Ma
chi voglio ingannare? La mia capacità di scrivere recensioni è
almeno a una tazza di caffè di distanza.
*sacro
attimo del caffè*
Dunque,
Come finisce il libro
di Alessandro Gazoia,
anche noto come Jumpinshark,
edito da Minimum Fax
il mese scorso.
Non
ho ben chiaro come iniziare a parlare di questo libro. Dico, prima di
tutto, che è stata una lettura bizzarramente appassionante,
trattandosi di saggistica. Sarà che l'argomento mi appassiona, sarà
che è stato interessante trovare connesso da un robusto filo logico
il contenuto di una consistente quantità di articoli letti negli
ultimi anni, sarà stata la totale mancanza di supponenza con cui
l'autore ha offerto il suo parere, ma l'ho divorato nel giro di due
giorni.
Sarà
anche che è raro trovare un libro sull'impatto dell'editoria
digitale scritto da (almeno, questa è l'impressione che ne ho avuto) un cartofilo – come me, c'è poco da fare –
che non accompagni le proprie tesi con retrograde ampollosità,
terrorismi editoriali e una certa dose di snobismo. Uno degli aspetti
che ho preferito di questo libro è che non offre risposte che non
può dare. Espone dei fatti, li critica, commenta, offre le proprie
tesi e si pone ulteriori domande. Ma non ha risposte in tasca. Non le
ha nessuno, perché l'editoria digitale è troppo recente, così come
il self-publishing. Non possiamo lanciare giudizi lapidari su un
mondo che ancora deve prendere forma, ci mancano gli elementi per
farlo. Possiamo certo osservare e commentare quello che vediamo, ma
ogni pronostico dovrebbe essere accompagnato da un 'chissà', a
prescindere da quello che ognuno si auspica.
'Come
finisce il libro' è diviso in tre macro-argomenti, 'pubblicare',
'digitale' e 'miti/social'. Si parla del self-publishing,
dell'editoria a pagamento, di Franzen, si cita Il pendolo di Foucalt
che Eco ha scritto negli anni '80 – e che ora voglio assolutamente
leggere – in cui già si parla dell'ignobile fuffa dell'eap. Si
parla anche della lettera che un pluri-rifiutato aspirante scrittore
ha mandato a Eco, e della sua risposta (ve la linko qui).
Si parla anche del caso dei dino-porn (l'argomento fa scompisciare,
quindi vi linko qui
un post dedicato alla rimarchevole questione) e di pirateria, della
miserevole condizione della cultura in Italia. Non sapevo, e la cosa
mi ha fatto veramente orrore, che nel 2013 l'OPAC – l'archivio
bibliotecario nazionale – avesse rischiato di chiudere per mancanza di
fondi. Non sapevo nemmeno che nel 50% delle
biblioteche nostrane i prestiti mensili non superano le 100 unità, nè della pochezza dell'offerta. Cioè,
sapevo che eravamo messi male, ma non così tanto.
Si
parla anche, e soprattutto, di Amazon, della ferocia con cui ingloba
il mercato e la concorrenza, del cappio attorno al collo degli
editori e degli autori auto-pubblicati che scelgono Kindle Direct
Publishing come piattaforma. Di come la convenienza e la coccola al
cliente vengano dallo sfruttamento dei lavoratori, dai ricatti alle
case editrici, di quanto sia assurdo non comprare un ebook ma
soltanto la licenza d'uso.
Compaiono
anche Alberto Forni e
Tiziano Scarpa, in
questo libro. Del primo ho recensito Tutto quello che devi sapere per pubblicare (e vendere) il tuo libro digitale.
Del secondo non è che sapessi molto, ma vista la supponenza con cui
si è messo a ciarlare di un fenomeno (quello dei blogger) di cui
evidentemente non ha capito nulla, dubito di volerne sentire parlare
ancora.*
C'è
una cosa sulla quale però vorrei cordialmente dire la mia. In questo
volume e in diversi interventi che vi compaiono, si parla dei lettori
di genere come fossero intesi con forte settorialità. Si arriva
perfino a ipotizzare una crisi del romanzo non di genere. Tuttavia, i
gusti del lettori non sono così chiusi. Io posso pure avere una
predilezione per il fantastico e per il romanzo vittoriano, ma se ho
voglia di Franzen, ho voglia di Franzen. Non c'è motivo di privarsi
di Roth, Auslander, Potok, Stassi o che altro. Tra un Gaiman e un
Pratchett, ogni tanto bisogna pure infilare un Kureishi.
Dopodiché
si torna a parlare del diritto d'autore, di user generated content
(qui non è chiamato con questo nome, ma questa è la definizione che
ho trovato altrove) ovvero dei lavori dedicati dai fan a un certo
prodotto culturale (fanfiction, fanart, fanvideo etc), di archivi, di
Anne Rice e George R. R. Martin che le fanfiction non le possono
soffrire e di Gaiman, Pratchett e Rowling che al contrario le
incoraggiano.
Si
parla anche del fandom e della sua importanza per il successo di una
serie. E lo ammetto, quella parte mi ha fatto ridere. È strano
prendere in libreria un saggio serio e trovarci la rule34, il
'Wincest' – di cui perfino io ignoravo l'esistenza – e
riferimenti alla prima fanfiction su Kirk e Spock, pubblicata su
fanzine negli anni '80. C'è anche un sacco di Sherlock (BBC) e si
parla molto della prima puntata della terza serie, in cui i creatori
strizzano palesemente l'occhio al fandom, con scene che riprendono le
ipotesi degli stessi appassionati che si erano lungamente interrogati
su una certa questione. Si parla di adattamenti, di cause legali, di
disintermediazione, di... beh, di un sacco di argomenti.
La
chiudo qui, è inutile che io stia a stilare la lista dei punti che
Gazoia tocca in questo testo.
Lo
consiglio moltissimo, sia perché è davvero
attuale
e risparmia il lettore dalle classiche visioni apocalittiche dei
cartofili, sia perché è scritto con leggerezza e scorre
velocemente. Gazoia ne sa a pacchi, punto. E questo è un ottimo
saggio sia per chi vuole iniziare a capirci qualcosa, sia per gli
appassionati, perché c'è davvero tanta
roba.
*Ve', mi capita piuttosto spesso di lapidare giudizi senza assumermi l'onere di andare a rileggere ciò di cui parlo, in questo caso l'articolo di Scarpa che viene citato da Gazoia. Seppure io continui a trovarmi in disaccordo con le sue conclusioni, letto per intero ha tutto un altro impatto (e soprattutto la situazione di cui parla era diversa da quella odierna), quindi ve lo linko qui.
Ultimamente sono tornata a polemicheggiare eccessivamente. Diamine.
*Ve', mi capita piuttosto spesso di lapidare giudizi senza assumermi l'onere di andare a rileggere ciò di cui parlo, in questo caso l'articolo di Scarpa che viene citato da Gazoia. Seppure io continui a trovarmi in disaccordo con le sue conclusioni, letto per intero ha tutto un altro impatto (e soprattutto la situazione di cui parla era diversa da quella odierna), quindi ve lo linko qui.
Ultimamente sono tornata a polemicheggiare eccessivamente. Diamine.