Sbagliatissimo,
quasi criminale da parte mia scrivere suddetto post quando dovrei
lavorare alla tesi. Adoro la mia tesi, le ho anche trovato il giusto
titolo, “Sherlock Holmes e Jane Austen – I classici nella cultura
digitale”. Ditemi se non è stupendo, me lo farei incorniciare
sopra il letto. Magari non dovrei scegliere i colori in cui lo farò
stampare in base alle case di Hogwarts, però il titolo è
fantastico.
Emma
di Nancy Butler e Janet Lee – traduzione di Nadia Terranova –
Marvel, 2013
Questo
fumetto mi è giunto come un inaspettato e meraviglioso regalo di
Natale. La Marvel ha pubblicato la versione graphic novel di buona
parte dei romanzi di Jane Austen, e mi aspetto che concluda presto la
sestina. A giudicare dalle immagini che trovo su google, mancano
ancora soltanto Mansfield Park e Persuasione.
Ho
deciso di limitarmi a una chiacchierata breve su questo titolo
perché... diciamocelo, sto esagerando nel parlare di Jane Austen.
Zia Jane di qui, zia Jane di là, zia Jane ha detto questo e
quell'altro, andrà a finire che non parlerò più di nient'altro.
Quindi per questa volta ingoio la mia ossessione e cerco di
limitarmi. Inoltre non è che la trama cambi dal libro al fumetto, su
quella non c'è nulla da aggiungere, la Butler è stata fedelissima.
Interessante,
però, che nel fumetto si punti maggiormente l'attenzione sul lato
snob e calcolatore di Emma. È la mia eroina austeniana preferita,
proprio perché parte da uno stato di assoluta imperfezione. L'ho
sempre guardata con divertimento e indulgenza, anche perché si
rimprovera severamente ogni errore e tutta la sofferenza che provoca.
In questo fumetto, però, Emma appare decisamente più scaltra e
consapevole, mentre coinvolge Harriet Smith nelle proprie trame e
spettegola con Frank Churchill. Sarà che si vedono la sua
espressione e i suoi gesti, la sua postura... però riesce a dare di sé
un'idea peggiore di quella che dà sulle pagine del romanzo.
Sui
disegni non so bene come pormi. La colorazione ad acquarello è
davvero bella, ma i personaggi sono disegnati a volte benissimo e a
volte tratteggiati “naif”, senza alcuna attenzione alla
proporzioni. Non sono certa di aver gradito questa scelta.
In
ogni caso... beh, è un fumetto tratto da Emma. Non può non essere
meraviglioso.
Un
altro mondo di Jo Walton – traduzione di Benedetta Tavani –
Gargoyle, 2013
Posso
iniziare col dire che non capisco il senso della copertina?
Ci
sarebbe un sacco da dire su questo libro, abbastanza da riempire ben
più di una recensione “standard”. Purtroppo questo equivarrebbe
con lo spoiler selvaggio, perché ci sarebbe da discutere moltissimo
del finale, della figura antagonista, del punto di vista e su quanto
ci si possa fidare. E poiché io odio lo spoiler, mi limito a queste
poche righe.
Questo
libro è il diario di Morwenna (Mor o Mori), una ragazza di quindici
anni che viene spedita in collegio dalle zie e dal padre appena
conosciuto, dopo essere scappata dalla madre. Mori aveva una gemella
che è morta da poco, nello stesso “incidente” che ha provocato
la dolorosa zoppia di Mori. Tra l'altro – e qui esco dal libro –
è stato bizzarro leggerlo in un tot di giorni in cui io stessa,
avendo messo male un piede, mi ero azzoppata. Non è una mirabile
coincidenza? Forse era il libro che mi chiamava. Forse.
Tornando
a Un altro mondo, nel suo diario Mori parla del rapporto con le
compagne di scuola, racconta moltissimo delle sue letture da accanita
appassionata di fantascienza, parla delle fate che vedeva con la
sorella, della famiglia... è un diario, dopotutto, un po' va in
retrospettiva e un po' parla delle sue giornate volta per volta.
Ora,
a me questo libro è piaciuto moltissimo, l'ho letto con assoluto
piacere. Eppure in un certo senso mi è sembrato incompleto. Un po'
perché l'antagonista, la madre di Mori, non si vede mai davvero,
nemmeno nei ricordi. Ne spilucca una descrizione qua e là, ma nulla
di più. Dice che è malvagia, una strega cattiva che voleva fare
cose cattive, ma non ci racconta mai dei suoi atti. I miei dubbi
vengono poi dal fatto che, essendo un diario, è impossibile dire se
Mori veda le fate e sia in grado di fare magie, perché tutto è
mediato dal suo punto di vista. Mori potrebbe raccontare una storia,
o quello che vorrebbe succedesse, o potrebbe avere delle
allucinazioni. Perché no? Dopotutto è una soluzione molto più
logica di “Mori vede le fate”.
Vorrei
parlare del finale, che proprio non ho capito, ma è contrario alla
mia morale, quindi niente.
Lo
consiglio? Non lo so. A un sacco di lettori non è piaciuto, e ha
lasciato perplessa anche me, che dopotutto l'ho gradito. Fate vobis.