E
dunque, ieri ho letto Battle Royale e
questo sarà un post di puro e irritatissimo sfogo. Non c'è nulla al
mondo che io odi più di una storia potenzialmente meravigliosa
rovinata da una narrazione scarsa o da una costruzione carente. Ora,
io ve lo consiglio lo stesso, perché è comunque appassionante. La
potenza della storia agisce laddove si vorrebbe riempire l'autore di
coppini. Però non posso fare a meno di sfogarmi, davvero.
Vediamo,
immagino che tutti sappiate di cosa parla, quei 42 ragazzi di
una scuola media che vengono riuniti su un'isola ad ammazzarsi a
vicenda senza alcuna possibilità di fuggire. E immagino che sappiate
anche di cosa parla anche Hunger Games, di cui avevo
chiacchierato qui mesi e mesi fa. Ora, la 'matrice' è la
stessa. Ragazzini obbligati a uccidere altri ragazzini. Eppure il
tema è trattato in maniera diversa, ma così diversa...
Se
dovessi scegliere un team tra i due – ci sono i team? Ormai ci
formano team per qualunque cosa... - sarei sicuramente Team Hunger
Games, anche se cronologicamente Battle Royale è venuto prima di
circa 14 anni. Però non l'ho trovato affatto un'opera risolutiva o
definitiva. Battle Royale, pur con tutta la sua indiscussa
originalità, non ha saputo mettere un punto conclusivo al tema di
cui tratta. Per quanto mi riguarda, ha solo aperto una porta.
Specifico
subito che mi ha irritata da morire. Anzi, mi ha fatto incavolare al
punto che sono andata su Anobii a cercare commenti di gente che la
pensava come me per sfogarmi. Cioè, IO che vado su Anobii a
sfogarmi. Sembra un segno dell'Apocalisse. Che poi ho trovato anche
lamentele lollose come 'Eh, ma com'è violento! Una stellina :('...
ma lasciamo stare.
Battle
Royale inizia bene. Oddio, più o meno. Diciamo che quello che
avviene all'inizio funziona, ecco. I quarantadue ragazzini vengono
sedati e trasportati in un'aula scolastica di una scuola abbandonata,
su un'isola evacuata appositamente per il 'gioco'. Quella scena è
fantastica. I ragazzini che si guardano intorno, che reagiscono in
maniera sensata. La scena precedente, quella della classe
sull'autobus non era nulla più che una lunga lista di nomi
impossibili da ricordare, una presentazione scialba ed esplicita dei
vari personaggi, pure quelli destinati a lasciarci la pelle poche
pagine dopo.
Ecco,
i personaggi. Un enorme problema di Battle Royale per me sono i
personaggi. Sono stereotipi, piatti come i fogli di carta su cui sono
stampati. C'è la ragazzina carina – o Tizia Inutile, come l'ho
ribattezzata – il Tizio Inutile – ovvero il protagonista, Shuya –
il Tizio Riservato ma Buono, Il Tizio intelligente ma simpatico, Il
Tizio borghesuccio e viziato, Il Tizio Psicopatico, La Tizia
Psicopatica... non c'è altro in loro, sono macchiette.
E
il modo in cui sono presentati è tremendo. Takami li fa comparire,
dà qualche indicazione su quello che fanno a scuola, dice se
frequentano qualche club, se sono socievoli o meno... è esplicito
fino alla nausea. Non mi si può continuare a dire 'Questa persona è
tanto simpatica e buona' senza mostrarmi mai nulla che lo dimostri. O
continuando a sottolinearlo ossessivamente ogni volta che mi viene
mostrato. Non c'è un personaggio per cui non funzioni così, è
veramente troppo diretto, al punto di risultare elementare.
I
protagonisti sono insopportabili, Tizio Inutile e Tizia Inutile. Lei
si è fatta azzoppare ancora in aula, lui va avanti per pura fortuna
o perché metà delle ragazze della classe gli va dietro. Sul serio.
Non ha niente che possa valergli la sopravvivenza, è il nulla allo
stato puro. Non so cosa ne pensasse Takami, ma dirmi che a un tizio
piace il rock non equivale a caratterizzarlo. Capisco che in Giappone
possa fare molto più rribbbèlle rispetto a qui – leggetevi 20th
Century Boys di Urasawa, va' – ma non è abbastanza, un
personaggio non può essere rappresentato solo dai propri gusti
musicali.
