Ne convengo, è una boiata.
Ma santoddio, qualcuno doveva scriverlo.
Sì, pure il titolo è atroce, ma non me ne venivano in mente altri.
Mondiali Zombie
Un
urlo gonfio di delusione gli fece alzare lo sguardo dal libro di
semiotica. Si aggiustò gli occhiali sul naso, per avere una visione
migliore del fratello che fissava la televisione, le braccia tese, le
mani rivolte verso l'alto in un gesto di amara rassegnazione. Paolo
trattenne un sorriso, tornando a dedicare la propria attenzione alle
teorie del linguaggio. Le reazioni eccessive di Stefano potevano
anche risultargli ridicole, ma non c'era dubbio che il fratello
potesse usarlo come uno straccio per lavare i pavimenti senza neanche
sforzarsi. Con una mano legata dietro la schiena, saltellando su una
gamba sola, e magari pure bendato.
- Ma
hai visto che roba?
Paolo
tentò di dare alla propria espressione un cipiglio serio ma
compartecipe. Stefano non era abitualmente aggressivo, ma quei
muscolacci tatuati, uniti allo stato emotivo in cui la partita
l'aveva gettato, avevano messo il fratello maggiore sul chi vive.
- Veramente
no. - ammise – Che è successo?
- Cartellino
rosso a Marchisio.
- Aha.
Che peccato.
- Ma
non era colpa sua!
Paolo
si ritrasse istintivamente. Quando il fratello iniziava a schiumare
dalla bocca, la cosa migliore da fare era cambiare stanza. O casa. O
città.
- Su,
su, non ti agitare, basterà che stia attento per il resto della
partita e... - la voce flautata della madre, giunta a mettere una
teglia di lasagne fumanti tra Stefano e la televisione traditrice,
venne interrotta dagli strepiti del figlio tifoso.
- Cartellino
rosso, cazzo! È espulso!
- Oh,
ma che peccato. - commentò la donna, inarcando appena un
sopracciglio. Lei e Paolo si scambiarono un'occhiata complice, ma
fugace. Sarebbe bastato un sorriso, perché Stefano catapultasse
piatti e lasagne fuori dalla finestra. Era già successo nel 2002,
con la sola differenza che quella volta stavano mangiando le
tagliatelle. Gli inquilini del piano di sotto non avevano apprezzato
la pioggia di pasta e ragù che gli si era rovesciata sul balcone
- Che
arbitro di merda. - borbottò il ragazzo, con più calma. I fumi
delle lasagne bollenti stavano iniziando a livellare il suo
scontento.
- Sarà
corrotto. - intervenne Paolo, magnanimo. Da quando il padre era
morto, Stefano si era ritrovato ad essere l'unico tifoso in casa. Da
buon fratello maggiore, almeno per i mondiali, poteva anche fare lo
sforzo di fornire un interlocutore al lato più instabile della
famiglia.
- È
corrotto sì, 'sto bastardo. Ma perché ci toccano sempre degli
arbitri così stronzi? - ringhiò Stefano
- Sfiga,
immagino. - butto fuori Paolo.
Decise
che aveva fatto abbastanza per lenire alla solitudine tifo-calcistica
del fratello, e tornò, con un sospiro rassegnato, a posare gli occhi
sul libro di testo. Mondiali o non mondiali, mancavano pochi giorni
all'esame, e il professore ci teneva parecchio ai risultati della
Nazionale. Se non si muovevano a recuperare quel maledettissimo 1-0,
gli sarebbe toccata la versione più astiosa e nevrotica di un
professore già di suo poco cortese. In un certo senso, la
performance dell'Italia importava più a lui che al fratello.
Non
alzò lo sguardo, quando la madre gli mise davanti un'enorme fetta di
lasagne, borbottò un ringraziamento appena quando il suo bicchiere
venne riempito di birra (italiana) dal fratello e cercò di
rispondere meglio che poteva alle sue rimostranze nei confronti prima
dell'una, poi dell'altra squadra.
- Oh,
ma che cazzo...?
- Sono
dei venduti, che vuoi farci. - sentenziò, incolore.
