Mi
approccio sempre con un certo timore ai libri scritti da persone che
conosco, anche se si tratta soltanto di conoscenze internettiane.
Tanto per cominciare evito accuratamente di far sapere che sto
leggendo il suddetto libro, perché in caso non dovesse piacermi,
probabilmente preferirei evitare la recensione. Però se poi l'autore
dovesse venirmi a chiedere un parere non potrei certo fare a meno di
spararglielo con malvagissima crudeltà, no?
Ecco.
Sono pavida. Quindi quando stamattina mi sono finalmente decisa a
leggere La Sogneria di Andrea Storti (il cui blog consiglio spassionatamente qui), pubblicato da Lettere Animate,
me ne sono stata ben zitta. Anche se ad un paio di passaggi mi
prudevano le dita dalla voglia di commentare sulla pagina Facebook, anche solo per riportare qualche frase particolarmente riuscita. Poi
beh, sono arrivata alla fine. E ho sospirato. Sono andata in bagno,
ho pulito le lettiere dei gatti, mi sono lavata e vestita. Poi
finalmente sono tornata a sedermi davanti al pc e la prima cosa che
ho fatto è stata complimentarmi con Andrea. Perché il suo libro è
meraviglioso.
Ecco,
esattamente mi sono complimentata facendogli notare che La Sogneria è
'materiale da Istrici dei tempi d'oro'. Per mancanza di caratteri –
Twitter avaro – non ho potuto specificare che per 'Istrici dei
tempi d'oro' mi riferisco ad autori come Roald Dahl, Margaret Mahy,
Diana Wynne Jones. Quelli che non scrivono semplici storie, ma
riescono a intrappolare una nuvola di fantasia e a imprigionarla in
una gabbia d'inchiostro. Spero di essermi spiegata bene.
Ora,
la trama. È piuttosto semplice, dopotutto, anche se incredibilmente
colorata e ricca di storie raccontate in poche frasi, racchiuse in un qualche
personaggio che compare, sogna e torna a vivere la sua vita lontano
dalla storia.
C'è
questa cittadina immaginaria chiamata Santa Bisbetica, in cui la
gente non riesce più a sognare. Sono state a lungo cercate le cause
di questo morbo, in modo da poterne trovare una cura. Ma niente,
finché lo scienziato Signor Cioccomenta, aiutato dal fedele carlino
Ercolino e da una dose sfacciata di fortuna, non riesca a
sintetizzare i sogni. E allora ne apre un negozio, La Sogneria. Gli
abitanti vanno da lui per rifornirsi di sogni, poi ce n'è uno che
non rimane per nulla soddisfatto del proprio e... e così via. Ve
l'ho detto, la storia di per sé è semplicissima. Eppure il modo in
cui è raccontata...
Ad
esempio, i personaggi ultra-secondari, di cui riesci a capire tutto
in poche righe. E le loro brevissime storie, che non vengono affatto
dimenticate, ma che anzi arricchiscono la storia principale. E il
Signor Cioccomenta, allegro e sempre vestito color smeraldo, e la sua
amicizia col cane Ercolino e tutti i particolari infilati in
descrizioni che non hanno nulla di pesante o di posticcio. E il modo
in cui vengono sintetizzati i sogni e tutto il resto che... che boh,
avrei voluto leggerlo da piccola. Davvero.
Che
poi so quanto questo suoni assurdo, ma io ho sognato un sogno
presente in questo libro. Davvero. Non rivelo quale, però è dopo
quel sogno che ho iniziato a scrivere. Erano dei fogli scritti a
penna che avevo rilegato insieme non so bene come – parliamo dei
primi anni delle elementari – con una storia che si
interrompeva bruscamente, però... non so. Sarà stupido, però
questa cosa mi andava di riportarla. Mi fa pensare che ci sia davvero
un luogo 'fisico' in cui i sogni hanno vita.
Quindi,
beh, vedo di concludere.
La
Sogneria mi è piaciuto un sacco. È un libro per bambini, ma un
libro per bambini 'vero', nella migliore delle sue forme. Quindi, sì,
lo consiglio violentemente.