Ebbene
sì, una nuova ''richiestissima'' puntata di Scribacchiolando, a un
solo post di distanza dall'ultima. E dire che non è che mi manchino
i libri di cui parlare, eh. Tra parentesi, sto leggendo
contemporaneamente La piccola Fadette di George Sand e
Il diavolo ai giardini Cavour di Massimo Tallone e li
sto gradendo assai entrambi, seppure per motivi diametralmente
opposti.
Ad
ogni modo, dicevo, Al plagio!
Non
so bene come iniziare a chiacchierare di questo argomento, pur così
semplice a spiegarsi. Con quello che si intende comunemente per
plagio? Dal disprezzo che fin dalle elementari si nutre verso chi
riprende qualcosa da un altro per farlo proprio? O da quello che
penso io del cosiddetto plagio, e di un termine che temo si sia
allargato troppo, arrivando a comprendere quelli che, secondo me,
sono normali influenze letterarie e culturali?
Ecco,
sì, partiamo da lì.
Riconosco
come plagio la ripresa non adeguatamente adattata e fatta propria di
un elemento creato da altri che non è ancora entrato a far parte del
nostro sub-strato culturale.
Non
costituirebbe un plagio, secondo me, la riscrittura dell'Odissea in chiave più
moderna, con eventuale indagine psicologica dei personaggi e delle
loro azioni. Non chiamerei plagio neanche una scuola di magia, o un
circo maledetto, o i cari vecchi zombie così come li ha pensati
Romero, la cui versione ha soppiantato tutte le altre. Non chiamo
plagio – e potrei perfino trovarmi in minoranza – nemmeno Hunger
Games, in cui Suzanne Collins riprende il concetto di
ragazzi costretti a uccidersi tra loro centrale in Battle Royale.
Non lo chiamo plagio perché la questione di 'gente chiusa in
un'arena e costretta a massacrarsi' non è poi così estranea al
nostro bagaglio culturale, ed è stata più che sviscerata, adattata
e ampliata, diventando perfino marginale nel corso della serie. Non
nego l'influenza, certo, ma neanche nego l'influenza di Stoker
sulle Cronache dei Vampiri di Anne
Rice, o di qualsiasi romanzo fantasy scritto post-Tolkien.
E
dunque credo sia normale subire l'influenza di certi elementi
narrativi, ma non si tratta soltanto di questo.
Il fantasma del
Plagio Involontario sbeffeggia dall'alto della tastiera chiunque
intenda scrivere qualcosa, perché dopotutto siamo tutti immersi nello stesso bagaglio culturale.
E
non mi era mai capitato prima, ma ultimamente mi è successo già 3
volte di ritrovare dove non me l'aspettavo elementi che stazionano
stabilmente nelle mie storie. Un brevissimo elenco.
- Le porte dimensionali. Così come le intendo io, le ho trovate in Quando il diavolo ti accarezza di Luca Tarenzi e in Shadow Hunters di Cassandra Clare. Ipotizzo ben due fonti primarie di ispirazione: Nessundove di Neil Gaiman e il mio film preferito, Labyrinth di Jim Henson.
- L'Apocalisse. Avevo appena iniziato a scrivere Survival Game, quando ho visto il film di Seth Rogen, Facciamola finita (o, in originale, This is the end). Mi sembrava un'idea così ganza e originale che pensavo l'avrei rivelata in tutta la sua baldanza in un punto già avanzato della storia. Poi ho scoperto che non solo io e Rogen abbiamo avuto la stessa idea, ma che quest'idea è identica perfino nel 'come'. Che diavolo, Seth. Ipotizzo l'influenza comune della caterva di libri e film sull'Apocalisse Zombie usciti negli ultimi decenni.
- Azazel e Dantalian. Sono due dei 72 Spiriti Salomonici, o Demoni Superiori o che dir si voglia. Da decenni ho un file sul computer cui ricorro piuttosto spesso, che me li elenca con tutte le loro caratteristiche. Gli esseri infernali mi hanno sempre affascinata, e Azazel e Dantalian sono due degli Spiriti che ho estrapolato e reso personaggi. E, davvero non mi spiego come sia possibile... sono anche i più inflazionati. Azazel è presente anche in Quando il diavolo ti accarezza di Tarenzi (AGAIN) e la cosa più assurda è che è presente in modo estremamente simile. Ma tanto. Al punto che dovrò modificarne la storia fin dalle radici.Non saprei spiegare perché io, come molti altri, ho scelto di utilizzare sia Dantalian che Azazel. Dopotutto ce ne sono altri 70 tra cui scegliere. Tant'è.
E
questi sono i miei plagi involontari più evidenti e fastidiosi.
Probabile che ce ne siano altri di cui non mi sono ancora resa conto,
ma mi andava di elencarli un po' per lamentarmene, e un po' per
arrivare alla seguente conclusione.
Non
esiste una storia che si possa dire totalmente originale, perché le
storie che scriviamo sono l'insieme delle storie che abbiamo letto e
amato, che ci sono entrate in testa e che abbiamo incanalato in nuova
linfa narrativa. Come se attraverso un lungo processo di
purificazione avessimo spurgato quelle idee dalla presenza dei loro
creatori primigeni e le avessimo rese nostre, anche se a volte è
inevitabile che qualcosa della vecchia versione rimanga attaccato a
quella nuova.
Con
questo non voglio dire che il plagio non esista, volontario o
involontario. A volte ci salta in testa un'idea così perfetta e
meravigliosa che ci illudiamo di averla pensata noi, quando invece
abbiamo solo dimenticato dove e quando l'abbiamo presa. E quando è
ovvio che abbiamo preso qualcosa da un altro creatore senza
modificarla attraverso il suddetto processo di purificazione e
spurgo... ecco, quello è un po' Il Male.
Ma
non è neanche il caso di dannarsi l'anima perché ''Oh, no, il mio x
è troppo simile all'y di un altro, devo riscrivere tutto daccapo!''.
A un certo punto bisogna arrendersi all'evidenza di un'influenza
narrativa e culturale troppo simile e continuare a scrivere quello
che si stava scrivendo. Sennò arriveremo al punto che giammai più vampiri dopo Stoker, elfi
dopo Tolkien, scuole di magia dopo Harry Potter, storie d'amore
tormentate dopo Cime Tempestose, indagini dopo Agatha Christie,
draghi dopo i dinosauri.
(Che
poi, se davvero sono rimasti degli elementi totalmente originali e
mai usati da nessuno, magari un perché ci sarà.)