Agosto
è proprio il mese dell'assenza, vero? Giusto da un paio di giorni
inizio a vedere nuovi post dove non ne nascevano da settimane.
L'estate sta volgendo al termine e io, se permettete, gongolo con
ferocia, poiché odio il caldo in tutte le sue declinazioni.
Parlo
spesso della libreria, no? E dello stage che lietamente vi sto
portando avanti. Stamattina mi è venuta un'idea proprio carina per
un laboratorio coi bambini, domani ne parlerò alla Somma Libraia...
ad ogni modo, volevo ciacolare di un altro argomento che mi si è
presentato varie volte innanzi da quando ho iniziato lo stage. Non
parlerò quest'oggi della mia nuova nemesi – ma ne parlerò,
diamine se ne parlerò – bensì di una tipologia di libri che
ammetto di non aver mai capito.
I
libri che non saprei come definire, quel qualcosa tra lo psicologico,
la manualistica e lo spirituale che dovrebbero fungere come esche per
trovare se stessi, per trovare la propria forza interiore, per
agguantare i propri obiettivi. Sinceramente non li capisco. È un mio
limite, immagino. Uno dei tanti. Eppure proprio non riesco a
concepirne l'utilità. Voglio dire, se c'è tanta gente che li compra
è evidente che a qualcosa servano, eppure non riescono a
convincermi. Forse tendo un po' troppo all'autonomia per quanto
riguarda le questioni di benessere emotivo, forza, presa di decisione
e quant'altro. Magari il mio 'credi in te stessa' rischia di
escludere qualsiasi altro fattore, chissà.
Comunque
sia, per me i libri dell'allegria e del buonumore sono altri. E non
credo che mi abbiano influenzata o aiutata meno di quelli scritti
appositamente a tale scopo. Non che ci sia da vantarsene
particolarmente, ma io è dalle elementari che seguo la gioiosa
filosofia di Pollyanna. Del 'vedi quel che c'è e facci quel
che puoi'. Del 'se qualcosa va male, sii lieto che non sia andato
male qualcos'altro'. Tipo le leggi di Murphy al contrario.
Ce
ne sono altri, di libri che sento come 'guide', di cui riesco a
trovare qualche traccia sparsa per il mio cervello quando qualcosa va
male e devo cercare una soluzione, come fossero manuali per vivere
nel modo che ritengo giusto. Sento che nel tempo mi hanno forgiata
come fossi una spada.
Strega come me di Giusi Quarenghi. Con l'amicizia tra Guia
Esperia e Dorotea e la loro decisione nell'opporsi contro quanto non
ritengono giusto né sano.
La figlia della Luna di Margareth Mahy. Con quel simbolismo
riuscitissimo sulla crescita di Laura, sul suo diventare
quasi-adulta, prendendosi carico della vita del fratellino. Quel
salto coraggioso e quasi magico da un lato all'altro della vita...
Vevi
di Erica Lillegg. Con quella sua ostinazione nell'infanzia e
nella magia, la scelta di vedere il mondo allegro e colorato
nonostante tutto, quell'ostinato tentare di migliorarlo quando
qualcosa non va. Quel tenace credere che si possa fare.
Stargirl
di Jerry Spinelli. Che lettura amara che è stata. Una fedeltà
ferrea in se stessi, un offrirsi tenace e disperato al mondo per come
si è, nonostante il mondo reagisca nel peggiore dei modi. Cannella,
sassolini, balli strani. Un personaggio da mondo fatato immerso nel
mondo reale, grigio e pieno di brutture.
Non
me ne vengono in mente altri, per adesso. Non così potenti, almeno.
Immagino che ogni libro lasci almeno una piccola traccia in chi l'ha
letto, ma questi mi hanno scavato dentro veri e propri sentieri.
E
voi? Che pensate dei manuali di auto-aiuto o come diamine si
chiamano? E che libri sentite di avere preso come
esempio/guida/filosofia?
Frattanto,
mi sento di ribadire, Pollyanna docet.