Che a mio dire è veramente pochissimo,
considerando che la nostra stanza era sì piccola e nel seminterrato,
ma avevamo il bagno in camera così come la doccia, era pulita, il
wifi era gratuito etc. Quindi consiglio l'albergo come il metodo di
prenotazione, anche se certamente non ci sarà bisogno che sia io a
consigliarli.
Il
viaggio invero è stato a dir poco traumatico, visto che per me
volare è sempre una disgrazia; non posso farci niente, per me il
momento del decollo equivale a un coltello che si avvicina
inesorabilmente alla mia trachea. La sensazione è quella, il panico
pure. Mi spiace davvero per Somma Sorella che ha dovuto sopportare il
mio terrore. E pure per la tizia che avevo seduta vicina. E per
chiunque abbia assistito ai miei tentativi di calmarmi tramite le
sigle dei cartoni animati. Che belle cose.
Il
cibo! Il cibo per turisti in Inghilterra – o almeno a Londra – è
super-cheap. Ogni due passi si trovano catene di cibo più che
salutare a prezzi contenuti, un pasto completo e, ribadisco,
SALUTARE, a tipo 2-3 sterline. Roba bio, veg, eco, fair-trade e
quant'altro. Non mi aspettavo di trovarmi così bene da questo punto
di vista, pensavo che io e Somma Sorella avremmo dovuto mangiare
schifo per giorni, e invece. Tra l'altro la pizza di Zizi è più che
convincente. Nonostante la figura orrenda coi camerieri – uno dei
quali palesemente italiano, anche se nessuna delle due ha avuto il
coraggio di chiedergli aiuto in lingua – al momento di richiedere
il conto e di calcolare e dare la mancia.
Stonehenge
e Bath
Il
giorno seguente al nostro arrivo, io e sorella ci siamo alzate
prestissimo per partecipare a un tour della compagnia Evan Evans –
che consiglio tantissimo – che ci avrebbe condotto prima a
Stonehenge e poi a Bath. Ora, prima di tutto la nostra guida,
l'adorato Mike, era simpaticissimo, e non mi ha fatto rimpiangere la
rottura delle cuffie che mi ha impedito di ascoltare musica per ore e
ore di viaggio. In secondo luogo, Stonehenge è meravigliosa. E
strana, e misteriosa, e più piccola di quello che mi aspettassi.
Sebbene si sia ormai capito che si tratti di un cimitero per
personaggi importanti – la zona è tuttora piena di tumuli –
ancora non è chiaro chi sia stato a posizionare le pietre in quel
modo, nonostante le varie teorie. I druidi, comunque, non c'entrano
nulla. Ed è vero che è un posto pieno di atmosfera, e basta
fermarsi un attimo sull'erba e sentirsi colpire dal vento freddo che
arriva da dietro perché arrivi una sferzata di atmosfera da lasciare
barcollanti. Il contesto del tour, però, rovina un po' il tutto. Non
che la cosa si possa evitare in qualche modo, comunque.
Poi
c'è stata Bath, la bellissima e sorprendentemente piccola Bath, dove
io e Somma Sorella ci siamo divise perché a lei frega ancora poco di
Jane Austen, e io non vedevo l'ora di visitare il Jane Austen Centre.
Un museo che non riuscivo a trovare e che un provvidenziale spazzino
mi ha aiutato a raggiungere, e che ho avuto soltanto una quarantina
di minuti per visitare. Ora, vediamo, che dirne?
Intanto
tutto lo staff è in costume, e ciò è apprezzabile. All'entrata
stanno una statua di zia Jane e un tizio vestito da dandy – grazie,
tizio che mi ha scattato la foto insieme alla statua. Il biglietto
d'ingresso costa 11 sterline – che non è poco – ma è compresa
una breve guida volta a dare una biografia in soldoni di zia Jane.
Non che mi servisse, ecco, anzi, mentre la guida parlava mi sentivo
friggere la panca sotto il sedere, che avevo poco tempo per vedere
tutto. Infatti non sono neanche riuscita a salire al piano di sopra
per vedere la sala da tè, avevo paura che il bus del tour partisse
lasciandomi a tre ore di auto dall'albergo. Prospettiva abbastanza
evitabile.
Il
museo presenta alcuni setting di vita georgiana, perlopiù vestiario,
curiosità su zia Jane, servizi da tè, abiti di scena presi dai film
e dalle serie tv. A un certo punto si possono fare foto con vestiti
georgiani forniti dal museo insieme a un'altra statua di cera di Jane
Austen, occasione che non mi sono certo lasciata sfuggire nonostante
la fretta. Ho corso per tutto il resto del museo, facendo foto a caso
e scorrendo appena le descrizioni degli oggetti; è stato un peccato
visitare così il centro, ma meglio di niente. Allego foto del mio
bottino in souvenir per me stessa.
Ora,
vorrei continuare chiacchierando dei Warner Studios e del tour di
Harry Potter fatto il giorno successivo, dell'entusiasmo con cui io e
Somma Sorella ci siamo preparate vestendo i colori delle nostre
rispettive Case – peraltro io indossavo gli stessi vestiti
indossati alla cerimonia di laurea, che sì, li avevo scelti
appositamente perché fossero Grifondoro, solo che da allora ho perso
tipo dieci chili e mi cascavano addosso, ma chissene, GRIFONDORO –
e delle miriadi di foto fatte, delle somme improponibili che abbiamo
speso allo store, della disperata ricerca del cerchietto, dei bambini
che ho inopportunamente e involontariamente scacciato da alcune zone.
Ma
mi rendo conto che il post sta diventando troppo lungo, e poi ho
premura di andare in biblioteca. Quindi niente, facciamo che il
resoconto di viaggio – che peraltro credo interessi soltanto a me,
ma sono certa che un giorno sarò contenta di essermi appuntata tutte
'ste cose, con la memoria bucherellata che mi ritrovo – lo divido
in due parti. Almeno.
Almeno.
Dio,
i Warner Studios.