Oggi
mi va di chiacchierare un po'. Cioè, post a ruota libera, anche se
so che corro il rischio di gettare fuori pensieri banali come libri
di una stessa urfida collana-fotocopia. Tipo quelli che
rimangono tanto sconvolti quando gli viene un'idea che tentano di
comunicarla al mondo intero, anche se è un'idea di un'ovvietà così
abissale da poter abitare qualsiasi testa.
Dunque,
pensavo ai romanzi. Sì, tanto per cambiare. Cioè, pensavo alla
differenza tra romanzi ambientati in questa stessa realtà e ai
romanzi in cui la realtà viene deformata o ricreata. Fantasy e
fantastico. Ora, concedendo fiducia al libro di semiotica del testo,
per 'fantastico' si intende una storia ambientata nel nostro mondo ma
arricchita con elementi magici e improbabili, mentre il 'fantasy'
sottende la genesi di un intero universo. Tipo Lord of the Ring, per
intenderci.
Ecco,
quello che le discussioni su Masterpiece delle scorse settimane mi
hanno impiantato è la domanda 'Perché le storie ambientate in
questo mondo sono considerate superiori a quelle che hanno luogo in
un universo inventato?'.
No,
perché capiamoci, la creazione di un universo credibile, che si
appoggia su leggi proprie e coerenti, non è cosa da nulla. Basta
dare un'occhiata agli infiniti emuli di Tolkien e al loro triste
destino da emuli. Con le storie ambientate in questo mondo non ci
vuole niente, il Protagonista esce di casa e va a prendere il 37
barrato. La sua avventura, se sarà un'avventura, non avrà bisogno
di una progettazione pignola e ossessiva, l'autore non dovrà perdere
il sonno a cercare risposte a domande che nessuno oltre a lui si
farà. Lo sforzo cognitivo, diciamocelo, non è lo stesso. Nel
fantasy/fantastico c'è un surplus di fatica, un piano in più con
cui l'autore dovrà relazionarsi. Non solo i personaggi dovranno
essere ben caratterizzati e interagire tra loro in modo plausibile,
ma dovranno anche avere a che fare con un mondo 'altro' e
sconosciuto, che l'autore dovrà tentare di descrivere senza
DESCRIVERE'. E per DESCRIVERE intendo l'info-dump, lo spiegone lungo
e insopportabile. Non so, a me pare un attimo più complicato.
E
poi c'è quella tendenza che non ho molto chiara, ma che talvolta
osservo senza sapere bene come commentare senza che gli interlocutori
si offendano.
C'è
mio padre che continua a dirmi di leggere Volo e De
Carlo. Per De Carlo potevo anche avere dei dubbi, ma dopo le
signorili uscite in Masterpiece – e a forza di vederlo associato a
Volo dal mio progenitore – mi è anche passata la voglia. Ma ecco,
quando cerco di spiegare a mio babbo per quale ragione Volo non potrà
mai piacermi, per l'eccessiva semplicità, per il tentativo di
rendere importante la banalità, lui cerca di spiegarmene la
grandezza. E l'ultima volta, borbottando offeso come una pentola di
fagioli, ha iniziato a dirmi ''Hai presente quando sei in macchina e
hai appena parcheggiato, ma stai ascoltando una canzone che ti piace,
allora invece che scendere subito dalla macchina ci resti ancora un
po'?''
La
mia risposta è stata... sì. Certo che ce l'ho presente. È una di
quelle cose che tutti pensiamo decine di volte nella vita,
un'esperienza minuscola ma generalizzata, un qualcosa che è di
tutti. Volo – sì, lo so che non si dovrebbe parlare di Volo, ma che ci
posso fare se è quello di cui mio babbo mi parla sempre? - a mio
avviso prende esattamente quello che è di tutti di modo che il
lettore si veda riflesso nelle pagine e possa puntare l'indice
esterrefatto verso il libro e dire 'Ma sono io! L'ho pensato pure
io!'. E vedendo il proprio pensiero – di una banalità sconcertante
– innalzato in dignità dall'inchiostro, penserà che dopotutto è
un bel pensiero. Alto. Di classe. Cioè, ce l'ha avuto uguale uguale
uno Scrittore.
E
continuerà così a cercare libri che gli dicano quanto sono belli i
suoi pensieri più banali, senza rivelargli quanto sono ovvi e triti
e ritriti e sminuzzati finché non ne rimane meno che poltiglia.
No,
non voglio dire che ogni romanzo ambientato nel nostro mondo 'reale'
è banale e ovvio e trito e quant'altro. Ovvio che no. Se la pensassi così non potrei adorare Philip Roth o Fabio Bartolomei, Nick Hornby, Roddy Doyle, o Susan
Vreeland. E mille altri scrittori le cui trame risiedono nella realtà
in cui viviamo. Sono però anche autori il cui sforzo creativo fa dei
balzi violenti, che sforzano e premono contro la barriera del
'reale'. Che prendono una storia, un personaggio e li plasmano, li
deformano e riescono a farli stare nel mondo 'vero' facendoli
sembrare 'veri'. Mi spiace dover dire che non è cosa da tutti.
Forse
mi sto tirando addosso una valanga di insulti ma il caro vecchio 'lui
e lei si incontrano, amore a prima vista, rivale che crea problemi,
risoluzione, sposalizio' avrebbe anche perso un po' di smalto. Oppure
'due si incontrano, si innamorano, si separano, si ritrovano dopo
anni'. Oppure 'trentenne che non è ancora arrivato a nulla nella
vita e si interroga su se stesso'.
E
poi ci sono quattro anzianini che decidono di rapire Berlusconi e si
preparano per il colpo. O una famiglia sconvolta dall'arrivo di un
santone nella propria casa. O la prima artista ammessa all'Accademia di Firenze che
rivive la propria storia in modo così vivido che sembra stia
parlando lei stessa. O un padre di famiglia schiacciato da una figlia
capace di azioni terribili.
La
differenza tra il primo gruppo e il secondo è che il primo non ha
nulla che non potrebbe tranquillamente inventare un altro. 'Banale'
per me vuol dire anche 'No, grazie, ci arrivo pure io'. E quello cui
arrivo pure io mi si ricollega alla somma banalità che viene
esaltata in Volo.
E
quindi forse è più difficile creare una storia 'originale' partendo
dal mondo 'vero', o forse è estremamente arduo creare una storia
'originale' ambientata in un universo inventato, che se già lo
sforzo immaginativo l'hai sfruttato per il contesto, rischi di non
dannarti debitamente sulla trama.
Quindi
boh. Non ho risposte, tanto per cambiare.
Alla fine mi è uscito un post polemico a caso. Volendo si potrebbe anche disquisire della pochezza intellettuale di chi schifa il fantasy/fantastico ignorandone le basi e le altezze. Volendo. Ma non vogliamo, dai. Avevo voglia di gettare
queste sfilacciate riflessioni sul blog, anche se è assai probabile
che ci sarete arrivati già tutti. Non è dato soltanto agli
scrittori di essere banali. Però se ne avete voglia, una
chiacchierata sull'argomento dopotutto può anche starci.
Cosa innalza il fantasy rispetto al romanzo realistico e viceversa?