Ordunque,
Caro scrittore in erba di Gianluca Mercadante, edito da
Las Vegas nel 2013. Se ne era parlato tanto, l'ho preso a
Torino direttamente dalle mani di Carlotta.
Tra
l'altro, sapete che di recente Carlotta e Andrea, editori della Las
Vegas si sono sposati? Auguri! E a me Carlotta (qui il suo
blog che l'è ganzo forte) piace moltissimo, come essere umano.
Eeeee
mi appresto a parlare male di un loro libro.
Mi
sento il tipo di persona dalla quale Satana si terrebbe alla larga
per evitare le cattive influenze.
D'altronde
mi viene troppo da parlarne. Non è come quando – spessissimo –
trovo un libro troppo mediocre per scavarne fuori un commento come
non sia 'meh', ieri ho dovuto chiamare al telefono mia sorella in
Germania – facendole tra l'altro spendere un euro – per poterle
dire quello che pensavo.
A
voler ben vedere, questo post – non riesco a chiamarlo recensione –
è ben confuso. Perché non si può negare che comunque il libro sia
scritto bene, i capitoli siano giustamente disposti e che dopotutto
intrattenga assai. Ci sono dei punti, soprattutto all'inizio, in cui
ho annuito compartecipe.
E
tuttavia.
Dunque,
vediamo di dare una base logica a quello che sto scrivendo.
In
questo libriccino Mercadante racconta dei suoi travagliati tentativi
di pubblicare, vendere, dei suoi ripetuti contatti con agenti
letterari, editori, librai etc. E questi contatti sono tutti più o
meno deprimenti, buttano giù, mostrano un mondo letterario che della
letteratura se ne frega. Mercadante si rivolge al 'Caro scrittore in
erba' continuando a sminuzzare le sue aspettative di gloria, i suoi
lieti sogni, le sue speranze. E c'è davvero poco da stare allegri,
questo non lo si può negare. Che è inutile pubblicare con un
editore che non fa promozione, e comunque se la distribuzione è
quella che è... ecco, pubblicare pareva il punto d'arrivo, invece è
il primo passo.
E
va bene sbriciolare le aspettative di chi, dopotutto, speranze non le
ha, perché un'enormità degli aspiranti scrittori sono estrema fuffa
auto-celebrativa che non prende neanche in considerazione il fatto
che un libro ha bisogno di un lettore, e se il legame non si crea,
allora niente, ciccia. Ed è ovvio che il legame non si possa creare,
se scrivi apponendoti la stilografica tra le piene guance del
didietro.
È
vero, scrivere non è facile, se vuoi farlo bene. E se non vuoi farlo
bene, datti a qualcos'altro, o almeno evita di subissare le email
degli editori con le tue ultime fatiche.
Tuttavia...
ecco, tolta questa premessa, una volta che Mercadante ha iniziato a
narrare delle sue vicissitudini col libraio o con gli agenti, mi è
sorto un sincerissimo 'Ma chi te sein?' in testa. Che tradotto
sarebbe un 'Ma chi ti credi di essere?'. Perché Mercadante pretende
attenzione, e se tu non gli dedichi il tuo preziosissimo tempo,
allora sei un ostruzionista della cultura. C'è un capitolo dedicato
alla sua telefonata con un libraio indipendente e... oh, c'è poco da
fare, il libraio ha ragione a non dimostrarsi entusiasta all'idea di
organizzare un incontro con Mercadante. È difficile vendere autori
già affermati, figuriamoci uno – senza offesa, ci mancherebbe, ma
siamo sinceri – misconosciuto. E organizzare un incontro costa in
soldi e fatica. A parte la ventina-trentina di copie da pagare in
anticipo, c'è da rifornirsi di stuzzichini e beveraggi per i
convenuti – noi siamo proletarie e andiamo di focaccia, tiè – e
manifesti, comunicati stampa per i giornali, annunci su facebook e
quant'altro. Ci vuole tanto per convincere i Lettori a uscire di
casa. Specie se non si tratta di una libreria di una grande città.
Nella mia zona neanche Stassi e Petrignani sono riusciti a riempire
le sedie sotto il palco di una manifestazione culturale. Fortemente
pubblicizzata. Nel week-end.
Quindi
tu, sconosciuto scrittore, che te la prendi perché non mi sbatto per
farti presentare da me, hai poco da lamentarti. Ed è vero, come
viene fuori nella telefonata, che le presentazioni di gente della
zona richiamano, perché uno si porta dietro amici e parenti, e
questi comprano e ripagano, pure se il libro è una ciofeca.
