Che
diamine, io non dovrei stare a scrivere post, adesso. Dovrei
studiare. Ho ancora da ripassare un intero libro sulla guerra
d'Algeria, e poi un altro – pesantissimo – su tutto il '900 e...
beh, mi scoccia stare tutto questo tempo senza postare nulla. Ma quel
poco che dirò, lo dirò in fretta, quindi vi chiederei di perdonare
'eventuali' errori. Capitemi. Sono un fascio di nervi e caffè.
Il
sabotatore di campane di Paolo Pasi – Edizioni Spartaco, 2013
Lo
avevo in lista già da un anno, quando finalmente, pochi mesi fa,
l'ho preso al Salone del Libro. L'aveva tanto consigliato l'Elisa
Rampante e... boh, la storia è effettivamente ganza. Ganza forte.
C'è questo anziano anarchico di nome Gaetano che, in memoria di una
strage nazista dalla cui ferocia si era salvato solo il prete, perché
potesse suonare le campane per i tedeschi che erano stati 'vendicati'
in quel massacro, viaggia di paese in paese e zittisce le campane.
Certo, ripensa a un'epoca ormai lontana, quando gli orologi erano
ancora un lusso e il tempo delle persone comuni era scandito da quei
metallici rintocchi. Però continua a farlo, a sgusciare mezzo
sciancato nelle canoniche e prendersi una mesta rivincita sulla
memoria. Solo che, nella chiesa di Roccapelata, c'è il prete ad
attenderlo. Segue una breve colluttazione e il prete cade
accidentalmente dalle scale. Gaetano, sconvolto da quanto è appena
accaduto, va subito in questura ad autodenunciarsi.
E
non gli credono. Si rifiutano di credergli, dal questore al sindaco.
Roccapelata è un paese minuscolo, sconosciuto, vecchio, a un passo
dalla scomparsa. Affamato di storie, di paparazzi, notorietà. Meglio
pensare che si tratti di un complotto, meglio rovistare nel passato
del prete, piuttosto che ammettere l'insultante semplicità di un
incidente.
Parallelamente,
la narrazione si concentra anche sul passato di Gaetano, sulla sua
storia di anarchico, sui suoi viaggi, sui suoi compagni di tanti anni
prima. Sugli orologi, sui piccoli paesi, sulle comuni.
Mi
è piaciuto moltissimo questo libro, anche se non posso non fare
cenno a quello che, secondo il mio modesto parere, è un problema.
Ovvero il fatto che i personaggi sono come raggruppati dietro facili
maschere e non adeguatamente approfonditi. I cittadini di Roccapelata
sono viscidi assetati di fama, oppure stolti assetati di fama.
Gaetano è un anarchico, pacifico, illuso, indebolito. Si è narrato
molto della sua vita, eppure sento di non averlo conosciuto
abbastanza.
Ma
la storia è ganza abbastanza da far meritare al libro un sentito
'decisamente sì, lo consiglio'.
Il
destino attende a Canyon Apache di Laura Costantini e Loredana
Falcone – Las Vegas Edizioni, 2012
Non
ho mai letto un western. E non amo neanche i film western. Non so
perché, non mi fanno impazzire. È un'ambientazione arida,
polverosa, dura. Acciaio e sudore, nessuno spazio per la debolezza.
Vite coriacee.
Eppure,
non so perché, avevo davvero voglia di leggerlo, questo libro.
E
mi è volato. Non è corto, ed ero anche in periodo di
'studio-supremo', eppure mi è volato.
La
storia è relativamente semplice e, credo, piuttosto classica, per
quanto riguarda gli western. È il 1870, gli insediamenti
'ammerigani' nel West respingono sempre con maggiore ferocia i nativi
verso altre terre. Per contro, le incursioni dei nativi contro le
diligenze non sono tra le più pacifiche. Kerry è l'unica superstite
di una famiglia di ex-schiavisti decaduta. Deve andare in sposa al
tenente Lowie, una vecchia conoscenza d'infanzia, ma durante il
viaggio la diligenza viene attaccata e lei viene condotta dal capo
del villaggio Apache, Cervo Nero, come dono. Kerry rischia grosso, ma
Shenandoah, figlia di Cervo Nero, decide di aiutarla.
Poi
c'è Coda che suona, o meglio, David Cassidy, un 'agente indiano',
ovvero una specie di diplomatico federale incaricato di gestire la
convivenza tra nativi e americani bianchi.
E
Shenandoah, ovviamente, figlia di Cervo Nero e di una donna bianca,
morta dandola alla luce.
E
Daniel 'Occhi di ghiaccio' Pinkerton, feroce assassino di indiani.
La
storia segue le vicende di questi personaggi, che si incontrano, si
separano, si rincorrono e si incrociano di nuovo. Lo sfondo è quello
di una concessione terriera che deve essere tassativamente liberata
dalla presenza degli indiani. Pinkerton è incaricato di ucciderli
tutti, uno per uno, Cassidy di impedirglielo. Anche perché è
considerato amico dagli indiani, e a sua volta li rispetta.
Shenandoah cerca una risposta sul legame tra suo padre e la madre
defunta, Kerry si lascia trasportare, in realtà vorrebbe soltanto
vivere in pace.
Mi
è piaciuto un sacco, questo libro, anche se una rimostranza ce l'ho.
Non so dire quali siano le consuetudini di genere, se si tratti di
una scelta classica o meno, però ho trovato la trattazione della
faccenda indiana troppo semplice. Non tutte le comunità dei nativi
erano pacifiche e rispettavano le donne, e ho l'impressione che
talvolta si sia sorvolato su effettive efferatezze. Diciamo che non
ho apprezzato la dicotomizzazione priva di sfumature.
E
ho apprezzato ancora meno le storie d'amore, in particolare la
seconda, la più improbabile. Ci sono crimini che niente può
emendare, e non posso credere a un così repentino cambiamento, né
che un'infanzia travagliata possa giustificare certi atti.
Ma,
a parte questo, la lettura è filata, è scritto bene, non annoia. Di
certo, appassiona.
Quindi
sì, yes, lo consiglio.
Ed
ora tornerò a sudare sul testo di storia contemporanea.
Tra
l'altro non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe il mondo
adesso, se gli USA si fossero fatti un cicinino i cacchi loro nel
corso del '900. Spuntano come funghi dietro ogni golpe.