Miss
Jerusalem di Sarit Yishai-Levi, edito da Sonzogno
nella traduzione di Ofra Bannet e Raffaella Scardi,
gentilmente inviatomi dalla casa editrice, che ringrazio assai.
Dunque.
Non mi è facile iniziare a parlarne. È che c'è un aspetto del
romanzo che ho trovato sommamente importante e interessante, ed è il
contesto storico e sociale, quello di un'Israele-Palestina dai primi
decenni del '900 in avanti. Solo che, per quanto io abbia gradito il
racconto dell'ambientazione, non è quello il punto del romanzo, e
non vorrei fargli un torto, facendolo passare per la narrazione di un
luogo, quando il suo fulcro è la famiglia Hermosa. Ma facciamo che
già l'ho specificato qui, che è la storia di una famiglia e della
maledizione che ricade sulla sue donne di generazione in generazione,
così posso chiacchierare brevemente del contesto storico.
Ora,
non è che sappiamo granché di come sia nato lo stato di Israele, di
come la Palestina si sia spezzata in due, di come la ferita è ancora
aperta e suppurante, specie in questi giorni. Non sapevo, ad esempio,
della dominazione turca, terminata per mano degli inglesi che ne
hanno prontamente preso il posto in un'occupazione politica e
militare durante la Grande Guerra. Sapevo del trattato del '47, che
spartiva il territorio tra arabi ed ebrei, e delle conseguenti
rappresaglie da ambo le parti. Quello che sapevo veniva più da
documentari, articoli di giornale e lezioni di storia deragliate in
attualità, però. Non c'era molto di umano nelle mie conoscenze.
Invece in Miss Jerusalem ho trovato quello che la storia cruda non
può dare, ecco. Personalmente trovo che la narrativa possa insegnare
la storia meglio di qualsiasi dissertazione o saggio. La storia
agisce sui personaggi, i personaggi agiscono su di noi.
Sto
mancando di parlare degnamente della trama, però, e non è proprio
il caso. C'è una cornice, che è quella della giovane Gabriela che
raccoglie le memorie della famiglia. Quando è piccola va a chiedere
a nonna Rosa, da adolescente si rifugia da zia Alegra. Poi cresce e a
finire di raccontarle la storia è zia Rachelita. Ma Gabriela non
compare molto, dopo i primi capitoli rimane secondaria fino alle
ultime pagine. Quello che conta è la storia della famiglia, di una
Rosa giovane rimasta orfana durante la dominazione turca, il fratello
maggiore impiccato dall'esercito ottomano, un fratellino di cinque
anni da sfamare mentre lei ne aveva solo dieci. Rosa che pulisce per
gli inglisi, “sia cancellata la loro memoria e il loro
nome”, e che un giorno viene avvicinata da Merkada Hermosa, che le
propone di sposare il figlio Gabriel. È la storia di Merkada e del
marito Rafael, che poi diventa la storia di Gabriel e Rosa, che poi
diventa la storia di Luna, la madre di Gabriela. Ed è Luna Miss
Jerusalem, la bellissima Luna. Non c'è una donna più bella,
elegante e piena di vita di Luna, che alle prime pagine vediamo
malata di cancro sotto gli occhi confusi e rabbiosi di Gabriela. In
questo libro sono importanti i rapporti tra mogli e mariti, e ancora
di più quelli tra madri e figlie. La maledizione delle donne
Hermosa, secondo cui i mariti si struggeranno per una donna che non è
la loro moglie, e le donne avranno figli che le odiano.
La
storia della famiglia Hermosa raccolta da Gabriela. La storia di come
è nata e cambiata Israele, delle sue tradizioni, delle sue lotte, di
quello che ha subito. Perlopiù si tace su quello che ha fatto,
rimane un punto interrogativo su alcuni villaggi prima arabi e poi
deserti. In Miss Jerusalem non si prendono posizioni, non ci sono
apologie che balzano sul lettore. C'è la storia della famiglia, e
questo è quanto la famiglia ha vissuto. Punto.
Mi
è piaciuto moltissimo, e penso sia chiaro. L'unico aspetto che ho
stentato a mandare giù è stata la chiusura, la conclusione della
storia di Gabriela, secondo me troppo frettolosa. Forse la sentivo
distante come era distante da Luna, non lo so. Ad ogni modo, lo
consiglio moltissimo. Moltissimo.