- Ottieni link
- X
- Altre app
- Ottieni link
- X
- Altre app
E
comunque, in tempi relativamente più recenti non ho mancato di leggere altro di Hornby. Alta fedeltà , Come diventare buoni, Non buttiamoci giù. È
uno di quegli autori da cui difficilmente mi aspetto una delusione, e
che non riesco a capire perché non raccolgano più consensi.
Dunque,
Funny Girl, tradotto da Silvia Piraccini e pubblicato
da Guanda un paio di
mesi fa. Ha iniziato a piacermi da subito, fin dalle prime pagine.
Per il tono leggero con cui veniva raccontata la storia, per la
protagonista che, lo ammetto, non sono riuscita a inquadrare del
tutto, ma di cui comunque mi è piaciuto leggere le vicissitudini.
Per l'ambientazione londinese, per il contesto in cui si destreggiano
licenziosità e timore per lo scandalo. Gli anni Sessanta a Londra, il periodo della transizione.
Barbara
ha appena rifiutato il ruolo di Miss della sua città perché non
vuole rimanervi incatenata. Ha sempre sognato di fuggire a Londra ed
entrare nel mondo dello spettacolo per fare ridere le persone, anche
se somiglia più a una pin-up che a una comica. E una volta giunta a
Londra, dopo qualche mese da commessa nel reparto calzature di un
grande magazzino, viene scoperta da un agente ben deciso a ricoprirla
d'oro.
Ora,
da qui in poi la macchina della trama è più che in moto. Barbara
cambia nome senza riuscirci del tutto. Fa conoscenza di due
sceneggiatori, Bill Gardiner e Tony Holmes, omosessuali in incognito,
che dapprima, tra ironie e frecciatine, un po' si confondono l'un
l'altro, ma che poi diventano i personaggi forse più caratterizzati
del libro. E poi conosce Dennis, produttore della BBC, col suo
matrimonio incrinato, oggetto degli scherzi di Tony e Bill. E poi
conosce Clive Richardson, attore belloccio e vacuo. Si ritrovano al
centro di una produzione importante che li catapulta nel mondo della
BBC e li lancia nei televisori di mezza Inghilterra.
E
non è che posso stare a dire tanto, temo di aver detto fin troppo.
Funny Girl inizia come la storia di Barbara, e poi diventa la storia
di tutti coloro che le si sono affiancati durante la serie televisiva
di cui è stata protagonista.
Dicevo,
io Hornby lo leggo da tanto tempo. Abbastanza da poter dire che
questo libro è diverso dagli altri. Qui Hornby ha un tono più
calmo, leggero, meno cinico e ingrugnato. Più tè che birra, ecco.
Mi ha ricordato molto Coe, soprattutto per una coincidenza che ho
trovato piuttosto bislacca e che dopotutto, pur non disprezzandola,
proprio non ho saputo farmi andare giù di questo libro.

Ma
nonostante questa scelta che un po' mi stride, il libro rimane
bellissimo, frivolo e divertente, con picchi di intensità che
raramente riguardano Barbara. E lo consiglio un sacco, un sacco
davvero.
(Forse
dovrei accennare al fatto che i personaggi, così come la serie di
cui parla, sono realmente esistiti. Ma non sapendone abbastanza, e
non trovando l'aspetto poi così rilevante ai fini della lettura, mi
limito a questa postilla.)