E
dunque, non è facilissimo iniziare a parlare di questo libro.
Trattasi della raccolta dei racconti che E. W. Hornung ha
scritto sul finire dell'800 su Raffles, un ladro gentiluomo
tra i primi nel suo genere. È un peccato inspiegabile che il
personaggio e l'autore siano caduti nell'oblio, e benedico
infinitamente CasaSirio per averli portati in Italia, nella
traduzione di Chiara Bonsignore.
Da
dove potrei cominciare a parlare di questo libro? Dicendo che
l'autore era il cognato di Arthur Conan Doyle, e che quest'ultimo
adorava e deprecava insieme le opere di Hornung perché “Il
criminale non dovrebbe mai essere l'eroe”? Oppure dal personaggio
di Raffles, genuinamente sociopatico, nel suo non curarsi della
moralità delle proprie azioni, nella curiosità con cui ne osserva
le conseguenze? O da Bunny, il suo fedele, per quanto talvolta
riluttante, compagno d'avventure?
Mi
viene spontaneo partire da Sherlock Holmes, a cui Raffles sicuramente
deve moltissimo. È un po' come se Hornung avesse preso le storie di
Arthur Conan Doyle per stravolgerle sotto ogni aspetto. La struttura
è davvero simile, dopotutto. Raffles e Bunny vivranno insieme, Bunny
sarà il fedele aiutante del ladro, nonché colui che trascriverà i
racconti delle loro avventure. Ma oltre a questo, Raffles e Bunny non
hanno molto a che vedere con Sherlock e il dottor Watson. Raffles è
del tutto privo di morale, adora il brivido del furto, si diletta
nello sport, è un affascinante manipolatore. Bunny è viziato,
debole di carattere, irresponsabile e pigro, ed è evidente che non
abbia nulla a che vedere con l'integerrimo Watson, checché ne
abbiano fatto i film della serie Rathbone-Bruce. Entrambi vivono al
di sopra delle proprie possibilità e, nonostante i loro colpi vadano
spesso a buon fine, dopo poche settimane ecco che tornano a
indebitarsi. Partecipano alla vita di società londinese, sono
iscritti a club esclusivi, giocano d'azzardo. La storia inizia
infatti quando Bunny decide di recarsi da Raffles, suo vecchio
compagno di scuola e amico, nonostante si siano ultimamente persi di
vista, per esporgli la sua disastrata situazione economica alla
ricerca di aiuto. Solo che Raffles è ancora più spiantato di Bunny.
Ed è così che Raffles decide di tirarsi dietro l'amico per
svaligiare una gioielleria, tacendogli inizialmente la vera natura
del proprio piano.
Dicevo
poc'anzi che mi viene spontaneo paragonare Raffles a Sherlock Holmes.
Ecco, mentre le storie su Holmes puntano più sulla stranezza del
caso e il lettore brancola nel buio fino all'improbabile soluzione
finale, qui partecipiamo con Raffles ad ogni tappa dei suoi piani,
che non sono neanche particolarmente machiavellici. Sono raffinati,
ma semplici e plausibili. Un'altra cosa che mi porta a preferire
Raffles a Sherlock (e a me Sherlock piace un sacco) è che i
personaggi hanno davvero importanza. Non sono pedine all'interno
della narrazione, anche se sono pochi a poter vantare una vera e
propria caratterizzazione.
E
potrei parlarne ancora, ma svelerei troppo, visto che si tratta di
una raccolta di racconti e non di un romanzo. Lo consiglio
visceralmente, soprattutto a chi ama Sherlock Holmes. E so che
è quasi un'eresia ammetterlo, però io preferisco Raffles. Di molto. Come
scrittura, come struttura e come personaggi. Ecco.
Spero
vivamente che prima o poi a qualcuno venga in mente di tirarne fuori
una serie tv.