Questo
libro è stato un regalo di compleanno liberamente scelto da me
medesima. Cioè, un bel giorno mi sono vista recapitare un
graditissimo e inaspettato buono della Feltrinelli e, beh, un paio di
giorni dopo stavo vagando in quella della mia zona alla ricerca del
libro che più mi avrebbe resa lieta. È stato un lungo, doloroso
parto, e ho sfrantumato di messaggi apocalittici colei che tanto
graziosamente m'aveva inviato il dono. Ero ormai tachicardica, quando
ho deciso per La lista di Lisette di Susan Vreeland. È stata una
scelta ardua, perché concorrevano Wu Ming, David Nicholls, Anne
Rice, Elena Ferrante... ma alla fine, BAM!, presa la decisione. E non
mi è dato di dire 'è stata la scelta più giusta', perché credo
che ognuna delle scelte sarebbe stata più che 'giusta'. Ma dopo aver divorato
il libro, posso ben guardarla con favore.
Adoro
Susan Vreeland da quando, alle superiori, un'amica mi ha prestato La
passione di Artemisia. Ho letto quasi tutto quello che ha
pubblicato, anche se ho chiacchierato solo di Una ragazza da
Tiffany qui. Nei suoi libri l'arte ha sempre un ruolo primario,
importantissimo per le sue protagoniste. E una delle cose
che più amo nei suoi libri è che i suoi personaggi, pur essendo
spesso persone realmente esistite, e nonostante l'incredibile
ricostruzione storica, sono effettivamente 'personaggi'. Non figurine
di carta ritagliate dalla storia che si muovono impacciate e senza
vita in un racconto. Personaggi vivi, vividi.
E
dunque, La lista di Lisette, pubblicato poche settimane fa da
Neri Pozza e tradotto da Simona Fefè, è il primo
romanzo della Vreeland in cui la vicenda sia inventata, così come i
suoi personaggi principali. Il villaggio che ospita buona parte delle
vicende, Roussillon, esiste realmente, così come quasi tutte le
opere d'arte di cui parla. Ma, come chiarificherà in una postilla,
la trama è tutta sua.
Lisette
è narratrice e protagonista. Ha sempre vissuto a Parigi, orfana,
allevata in un convento di suore dove Suor Marie Pierre le ha
insegnato non solo a vedere, ma a osservare. Lisette e Andrè si sono
sposati giovanissimi, alla fine degli anni '30, e si stanno godendo
l'allegra vita parigina – i caffè, le mostre degli artisti, il
cabaret, tutto quanto Parigi ha da offrire – quando Andrè riceve
la lettera del nonno Pascal, che gli chiede di tornare a casa, a
Roussillon, ad accudirlo negli ultimi giorni di vita. È qui che ha
inizio la storia, con Lisette e André che aspettano l'autobus che li
avrebbe portati in quel villaggio sperduto che è Roussillon. E al
loro arrivo scoprono che Pascal non è messo poi tanto male, visto
che sta giocando a bocce coi suoi amici. Ma finiscono per rimanere
lì, nonostante Lisette senta orribilmente la mancanza della sua
Parigi. Pascal, tra l'altro, è stato un fierissimo falegname e ha
costruito le cornici per moltissimi artisti, tra cui Pissarro e
Cèzanne. E le racconta dei suoi incontri con quegli artisti, mentre
osservano insieme i sette quadri della sua collezione. Quadri
preziosissimi, che lui tiene in gran conto anche per il legame che
hanno con Roussillon.
E
poi accade... beh, tutto il resto. Le vicende narrate nel libro si
distendono per un arco di tempo piuttosto lungo, e si concludono
soltanto nel '48, per un totale di undici anni. Sappiamo tutti quello
che accade alla Francia – all'Europa, al mondo – in quegli anni.
In
questo romanzo c'è Lisette con la sua lista dei desideri e dei
propositi, c'è l'arte del secolo scorso nel suo momento più
florido, c'è un po' di Marc Chagall, c'è Roussillon con le sue cave
d'ocra e i suoi abitanti, c'è l'occupazione.
È
un libro che non posso non consigliare violentemente. È la Vreeland.
Punto.