Dunque.
Non
mi è facile iniziare a parlare di Fabio Stassi. Il che è curioso,
perché non è che abbia personalità tormentata, o che sia facile
all'offesa, o con mancanze tali che tacerle sarebbe reato
intellettuale. Fabio Stassi è il tipo di persona così bella che non
riesci a trovare aggettivi per descriverla, che il suo esatto opposto
ti risulterebbe più credibile.
Intanto
sorride un sacco. Questo è facile da dire.
Sapete
che ho adorato i suoi libri, ne ho chiacchierato qui e qui
con palese entusiasmo. Quando la Libraia mi ha annunciato di essersi
accaparrata la sua presenza ero incredula, ho ballato attorno al
tavolo sotto gli occhi smarriti di due bambini, che da allora in
libreria non si sono più visti.
Comunque
mi stavano antipatici.
Non
credo che i libri di Stassi suggeriscano cosa ci si può
legittimamente aspettare dal loro autore. Mentre con Caponetti sapevo
che mi sarei trovata davanti un personaggio allegro, un fuoco
d'artificio di chiacchiere e cultura, con Stassi non sapevo proprio
cosa aspettarmi. Intuisci che si tratta di una persona che respira
parole, che non le ha semplicemente addestrate a disporsi su una
pagina, ma se le è fatte amiche, le guida verso le loro giuste forme
sintattiche e quelle non lottano. Ma non è che si capisca molto
altro. Si capisce un'attenzione al tema del Viaggio, contrapposta a
quello della Casa. Si capisce l'importanza della musica, e si coglie
l'estimatore dei Beatles, perché in Come un respiro interrotto
I am the Walrus è citata in luogo di una ben più famosa Yesterday o Let it be. Ma per il
resto è soltanto lo Stassi-scrittore a emergere, non lo
Stassi-persona.
Lo
Stassi-persona, scusate se mi ripeto, è davvero una bella persona,
come non è facile trovarne.
Dicevo
che sorride un sacco. Non sorrisi interiori da difesa, proprio i
sorrisi aperti e condivisi. Si entusiasma quando parla di libri, e
parla moltissimo di libri. Se non di libri, di case editrici. O di
autori. O di librerie. O della sua minuscola nipotina appena nata, di
cui ci ha mostrato orgogliosamente le foto, ma non importa da dove si
sia partiti, prima o poi il discorso tornerà a convergere sui libri.
Si
è entusiasmato quando ha saputo della mia foto con Lansdale, abbiamo
parlato di 'libri che parlano di giovani dal punto di vista dei
quaranta-cinquantenni-finto-di-sinistra' e mi sono sentita abbastanza
a mio agio da poter esprimere tutta la voglia di ceffoni che ho
provato nel leggere la quarta di Basta piangere.
Stassi
è uno che ha vinto un premio col suo esordio. È uno che ha visto il
suo secondo libro, già pubblicato con Minimum Fax, tradotto in
tedesco. L'ultimo ballo di Charlot, il primo con Sellerio, è
tradotto in 20 lingue, pure in coreano. E non è facile farsi
tradurre all'estero per gli italiani, ci riescono solo i migliori e i
peggiori. Bartolomei e Moccia, per intenderci.
Abbiamo
chiacchierato di come è arrivato alla pubblicazione. Del suo primo
invio a Sellerio, vent'anni fa, di un contratto di pubblicazione
andato perduto e riemerso da poco, quasi per caso o per beffa. Della
direttrice editoriale di una piccola casa editrice che l'ha fermato
prima che potesse cederle i diritti per L'ultimo ballo di Charlot,
dicendogli 'No, dai, secondo me Sellerio te lo pubblica'. Di quando
Nicola Lagioia di Minimum Fax l'ha chiamato al telefono un paio di
giorni dopo l'invio di 'È finito il nostro Carnevale' per chiedergli
di fare colazione insieme, che erano interessati.
Legge
in treno, scrive in treno, ma sempre sulla stessa tratta, sempre
sullo stesso regionale. È distratto, gli è capitato di prendere un
Eurostar per Napoli quando doveva andare a Milano. Gli si sono
illuminati gli occhi quando gli ho detto che quella sera ci sarebbe
stata la presentazione di Gipi, e conosceva Ortolani dal suo Rat-man.
Il
suo legame con Chaplin mi ha lasciata quasi interdetta, sbalordita.
Sono storie da libro, quelle, non da vita reale. La nonna di Stassi
che ogni Natale apparecchiava per Charlot, a simbolo di tutti i
migranti e 'tramp'. E il vero zapatero, e le vere migrazioni della
sua famiglia, il sorriso che ha buttato fuori quando gli ho detto che
il nome di mia madre viene dall'Argentina in cui è nata.
La
voce ferita, quando durante la presentazione gli ho spiegato come mi
venisse difficile capire la generazione degli anni '70, così facile
a credere di poter cambiare le cose, oggi che lo sciopero non
disturba e il boicottaggio è roba da hippie, e il meno peggio è il
meglio in cui si può sperare.
Nonostante
stanco per il viaggio e per la presentazione – io non ne ero che la
moderatrice, ma ne sono uscita con un'incomparabile sete di caffè –
si è fermato per prendere posto di commentatore a quella successiva,
che trattava di un libro sulle – terribili – storie di chi arriva
in Italia fuggendo dall'orrore e si ritrova nelle braccia di un
orrore dalle fattezze burocratiche.
Ed
è stato contento davvero, quando gli ho detto che L'ultimo ballo di
Charlot è stato uno dei due libri che mio nonno è riuscito a
leggere in ospedale, qualche mese fa, dopo anni di totale digiuno
dalla lettura. L'altro libro è Stoner. Nonno buongustaio.
Dunque.
In tutta onestà non credo di essere riuscita a rendere degnamente la persona-Stassi.
Spero di aver fatto meglio con lo Stassi-Scrittore. Ad ogni modo,
sono contenta di averlo presentato. Inutile che continui a sviolinare
oltre. Ci sono persone che è bello conoscere e basta.