Adoro la serie di Black Friars, e non riesco a trovare un modo migliore di questa affermazione per introdurre quest'intervista. Virginia de Winter è una di quella autrici di cui ami la prosa e la storia, i personaggi e l'ambientazione, e l'unica sgradevolezza nei suoi libri è la consapevolezza che ti iniettano crudeli sotto pelle che a quelle vette non si arriva in tanti. E lo so, sto ruffianeggiando parecchio, me ne rendo conto. Ma ho adorato i suoi libri a tal punto e così palesemente che sarebbe sciocco trattenersi. Li ho anche recensiti, un sacco di tempo fa. Qui, qui, qui e qui. In realtà solo i primi due post sono "recensioni", ma non voglio cedere alla pignoleria. Aggiungo soltanto queste parole: vampiri, gotico, dark, cristo-che-stile. E aggiungo anche sentitissimi ringraziamenti a Virginia per non essersi sottratta all'intervista, vista la quantità di domande che ho inopportunamente posto.
Come
mai hai scelto di pubblicare sotto pseudonimo? E come mai proprio "Virginia de Winter"?
Mi
piace la mia vita e, arrivato il momento di pubblicare, ho temuto che
qualcosa potesse turbarla – anche solo un'occhiata curiosa da parte
delle persone che conoscevo da sempre. Del resto, nemmeno quando si è
trattato di pubblicare fanfiction ho voluto usare altro che non fosse
il nome di penna “Savannah”. Le domande, anche fatte da quelle
poche persone al corrente, mi mettono in difficoltà e mi
innervosisco. Preferisco continuare come se nulla fosse successo e
scrivere come sempre ho fatto, tranquilla e senza che a nessuno
importasse.
Quali
libri ti hanno formata come scrittrice?
Troppi
per elencarli tutti. Principalmente però la maggiore influenza sul
mio immaginario e sulla mia narrazione l'ha avuta Anne Rice con le
sue Cronache dei Vampiri e con il ciclo delle Streghe di Mayfair, poi
mi vengono in mente i libri di Marion Zimmer Bradley, quelli di J.K.
Rowling; Beppe Fenoglio del quale adoro la prosa (secondo me ha un
uso della lingua italiana di un pregio unico); ho anche cercato di
imparare il ritmo di narrazione di Cassandra Clare (un'altra autrice
che mi piace moltissimo); Stendhal, Libba Bray. Non c'è un ordine,
né un senso preciso. Ogni autore è la summa di quello che ha amato,
credo.
Troppo
piccola per aver formulato il pensiero con lucidità. L'ho fatto e
basta. Avevo un diario come molte bimbe, rosa a fiorellini e con il
lucchetto. Non ci ho mai messo il resoconto di una giornata nè i
miei pensieri, scrivevo storie e, dopo qualche tempo, dal diario si
sono trasferiti su un quaderno e poi su fogli A4 e alla fine su un
computer.
Come
sono nati i tuoi personaggi e che rapporto hai con loro?
Hai
un'idea, a un certo punto li visualizzi e basta, come una persona che
conosci superficialmente e di cui hai solo un'impressione. Ashton
Blackmore di Black Friars l'ho visto per la prima volta sul
cornicione di un palazzo con la Vecchia Capitale ai suoi piedi, una
distesa di notte di luci fioche; Sebastian Fane invece camminava per
strada con un bastone in mano e la consueta aria scostante. Stephen
Eldrige era un bambino troppo geniale per essere tranquillo, Tess
Steeval una fanciulla che sorrideva per nascondere i suoi segreti. Li
amo tutti, mi mancano sempre, non passa un solo giorno senza che
pensi a loro.
Quali
sono le condizioni ideali per scrivere?
Tutte.
Ho scritto in ogni dove: treno, metropolitana, cucina, camera,
studio. Davanti alla televisione che trasmette serie tv a
ripetizione, in cucina o in salone mentre tutti chiacchierano. Il
silenzio mi distrae, non riesco a combinare nulla ma le persone non
devono parlare con me mentre scrivo: quello mi fa impazzire dal
nervoso, ho proprio ondate di collera. L'unica condizione è non
essere davanti a un panorama o all'aperto. Lì mi distraggo e non
riesco a combinare niente.
Ho
sempre pensato che la Vecchia Capitale si ispirasse a Roma, ma forse
mi sbaglio...
La
Vecchia Capitale si ispira a un sacco di posti. Principalmente a
Palermo quando si tratta della Cittadella, di Salimarr e dell'omonimo
borgo e anche di parte della Cittadella che però principalmente è
ispirata a Venezia. Una parte però è sicuramente ispirata alla Roma
dei Papi, specialmente le parti riguardanti il Borgo di Maderian. La
Sedia del Diavolo, per esempio, esiste davvero, si trova nel
quartiere africano.
