Per
quest'unica volta, vista la fretta che pervade il mio scrivere, senza
indugi arrivo al punto. Ovvero a Exceptor – Legno e Sangue
di Fabrizio Cadili e Marina Lo Castro, edito dalla
Dunwich e da me trafugato durante il Salone di Torino, che
facevano degli sconti disarmanti.
Non
avevo ben chiaro cosa aspettarmi, quando l'ho preso. Avevo giusto
carpito le parole chiave, prima di agguantarlo. Babbo Natale,
omicidi, notaio del paranormale. Arlecchino. Libreria mia, fatti
grattacielo.
Dunque,
il protagonista è Michelangelo Bonomi ed è un exceptor, ovvero una
persona con la capacità di viaggiare tra gli Strati di cui è
composto il nostro mondo. Non chiedetemi di spiegarvi come funzionino
gli Strati, vi giuro che nel libro si capisce, ma se tendo di dare
una mia versione con un senso compiuto finisce che resto appiccicata
al computer per mezza giornata. Michelangelo viene assunto per un
lavoro piuttosto complicato in una piccola cittadina del Canada,
White Lake, per gestire un problema la cui narrazione si intervalla a
quella del protagonista. C'è Len, un orfano nativo americano, che ogni Natale riceve la visita di una versione terrificante di Babbo Natale,
alto e secco, con lame acuminate che dipartono dalle mani, che gli
porta in dono... beh, non lo dico, perché non si scopre proprio
all'inizio. Diciamo che sono regali che difficilmente vorremmo
scartare. Visto che il lavoro si preannuncia particolarmente
complicato e potenzialmente pericoloso, Michelangelo si lascia convincere
dall'assistente a portarsi dietro Arlecchino, o meglio Hellequin, uno
spirito dagli enormi poteri racchiuso nel corpo di una bambola di
Arlecchino. Uno spirito volgare, violento, giustamente arrabbiato per
la sua condizione, una presenza malevola per Michelangelo, ma
fantastica per il lettore. Arlecchino lo si adora e basta. Chissà perché si stabilisce questa sorta di connessione
proprio con i personaggi più inquietanti.
Ad
ogni modo, Michelangelo deve far fronte a indagini che esulano dal
paranormale, e White Lake si scopre non essere esattamente
l'archetipo del paesino perfetto. E così via.
Ho
adorato il fatto che gli autori abbiano voluto raccontare la storia
da diversi punti di vista. Da quella di Len, da quella degli
aspiranti genitori adottivi, perfino dal punto di vista di uno
sceriffo che già dall'inizio ci appare odioso. E nonostante l'horror
sia un genere cui si perdonano semplificazioni e ricorso agli
stereotipi, qui viene data dignità a ogni personaggio. Non ci sono
cattivi “perché sì”, ecco.
E
ho adorato la figura dell'exceptor, un notaio che gestisce veri e
propri contratti tra gli Strati, e il modo in cui questi sono stati
immaginati e organizzati.
Lo
consiglio un sacco, veramente un sacco. Uno di quei libri che ti
dimostrano quanto la narrativa di genere italiana abbia da offrire.