La
prima cosa bella di cui mi è d'uopo parlare, e perdonatemi l'autoreferenzialità è il Concorso
Transilvania, di cui ho pubblicato il bando qui neanche
un'ora fa, col beneplacito della giuria. Tra l'altro la giuria è già
di per sé una cosa bella. Un po' perché è eterogenea – ci siamo tutti, blogger, librai e autori – e un po' perché sottolinea la
disponibilità e l'allegro senso di collaborazione che scorre
sotterraneo a un mondo editoriale-letterario che spesso viene raccontato come arido e spietato. Ringrazio qui, come non cesserò di
fare in privato, Aislinn e Luca Tarenzi, i miskatonici librai Andrea e Giulia, nonché Camilla, Marco e Irene, per essersi prestati al vaglio dei
racconti che – speriamo – perverranno nelle prossime settimane.
Poi
certo, anche il concorso in sé è una cosa bella, mi congratulo con
me stessa per il tema scelto e mi auguro che vada in porto ciò cui è
collegato. Dovrebbe, se tutto va bene. E a quel punto ne parlerò qui
e ovunque, così largamente che perderò una caterva di iscritti per
noia. D'altronde, capitemi. Sono cose belle.
Un'altra
cosa bella è scovare illustratori meravigliosi che si piazzano sul
podio delle mie personali preferenze. Ho scoperto di adorare quella
che viene definita la “Golden Age” dell'illustrazione, i cui
esponenti si rifanno allo stile dell'art-nouveau e del liberty, e la
cui durata va dagli ultimi decenni dell'800 fino alla fine della
Grande Guerra. Non sono mai stata un'esperta di arti visive, e lo
dico con un po' di rammarico, ma pure consapevole del fatto che i
libri occupano una porzione troppo grande del mio tempo e delle mie
risorse cerebrali perché io possa dedicarmi fruttuosamente ad altro.
Nel frattempo, però, posso indicarvi quel poco che riesco a scovare
negli attimi che la lettura mi concede.
Trattasi di Kay Nielsen, John Bauer, Edmund Dulac e Aubrey Beardsley.
Un'ulteriore
casa di allegrezza editoriale-letteraria è la nascita di nuovi
metodi distributivi, in grado di arginare la spaventevole
predominanza della grande distribuzione, che da quando Messaggerie si
è mangiata PDE appare un tantinello minacciosa per i piccoli editori
e per le librerie indipendenti. Ne parla diffusamente Il tropico del libro, in un'intervista multipla che vi invito caldamente a
leggere.
E
per il resto, basta. Ci sono cose belle, di piccola e media
grandezza, ma riguardano solo me e dubito che vi interessino. Tipo
una lezione di scherma giapponese o il fatto che nelle ultime
settimane le mie capacità culinarie siano cresciute a livelli
insperati – cioè normali. Ci sono altre cose su cui sacramenterò,
e ne ho ben donde, ma non è questo il post. Mica si chiama “Piccole
cose belle più un paio di lamentele per pareggiare i conti”.