Pure
nei contatti con gli agenti, ecco... non lo so. Non lo so, perché
non sono un agente letterario, quindi facciamo che mi zittisco.
In
compenso, degli editori ho letto abbastanza per poterne chiacchierare
con un minimo di cognizione di causa, e se dovessi sbagliare, vi
invito a notificarmelo che farò ammenda.
Con
loro Mercadante si lamenta perché non rispondono. E in un caso non è
arrivata risposta al suo manoscritto per BEN sei mesi.
Ehm.
Che io sappia i tempi di lettura arrivano anche agli otto-dodici
mesi, ho letto di una ragazza cui la risposta è arrivata dopo un
anno. Le proposte sono tante, le redazioni sottodimensionate, c'è
poco da fare. Si aspetta.
E
pure con loro, non lo so. Mercadante mi ha dato la bruttissima
impressione di essere uno di quelli da cui gli editori rifuggono, non
per prosa ma per carattere. La pretesa di meritare l'altrui tempo e
impegno... ora, considerando che ha pubblicato altri due libri con
Las Vegas mi viene da supporre che scriva effettivamente bene, ma
gggesùcheppalle.
Poi certo, ci sono pure editori surrealmente ciofechi, e avere a che fare con loro è cosa tragicomica, non mancano né imbroglioni, né incompetenti e Mercadante qui ne chiacchiera ampiamente. Alla domanda 'ma che t'è venuto in testa di fare l'editore?' ancora non c'è risposta, purtroppo.
Poi certo, ci sono pure editori surrealmente ciofechi, e avere a che fare con loro è cosa tragicomica, non mancano né imbroglioni, né incompetenti e Mercadante qui ne chiacchiera ampiamente. Alla domanda 'ma che t'è venuto in testa di fare l'editore?' ancora non c'è risposta, purtroppo.
Un'ultima
critica. È dovuta, visto che dopotutto mi ha infastidita di molto,
e ha fatto girare le scatole pure a mia sorella, quando l'ho resa
partecipe. Mercadante ha dei problemi con le donne. Ne compaiono
poche, stilizzate, stereotipate. Con seri problemi mentali. Prima la
tipa con cui si diletta, che smania all'idea dell'omo-de-potere
perché ha pubblicato, nonostante abbia la stessa competenza
letteraria di una brioche, perché ve', le donne c'han da truccarsi,
mica stanno a leggere. E poi una telefonata che santoddio. La tizia
che insiste per uscire che 'checccestaiaffàascrivee' e ignora il
significato di 'irsuto'. E passa giustamente per illetterata col
cervello cotonato. Oh, e quando suppone che giammai una donna
vorrebbe concedere il proprio tempo a un locale proletarieggiante con
le tovaglie di plastica. Eh, sia mai, siamo allergiche alla povertà.
Ci si scrosta lo smalto sulle unghie, se non si raggiunge una certa
quota di chic.
E
questa è La Donna 'sì come viene dipinta da Mercadante.
In
sostanza... sinceramente sì, è un libriccino dopotutto carino e
divertente, che il tempo te lo fa passare volentieri. Indicato per i
wanna-be-scrittori, o per chi ha voglia di capire l'universo editoriale senza troppi tecnicismi, con un po' di leggerezza. Ma non per gli aspiranti seri, che poi si buttano
giù o prendono il cattivo esempio di chiamare gli editori per sapere
se hanno letto/ricevuto la loro mail.
O forse sì, non lo so. Ho l'impressione di esserci andata giù più dura di quanto non volessi. Forse questo libro voleva essere soprattutto un 'Sì, lo so, è capitato anche a me' da (un tempo) aspirante scrittore ad aspirante scrittore, o un'avvisaglia a chi si prospetta un tappeto rosso lieto d'essere calpestato dai suoi piedi di artista, quando la strada da percorrere è tanta e, di solito, avara di soddisfazioni.
Però.
O forse sì, non lo so. Ho l'impressione di esserci andata giù più dura di quanto non volessi. Forse questo libro voleva essere soprattutto un 'Sì, lo so, è capitato anche a me' da (un tempo) aspirante scrittore ad aspirante scrittore, o un'avvisaglia a chi si prospetta un tappeto rosso lieto d'essere calpestato dai suoi piedi di artista, quando la strada da percorrere è tanta e, di solito, avara di soddisfazioni.
Però.
Come dice Gianluca Morozzi nella prefazione, uno su mille ce la fa.
Ma non è una questione di statistica, è che gli altri 999 sono
delle pippe. Rileggere, correggere e MOVE ON.