Metto
subito le mani avanti col dire che non sono né un'esperta né
un'appassionata di cinema. Conosco decentemente giusto quei pochi registi che
adoro, per il resto buona parte delle mie conoscenze vengono non da uno studio
personale, ma da un paio di esami belli tosti sul cinema, dalla sua
nascita al suo linguaggio. Volevo specificarlo prima di entrare nel vivo del post che, ecco, magari lo conosco quel pochino per permettermi
di aprire bocca, ma non abbastanza per chiacchierarne con chi ne
capisce davvero, se non limitandomi ad ascoltare. Col cinema non ho
lo stesso rapporto che ho coi libri. Coi libri sono
in perfetta simbiosi, col cinema ho un rapporto di rispettosa
amicizia.
Però,
se non posso dire di capirne di cinema, mi sento di affermare che mi intendo di narrazione, che essendo parte integrante dei libri, mi
compete. E poiché sento di poterne parlare senza (necessariamente) mettere in fila
un'imbarazzante sequela di strafalcioni, mi permetto per la prima, e
probabilmente ultima volta, di parlare di film.
Questo
post fa simmetricamente coppia con quello precedente, Italia sì.
Che se l'Italia è patria di un rispettabilissimo numero di autori
eccelsi, lo stesso non si può dire per la produzione
cinematografica. Anzi.
Inizio
col dire che per me film quali La grande bellezza soffrono dello stesso male che affligge le commedie con De Luigi e i cinepanettoni,
la web-serie di Lori del Santo e, insomma, una fetta enorme della
produzione cinematografica odierna. Il problema comune, per me, è la
sceneggiatura. E non trattandosi di un problema derivante dalla
mancanza di fondi ma da una sostanziale carenza di competenze, mi
irrita e disgusta oltre misura.
Capita
che escano film basati su idee davvero carine e interessanti, ai quali mi sento di
dare una possibilità ogni tanto. Mia madre apprezza le commedie
nostrane, e gigioneggiare per la sua collezione di film non mi costa
nulla.
Ho provato, ad esempio, La mossa del pinguino, in cui un
piccolo gruppo di inservienti si candida per le olimpiadi di curling,
disciplina non dissimile dal lavorare di scopettone. Idea carina, no?
Semplice ma simpatica.
Ho provato Smetto quando voglio, un “Breaking
Bad” di noialtri, in cui alcuni ricercatori e professori decidono
di sfruttare le proprie conoscenze scientifiche e antropologiche per
darsi alla produzione e allo spaccio di droga. Molto autoctono, ma
carino.
Infine, pochi giorni fa, dopo averne sentito parlare così
entusiasticamente, ho guardato piena di aspettativa La mafia uccide
solo d'estate, il film di Pif. E... beh.
Alla
fine siamo sempre lì, impantanati sullo stesso punto dolente. La
sceneggiatura. Il concatenarsi delle scene, che vengono saldate l'una
all'altra col mastice, come se il regista stesse cercando di andare
dal punto A al punto B senza neanche cercare di nascondere il
percorso sotterraneo della trama. Personaggi-macchietta se va bene,
più spesso personaggi nulli, le cui motivazioni sono inconsistenti,
anche perché non sono mai mediate dalla caratterizzazione degli
attori, ma da quello che serve alla trama per andare avanti.
L'aspetto
più squallido sono immancabilmente le donne comprimarie, il cui
ruolo salta da interessata incantatrice a castrante rompiscatole. E
questo vale per tutti i pochissimi film che ho citato, con
un'esattezza impressionante. Non ho guardato abbastanza di La mossa
del pinguino, perché è stato il primo dialogo del
protagonista-senza-personalità con la moglie-fidanzata-castrante a
farmi interrompere la visione, a pochi minuti dall'inizio. In Smetto
quando voglio la moglie non ha altra funzione che gettare addosso al
protagonista-senza-personalità tutte le sue frustrazioni quando le
cose vanno male e riempirlo di complimenti quando comincia a portare
a casa i soldi. In La mafia uccide solo d'estate il
protagonista-senza-personalità è cotto fin dalle elementari di una
bambina – e poi donna – che non esiste, che non ha alcun senso.
Sorride, ringrazia per un regalo, e poi lo schifa. Dialoghi 'sì
inconsistenti che forse sarebbe stato meglio avessero interagito a
mimica.
Il
cinema italiano* è forzato, senza passione, pressappochista, povero.
Le scene che vengono male non vengono ripetute – non pretendo il
perfezionismo di Kubrick, ma almeno quando gli attori si mangiano le
parole o si sbagliano i tempi comici... - e i personaggi raramente possono vantare un carattere ben
definito che non sia il riflesso dei loro attori quando si tratta di
personaggi televisivi di una certa fama, i dialoghi sono quasi sempre
un'improbabile accozzaglia di cliché e modi di dire.
Quello
che mi fa rabbia è che la pochezza della sceneggiatura, della sua
scrittura e pianificazione, va a rovinare quelle che erano tutto sommato delle
belle idee, come quelle su cui si basano i pochi titoli di cui ho parlato.
E posso capire i problemi di budget e di risorse, i contrattempi e la
sfortuna. Ma qui non si tratta di sponsor o effetti speciali. I soldi
spesi per mettere insieme la sceneggiatura sono quelli, e il fatto
che ne esca quasi sempre una pessima... beh, è triste.
E
questo, per quel poco che capisco, lo vedo perfino io.
*ovviamente
parlo delle produzioni un po' più famose, non del cinema
indipendente che non conosco, e cui sarei lieta se voleste
indirizzarmi con qualche titolo o regista.