Blumenberg di Sibylle Lewitscharoff

Questo libro me lo sono trovato davanti in biblioteca, quasi due mesi fa. Non cesserò mai di professare la mia totale adorazione per le copertine Del Vecchio, così colorate e d'effetto, eppure mai esagerate. O forse sì, anche esagerate, ma in modo piacevole. Nell'ambito della grafica e del design una delle regole auree è “less is more”, e si tende a considerare più elegante ciò che è semplice e discreto. Adoro il fatto che, in barba alla semplicità e alla discrezione, la Del Vecchio continui a produrre copertine che sarebbero tutte da incorniciare.
Dunque, il libro. Blumenberg di Sibylle Lewitscharoff, edito appunto da Del Vecchio nel 2013 nella traduzione di Paola Del Zoppo.
Blumenberg è un libro curioso come costruzione, come personaggi, come scelta di cosa e quando mostrare. C'è Blumenberg, questo celebre professore di filosofia con cattedra a Munster (Germania del nord. Molto nord.), che a un certo punto vede un leone. E questo leone, che solo lui riesce a vedere, lo segue ovunque, come un'ombra. Si accoccola in un angolo dell'aula o del suo ufficio e lo osserva, o sonnecchia, o lo ignora. Blumenberg lo accetta con facilità, perdendosi in filosofeggiamenti alti su quanto possa stare a significare, su quale interpretazione sia più opportuna per un tale segno.
E poi ci sono alcuni personaggi che gli girano attorno, che in un modo o nell'altro hanno a che fare con lui. Alcuni studenti, Isa, Gerhard, Richard. Isa è ossessionata dal professore, e sogna di perdersi con lui in una relazione malata; Gerhard è uno studente modello, con un passato di ossessione accademica per il professore. È per seguire le sue lezioni che ha scelto l'università di Munster. Poi c'è Richard, amico di Gerhard, assai più rilassato, almeno in apparenza.
La cosa curiosa di questo romanzo, dicevo, è la mancanza di un vero e proprio filo conduttore che tenga uniti i vari elementi del romanzo. Ho difficoltà, a pensarci bene, nell'individuare la trama. Non che sia strappata, o che vi siano errori o falle. Mi è proprio difficile identificarla.
Sì, c'è il professor Blumenberg, con il suo filosofeggiare, con le sue telefonate al redattore, col leone che lo affianca in silenzio; c'è Isa con la sua ossessione e le sue coinquiline; c'è Gerhard, innamorato di Isa, con le sue ambizioni; c'è Richard, con la sua porzione di storia, e c'è pure un po' di Hansi, il folle poeta.
Ma qual è il legame tra questi elementi? Blumenberg e nient'altro? È questo che mi perplime un po'. I capitoli invero sono scritti chiaramente, con linearità, in uno stile piacevole e per nulla pesante. Mi confonde l'uso di uno stile così “reader friendly” con una struttura così volatile, priva di un punto fermo.
Non che il mio giudizio sia negativo, tutt'altro. È un libro piacevole, ben scritto e interessante, anche se ammetto di aver saltato qualche riga quando Blumenberg attaccava a filosofeggiare duro, che son fatta di pasta pragmatica.