- Cristo,
Paolo, guarda... - esalò la madre.
Paolo
alzò lo sguardo, incontrando i volti immobili e shockati della madre
e di Stefano. Era buffo, con quella forchetta sollevata a mezz'aria,
la bocca vuota e spalancata.
Poi
si decise a girare la testa verso il televisore, proprio mentre
risuonava per la cucina un ringhio da far gelare il sangue.
In
alta risoluzione, il primo piano di un viso contratto e
insanguinato. Gli occhi spenti e lattiginosi, la maglia bianca
macchiata di rosso. L'immagine sullo schermo si mosse, come se il
camera-man avesse iniziato a correre all'indietro, mentre al cupo
ringhio si univano le urla sgraziate di un giocatore dell'Italia che
si rotolava sull'erba, le mani premute su una spalla insanguinata.
Paolo
aprì la bocca per commentare, ma quella sera le uniche frasi che
aveva da offrire erano quelle che aveva preparato ad uso e consumo
del fratello. Arbitro cornuto, va sempre a finire così, è fallo!.
Nulla di più. Niente che potesse descrivere la corsa disarticolata
di quel giocatore rabbioso verso il camera-man, o l'inquadratura di
una telecamera gettata a terra, e le urla di dolore che si fondevano
agli strepiti dei compagni di squadra, dei guardalinee, degli
allenatori che cercavano di separare il folle dal poveruomo.
Cambio
d'inquadratura, lo stadio visto dall'alto, i medici che corrono verso
il giocatore a terra, un poliziotto che punta la pistola verso
l'assalitore, che non accenna ad alzare il volto dal collo
dell'operatore, che ha smesso di urlare già da parecchi secondi.
- Suarez,
che cavolo...?
Il
proiettile che lo colpì alla gamba gli fece sollevare il viso dal
camera-man immobile, ma il suo urlo non aveva nulla della resa,
mentre si gettava sul poliziotto.
Non
vennero subito a conoscenza della sorte toccata al malcapitato.
L'immagine del campo di gioco fu sostituita dalle pareti candide e
rassicuranti di uno studio televisivo. I volti dei presenti erano
cinerei, le loro espressioni sconvolte, nonostante la giornalista
stesse facendo del suo meglio per tendere la bocca in un sorriso
smagliante.
- Chiediamo
scusa ai nostri telespettatori, la diretta dal Brasile riprenderà
il prima possibile, non appena...
Stefano
lasciò cadere la forchetta nel piatto, Paolo sentì il tonfo del
libro di semiotica che gli scivolava dalle mani per schiantarsi sul
pavimento. Si scambiarono un lungo sguardo confuso, incapaci di
offrirsi una qualsiasi rassicurazione.
- Ma
è normale? - si sentì chiedere Paolo.
- No
che non è normale, coglione – sbottò Stefano – Ma ti pare
normale che uno va in giro per il campo a mangiare gli avversari?
- Eh.
- fece l'altro, riportando gli occhi sullo schermo – Mi pareva.
La
partita non riprese, quella sera. Nessuno seppe dare una spiegazione
plausibile a quanto era accaduto, e il confronto tra Italia e Uruguay
venne rimandato. Suarez venne squalificato, e si parlava della
possibilità di internarlo. Si sospettò che fosse portatore di un
nuovo virus, perché Chiellini aveva iniziato a mostrare strani
sintomi, dopo quel morso.
Il
giorno dopo, sotto gli occhi del mondo, un giocatore della Francia si
avventò sul proprio commissario tecnico. La folla immane dei tifosi
sugli spalti si muoveva a ondate, e urlava con entusiasmo eccessivo
persino per i Mondiali. La diretta venne interrotta nel giro di pochi
secondi, ma nonostante la tesi riportata da diversi giornalisti,
secondo cui il giocatore si era gravemente offeso per essere stato
relegato tra le riserve, cominciò a serpeggiare la consapevolezza
che stesse accadendo qualcosa di molto più strano.
(Comunque l'immagine non è mia. E' rassicurante sapere di non essere l'unica imbecille al mondo ad averci pensato.)