C'è
qualcosa che vorresti cambiare/correggere nei tuoi libri?
Parecchio,
niente, non tutto. In fondo se non li avessi scritti così non avrei
imparato tante cose. Mi piace il percorso che ho fatto fino al
momento.
Leggendo i tuoi libri non si può fare a meno di notare quanto tu ti diverta a scriverli. Questo ti ha
portato a tagliare/correggere/riscrivere molto, oppure metti il tuo
gradimento prima di tutto?
Scrivo
in unica stesura, correggo le parti di trama che non collimano a mano
a mano che lavoro, ma non riscrivo a meno che qualcuno non mi dica
che c'è da ritoccare qualcosa. Già sono prolissa di mio e quando
riscrivo tendo ad allargarmi ulteriormente. Ultimamente ho imparato a
tagliare ma chi scrive e chi legge non è mai d'accordo su quale
parte sia superflua.
Leggeremo
ancora della Vecchia Capitale, o il mondo di Black Friars è ormai
chiuso?
Come
ti dicevo prima i miei personaggi mi mancano tutti i giorni. Ho
lasciato l'epilogo della Croce aperto appositamente. Quello è un
mondo a cui non sarò mai capace di dire addio.
Non
posso ancora, mi dispiace. Il prossimo libro uscirà con Mondadori e,
non appena ne avrò la possibilità, darò qualche notizia in merito.
Posso dirti che la lavorazione, almeno da parte mia, è a buon punto.
Tolto questo libro, ho in ballo circa mille cose, che vanno dal
romantic suspense al giallo vero e proprio; il mio debole per il
romanzo vittoriano penso sia palese e diciamo che sto dando corso
anche a quello!
Come
inizia e come procede il tuo processo creativo? Inizia tutto da una
scena, da un personaggio, da uno spunto...?
Da
uno spunto. Due informazioni apparentemente scollegate che vagano nei
meandri del mio cervello si legano e la cosa mi pare talmente logica
e sensata che non mi spiego come io abbia potuto non pensarci prima.
Come
ti è andata con gli editori e cosa consiglieresti agli
aspiranti scrittori?
Mi è
andata abbastanza liscia perché un'editor della Fazi mi ha trovata
on line e per anni ho lavorato sempre con lei andandoci
d'accordissimo. Quanto ai consigli sono ancora nella fase di chi ne
cerca e non mi sento nella posizione di darne, fuorché uno che
riguarda anche me stessa: armiamoci di santa pazienza e di una forte
motivazione.
La
critica più assurda che ti sia mai stata fatta?
Le
critiche non sono mai assurde, hanno perfettamente senso per chi le
fa. Però una mi ha fatto ridere di cuore: una ragazza disse che il
cognome Weiss di Eloise era voluto per creare un contrappunto con il
“Black” di Blackmore. Ho impiegato venti minuti a capire. Non ho
voluto deluderla dicendole che il nome e il cognome di Eloise in
realtà derivano dal pattinaggio di figura.
Ci
sono scrittori che vorresti leggessero i tuoi libri?
Va
bene chi li legge già.
Almeno
otto volte su dieci quando ne apro uno. Se poi è di Cassandra Clare
io aggiungo tra me e me: chissenefrega, l'importante è che li scriva
lei così li posso leggere io!
Sii sincera, quali dei tuoi personaggi preferisci? Io adoro Bryce e Stephen oltre
l'umana comprensione.
Stephen
è il mio tesoro, infatti ho demandato a lui il compito per me molto
doloroso di chiudere l'Ordine della Croce. Bryce Vandemberg è il mio
punto di vista nei miei libri, forse quello che per logica mi
somiglia di più; poi c’è Axel Vandemberg, come il Draco Malfoy
delle mie fanfiction è l’interlocutore privilegiato dei miei
momenti cupi.
Mi
consiglieresti un libro?
Penny
Parrish, in America si vive così, di Janet Lambert, attrice che in
seguito si è messa a scrivere libri per ragazzi e che ha prodotto
una lunghissima serie di volumi dedicati a questa saga e a quelle
“collaterali” alla famiglia Parrish. E' la storia di un'America a
cavallo della Seconda Guerra Mondiale, simile alle vecchie commedie
che di tanto in tanto passano in televisione. E' difficile da trovare
ma qualche biblioteca dovrebbe ancora averlo.
Domanda
un po' Marzulliana ma che ho molto cara: da dove credi che vengano le
storie?
Sono
archetipi. Preesistono a tutte le maniere di esprimerle, si scoprono
e riscoprono ogni giorno, ognuno ne fornisce la sua versione; poi si
dimenticano e si ricomincia da capo.
Concludo ringraziando di nuovo Virginia per la disponibilità. I miei più sentiti auguri per ogni cosa bella, mentre attendo speranzosa nuovi libri