Ieri sono stata a una festa medievale - bellissima - e ho tirato con l'arco. Ho centrato il bersaglio tutte le
volte, perciò se dovessimo capitare in un Hunger Games...
Ad ogni modo, è da tanto che non scrivo un post serio e recensionistico. Mi dispiace, però credo che un blog non debba essere né un peso né un obbligo, perciò... non lo so. In realtà ogni tanto mi viene da pensare a cosa mi piacerebbe scrivere da queste parti, a come andare avanti col Survival Blog, qualche stralcio di frase o di recensione. Solo che ultimamente non ho mai tempo. E da domani ne avrò ancora meno. Anzi, sparirò proprio per diversi giorni...
Comunque, Fatto di sangue di Sebastià Alzamora, edito dalla Marcos y Marcos in una bella traduzione di Stefania Maria Ciminelli. Un libro che mi attirava da tanto e che, tanto per cambiare, mi aspettavo molto diverso.
La presenza del vampiro che parla all'inizio è marginale, quasi posticcia. Un testimone, un osservatore silenzioso. Sì, a volte squarta e uccide e agisce come motore della trama per fare incontrare il commissario Munoz coi tre maristi, però è una presenza così assente.
L'ho trovato un libro strano. Però anche bello e chiaro, perfettamente comprensibile. Ed è insolito che una lettura così bizzarra, quanto uno stivale affondato in una pozzanghera di incubi, sia anche così leggibile. Strana è la storia, ma non come è presentata.
Della guerra civile spagnola so poco e nulla. Va dal '36 al '39 ed è stato un conflitto che ha visto scontrarsi i nazionalisti repubblicani e un Fronte Popolare d'ispirazione marxista. Come già avevo letto in L'ombra del vento, l'orrore ha dominato la Spagna e ogni sua fazione. In questo contesto violento e diviso, ci sono tre frati maristi, frate Darder, frate Lacunza, frate Plana. Devono scappare da Barcellona, dove il Fronte Popolare fa strage dei religiosi e cercano un accordo monetario con esponenti corrotti del Fronte stesso.
C'è un monastero in cui la madre badessa è sorella di un pezzo grosso della FAI, (Federazione Anarchica Iberica) ed è costretta ad accogliere tra le mura del suo convento un vescovo. Ha accolto anche una ragazzina, che viene chiamata da tutte le monache 'Suor Concezione' e che dirige il coro. Ha tredici anni e ancora non sa di essere un'orfana.
Poi ci son il giudice Carbonissa e il dottor Pellicer, con le loro credenze sulla vita e quello che possono farci.
E c'è Manuel Escorza, il fratello della badessa, un uomo ritorto nel corpo come nell'anima, storpio quanto crudele. Un uomo che era già logorato prima di ottenere il potere, figuriamoci dopo.
Un romanzo corale i cui fili dapprima lontani finiscono per avvicinarsi gli uni agli altri per quel finale.
Ho adorato il modo in cui Alzamora ha saputo infondere vita nei suoi personaggi, anche solo con pochissime parole. Qualche tratto, un paio di frasi, ed erano già personaggi e non più macchiette. Ho apprezzato, sì.
Lo consiglio, ovviamente. Non come lettura estiva o di distrazione, però. E' un libro bello e dannato, che merita la sua buona attenzione.