Meno
di un mese fa chiacchieravo della mia tesi praticamente ogni giorno,
sia su facebook che su twitter, e probabilmente anche qui vi avrò
accennato diverse volte. Poi di colpo ho smesso di parlarne, evitando
perfino di nominarla. Il fatto è che a un certo punto, mentre ero
bella contenta e tranquilla e avevo appena iniziato a pensare alla
veste della mia tesi – la volevo con la copertina di tela bordeaux
e le scritte oro, perché rimango una Grifondoro fedele alla propria
Casa – mi è arrivata una mail dalla segreteria studenti, che mi
comunicava un problema concernente un esame non convalidato.
Panico
e disperazione. Tutto è finito bene, i crediti mancanti sono stati
accettati e così come mi dicevo prima della tremenda comunicazione,
il dieci mattina avrò la mia benedetta laurea in scienze della
comunicazione. Tralasciando il terrore di non riuscire a intercettare
il professore in tempo per le firme necessarie; e tralasciando anche
l'orrorifico sospetto che qualcosa finirà comunque per andare
storto. Tipo che scopro di essermi iscritta al corso di laurea
sbagliato, o che mentre stampavo alcuni documenti dal sito ho
cliccato sul tasto invisibile “cancella tutti gli esami”, o
chissà che altro. Le procedure per laurearsi mi hanno insegnato che
Murphy ha ragione, se qualcosa può andare storto, andrà storto, e
se non c'è nulla che possa andare storto, andrà storto
qualcos'altro. Sono ottimista.
Ma
questo non è un post per affliggermi e lamentarmi, non più del
solito. È un post per chiacchierare della mia tesi di laurea in
maniera un po' più approfondita di quanto ho fatto finora. È una
bellissima tesi, ne sono convinta e ne vado anche un po' fiera.
Novantasette pagine sulle sessanta concordate. Tutte incentrate su
Sherlock Holmes e Jane Austen – anche se il relatore all'ultimo mi
ha fatto cambiare il titolo in Sherlock Holmes e Orgoglio e
Pregiudizio. Ma non importa, quando pubblicherò qui una versione
riveduta e risciacquata del dotto e pomposo linguaggio accademico, il
titolo sarà quello che avevo in mente fin dall'inizio:
Sherlock
Holmes e Jane Austen
I
classici nella cultura digitale.
Che
suona innegabilmente benissimo, vero? E magari è il caso che cominci
a spiegare di che cosa tratta. Tratta, in soldoni, di come si siano
evoluti i fandom di Sherlock Holmes e di Jane Austen, e di come le
varie trasposizioni mediali abbiano influenzato il canon. Posto che
con fandom si intenda la comunità dei fan e con canon si intende il
materiale accettato come veritiero e ufficiale per quanto riguarda
un'opera di finzione.
Nel caso di Sherlock Holmes, sono considerabili
canon sia i racconti originali di Arthur Conan Doyle che alcuni
prodotti cinematografici che invero contraddicono alcuni aspetti provenienti
dai detti racconti, come l'aspetto di John Watson. La pipa ricurva, il cappello deerstalker e la
stessa frase “Elementare, mio caro Watson” sono aggiunte
successive agli scritti di Doyle, eppure sono ad oggi accettati come
puro canon.
E dunque vi analizzo alcuni prodotti cinematografici, dalla serie Rathbone-Bruce degli anni '40 per quanto riguarda Sherlock Holmes, alle trasposizioni più famose di Orgoglio e Pregiudizio, ai meno riusciti adattamenti di Mansfield Park, fino all'odiatissimo - da me - Becoming Jane e al graditissimo - sempre da me - Jane Austen Regrets. E poi i metodi con cui si esprimono i fandom, i contenuti "user generated" - ovvero prodotti dai fan - che acquisiscono una fama e un pubblico paragonabili alle grandi produzioni.
E dunque vi analizzo alcuni prodotti cinematografici, dalla serie Rathbone-Bruce degli anni '40 per quanto riguarda Sherlock Holmes, alle trasposizioni più famose di Orgoglio e Pregiudizio, ai meno riusciti adattamenti di Mansfield Park, fino all'odiatissimo - da me - Becoming Jane e al graditissimo - sempre da me - Jane Austen Regrets. E poi i metodi con cui si esprimono i fandom, i contenuti "user generated" - ovvero prodotti dai fan - che acquisiscono una fama e un pubblico paragonabili alle grandi produzioni.
Sto
tornando al tono accademico, chiedo venia. Ormai mi viene naturale,
quando chiacchiero della tesi. Mi si raddrizza la schiena, mi cambia
lo sguardo e inizio a declamare con tono pomposo. Sarà dura ripulire
la tesi da tanta affettazione, ma intendo farlo, prima di caricarne
qui una versione liberamente scaricabile. Sia mai che finisca in giro
un pezzo di me che si esprime con siffatti, insopportabili toni.
Ma
questo post non sorge soltanto dalla volontà di parlare della mia
tesi e dei suoi argomenti, qui malamente spiegati in poche righe. La
pagina dei ringraziamenti della mia tesi è scarna, vuota, pochissime
righe scritte di fretta, che dovevo mandare tutto in stampa nel giro
di pochissimi minuti. La mia tesi è stata stampata così all'ultimo
momento che non ho avuto neanche la possibilità di scegliere i
materiali che preferivo, ho dovuto farla il più semplice e veloce
possibile, che altrimenti giammai sarei riuscita a consegnarla.
Quindi figuriamoci come saranno messi i ringraziamenti, dove ho
taciuto qualsiasi nome. Ho ringraziato il professore relatore, e la
Jane Austen Society of Italy, meravigliosa fonte di diletto e
materiale. E poi? Poi basta. Amici e parenti, punto. Ma si può? Con
tutto il sostegno che mi hanno dato?
Quindi
qui ringrazio la mia genitrice che ha cercato di farmi sentire il
meno in colpa possibile quando ho ricevuto il messaggio dalla
segreteria; mia sorella che si è sorbita le mie lamentele; mia zia
che si è tanto preoccupata.
E
poi i miei amici. Daniela e Silvia in primis, che mi hanno dato un
sacco di consigli sulla stesura della tesi, e giuro che le ho
tartassate in maniera invereconda, specie quando si è trattato di
scrivere introduzione e conclusione. E poi mi hanno sostenuta
nell'isteria del “Ommioddio non mi laureerò mai, resterò
intrappolata nel girone infernale dell'università per sempre”.
E
poi tutti quelli che mi hanno subissata di pacche sulle spalle e
incoraggiamenti, che mi hanno ospitata, che mi hanno tirata su con
una dose massiccia di Natale. Quelli che erano lì anche se non
c'erano, e che ho sempre saputo di poter raggiungere in qualsiasi
momento, se avessi avuto bisogno di un abbraccio telefonico. In
ordine alfabetico, così a non fare torto a nessuno: Ai, Alice,
Debby, Fil, Ivano, Laz, Maura, Morgan, Sassi, Vitti. Sono piena di
amici che non merito.
Affetto
sperticato e infiniti ringraziamenti. Per tutto. Che leggiate qui o
meno.