Scribacchiolando #2 - Ma come ti muovi?


E dunque, seconda e intensa puntata di Scribacchiolando, riflessioni sulla scrittura da parte di chi non ha nessun titolo per scriverle, risposte a domande che nessuno ha motivo di pormi.
In realtà oggi mi sovviene un tema abbastanza stringato, di cui si potrebbe chiacchierare in poche righe, se non si fosse infettati dal demonio della prolissità. Che a ben vedere è un demonio che merita un suo spazio in questa, si può chiamare così?, rubrica, ma non in questa puntata.
Noterete l'assonanza Enzo-Carliana. Lo so, è imbarazzante, ma è ricominciato il periodo di studio mediamente serrato e il cervello mi domanda ossigeno e boiate. Non fateci caso, per favore. Almeno se mai dovesse capitarmi di leggere il termine 'pochette' saprò a cosa si riferisce.
Tra le varie cose che rischiano di farmi storcere il naso fino alla paresi, quando leggo un qualsivoglia libro – a prescindere dal genere, dal target, dall'epoca in cui è stato scritto, a prescindere da qualsiasi aspetto possibile e immaginabile – ci sono i movimenti improbabili. Avete presente quando un personaggio per esprimere il proprio disappunto si incastra le mani sui fianchi, batte il piede per terra, si passa le mani tra i capelli fino a ritrovarsi in testa una pagoda, si piega in avanti-indietro-a-destra-a-sinistra, sbuffa, scalcia etc? Ecco, magari non proprio in quest'ordine, sto volutamente esagerando. Il fatto è che non sopporto quando un personaggio sembra non avere idea di come ci si comporta all'interno di un certo spazio. O meglio, quando l'autore sembra essersi dimenticato di come si muovono le persone. Comprensibile che una persona sbuffi, facile che tamburelli con le dita sul tavolo o che affondi le mani nelle tasche della giacca. Poco credibile che si sbracci teatralmente, che accartocci lettere-bollette-giornali lanciandoli per terra o nel cestino, che scaraventi le scarpe contro il muro manco stesse giocando a calcio, che si lasci andare sul divano con le mani sul viso ed emetta lamenti soffocati, soprattutto quando è da solo.
Che poi, sono io che sono strana o quando si è da soli non ha alcun senso manifestare le proprie emozioni in modo così evidente? Intendiamoci, magari sono io. Ma a parte qualche finestra sbattuta quando proprio ho le gonadi che vorticano – d'altronde con le campane della chiesa che tiriterano alle sette della domenica mattina è già tanto che non mi sia data al terrorismo – e qualche melodia canticchiata mentre lavo i piatti... ecco, direi anche basta. Invece a volte leggo di personaggi che si muovono all'interno di una scena come se avessero l'imprescindibile intenzione di dimostrare a chiunque abbiano attorno quello che stanno provando. Anche se intorno non hanno nessuno. E parlano, riflettono e rimuginano ad alta voce. Ora, abbiamo il discorso indiretto, nonché la possibilità di riportare direttamente i pensieri di un personaggio. Usiamo gli strumenti di cui la scrittura ha voluto caritatevolmente approvvigionarci, che diamine.
In sintesi – lo sapevo che sarei riuscita a tirare giù mezzo Promessi Sposi da una roba tanto semplice, dannato demone della prolissità – personaggi che si muovono nello spazio come automi.
Qualcosa da aggiungere, sottrarre o commentare?
(Le mie riserve di libri si stanno assottigliando e la cosa mi spaventa.)