Invero
deficito grandemente del tempo che mi sarebbe necessario per
chiacchierare degnamente delle letture fatte. Tra la tesi da
consegnare e l'ultimo, dannatissimo esame che ha saputo trasformare
un progetto da sei crediti in una gigantesca rottura di scatole
mangia-ore, sarebbe il caso che tenessi ben chiusi libri e browser.
Però
mi mette tristezza non aggiornare il blog per troppo tempo, quindi mi
piego al mio capriccio e torno a chiacchierare di un paio di libri
che mi sono lietamente accaparrata al Salone.
Chiedo
venia in anticipo per i probabili errori grammaticortografici. Il
tempo è quello che è, e la caffeina mi fa tremare le dita sui
tasti.
Frattanto, avverto che da qualche tempo non riesco a postare commenti, nè su questo blog nè in quelli degli altri. Perciò perdonate la mia caparbia mancanza di interazione, non è snobismo, ma analfabetismo digitale. Accetto assai lietamente qualsivoglia consiglio su come risolvere il problema.
L'eredità
di Louisa May Alcott – traduzione di Valeria Mastroianni e Lorenza
Ricci – Jo March, 2015
Sappiamo
tutti benissimo chi sia la Alcott, ma è sempre bene ricordarlo.
L'autrice di Piccole donne, Piccole donne crescono e tutti i vari
seguiti. E questo è la sua prima storia completa, scritta a
diciassette anni, tornata alla luce pochi anni fa sottoforma di
manoscritto in una biblioteca universitaria. La cosa triste è che
ricordo pochissimo delle sue piccole donne, perché ne ho letto che
ero ancora alle elementari. Ricordo qualcosa di una festa, ricordo Jo
che è la beniamina di chiunque legga Piccole donne. Ricordo
l'atmosfera, soprattutto, e ricordo che lo leggevo in soffitta perché
c'era più silenzio, e mi piacevano l'odore di polvere vecchia, e la
luce calda della lampadina appesa al soffitto così basso che in
certi punti dovevo abbassarmi anch'io. Però non ricordo quasi nulla
della storia, oltre a quello che ho appreso da altre fonti, e questo
mi spiace. Avrei gradito certamente di più L'eredità, se avessi
potuto cercarvi i germi di quella che sarebbe diventata Louisa May
Alcott.
La
storia è semplicissima. In una bellissima casa nobiliare in
Inghilterra vivono gli Hamilton. Lady Hamilton, una donna capace di
amare soltanto i propri figli, la giovane Amy e il fratello Arthur,
la malvagia cugina Ida e la protagonita Edith Adelon, un'orfana di
origini ignote raccolta dal defunto Lord Hamilton durante un viaggio
in Italia. Poi c'è Lord Percy, sommamente giusto e buono, e
l'antipatico Lord Arlington. C'è la cattiveria della cugina Ida che
non può sopportare Edith, c'è un mistero che viene svelato fin dal
titolo. È una costruzione così semplice da apparire ovvia, e viene
da guardarla con affetto, se si pensa che a scriverne è stata la
Alcott. Quando l'ho preso allo stand della Jo March, ne ho appena
chiacchierato con Lorenza, che l'ha definito “ingenuo”. Sono
d'accordo, è una storia di un'ingenuità che difficilmente
perdoneremmo ad autori meno giovani e di cui non conosciamo i
capolavori. Eppure riesce ad essere piacevole, anche se in più punti
fa sorridere per quanto è semplice.
Storie
d'altre storie di Giovanni Arpino – Lindau, 2015
Anche
questo figurava tra gli acquisti obbligati del Salone. Negli ultimi
tempi, forse sotto l'influenza di Once upon a time, o magari pure
OUAT è nata grazie a chissà quale convergenza di idee, sono tornate
in auge le storie sulle storie che già conosciamo. Rielaborazioni,
adattamenti moderni, nuove forme di “e se...?”, che personalmente
adoro. Forse è perché posso baloccarmi nella semplicità di ciò
che mi è già familiare, e che però mi viene proposto in maniera
tanto diversa da divertirmi o sconvolgermi. Ad ogni modo, Storie
d'altre storie dovevo averlo.
L'ho
letto lentamente, un racconto per volta. Il mio preferito rimane
forse il primo, quello su Cappuccetto Rosso che chiede al marito di
procurarle una nuova pelliccia di lupo, che quella originaria è
ormai vecchia e cenciosa. Triste la storia di Lolita, come quella di
Falstaff. Strane quella di Pinocchio e quella di Frankenstein. Non è
il caso che ne parli troppo, perché sono racconti brevi, poche
pagine e si sono già esauriti.
Però
lo consiglio, quello sì. A chiunque adori le storie che parlano di
altre storie.