Il
'cattivone' è pessimo. Dico il Tizio Crudele A Caso, quello che ha
il controllo dell'isola. Io gli antagonisti così non li capisco,
davvero. Secondo me è con l'antagonista che ti puoi sbizzarrire,
eppure qui si ha davanti un semplice Tizio Crudele, sadico a
sproposito e senza alcun motivo. Takami avrebbe potuto darci una
spiegazione su come è diventato quello che è, eppure niente. Non
una parola su di lui, se non a sottolineare quanto sia un cattivone.
I
dialoghi sono improponibili. Che poi in Giappone c'è effettivamente
una tendenza all'aumentare l'intensità di certe frasi, al rendere
significativi certi piccoli momenti, al dare un perché anche a cose
ovvie. E lo capisco, è un tratto distintivo. Però qui si esagera.
Si parla di ovvietà, i personaggi saltano su in puro stile manga
piuttosto che reagire come dovrebbero in un libro. Il linguaggio del
fumetto e quello del libro sono diversi, eppure sembra che l'autore
abbia trasposto la storia che aveva in testa come se avesse in mente
un manga. Ma quello che in un manga può funzionare, in un libro
stona e stride.
Poi,
vediamo.
Il
finale. Il finale è tra i più brutti che io abbia mai letto. È di
un'improbabilità e di una... no, non posso dirlo. Sarebbe uno
spoiler inconcepibile, mi accontenterò di lamentarmene in privato
con coloro che l'hanno già letto. Oltretutto... ma no, lo dico dopo.
La
traduzione è tremenda. O forse è l'adattamento? Ho avuto
l'impressione che il testo non fosse stato neanche rivisto da un
editor, dopo essere stato tradotto in italiano. Ci sono frasi di cui
si fatica a capire il senso, la cui sintassi è scombinata, un sacco
di termini inadatti, qualche refuso... meritava sicuramente di essere
trattato con più cura, questo libro. Eccheddiamine.
Ma
non posso dire che di per sé lo stile di Takada fosse un granché.
Certo, sto apponendo le mie aspettative occidentali alla sua opera
nipponica, ma non mi risulta di aver mai trovato delle descrizioni
terminanti in punti esclamativi né in Murakami né nella Yoshimoto,
quindi... e poi è ripetitivo. Ripetitivo a bestia. Non so quale
target avesse in mente o se ne avesse in mente uno, ma mi pare che la
storia venga raccontata con un'ovvietà tipica della letteratura per
l'infanzia, come se si volesse facilitare il lettore nella scoperta
della trama.
Mi
rendo conto che ancora non ne ho detto nulla di positivo e questo è
ingiusto. Anche perché l'ho letto in un giorno, tutto d'un fiato. È
stata una lettura appassionante, serrata, sentita, anche se ad un
certo punto ho iniziato a saltare mezze pagine di descrizioni di
personaggi. Il fatto è che mi ha fatto imbestialire come una storia
così potente e interessante possa essere stata trattata così. Con
così poco rispetto. L'idea di fondo è geniale, ma è stata
sviluppata malissimo. Non ho quasi dormito per l'irritazione, ieri.
All'inizio
avevo nominato anche Hunger Games. Perché di solito, quando si parla
di uno, si finisce anche per nominare l'altro. E giustamente. Ecco,
se parliamo soltanto del primo libro della trilogia, sicuramente
Suzanne Collins ha pescato da Battle Royale a piene mani.
Innegabilmente. Ma non lo definirei un plagio, bensì una
rivisitazione, o un'interpretazione diversa della stessa tematica.
Anche in Battle Royale il tema della dittatura è presente, eppure è
trattato malissimo. Ovvero, non se ne sa nulla. Non si sa com'è
nata, quanto influisca sulla vita dei semplici cittadini, perché sia
cominciato il gioco del Battle Royale, come venga vissuto
dall'esterno. Ci viene data una specie di spiegazione alla fine, ma
io l'ho trovata improbabile e inconcludente, una pezza su un buco
nella trama. Invece in Hunger Games la questione è presentata in
modo chiaro, la situazione socio-politica è la prima a comparire.
Un'amica mesi fa si era lamentata del film perché si dilungava fin
troppo nel pre-Arena. È un aspetto che io invece ho apprezzato
molto, nel film come nel libro, anche se poi il film ha altri
difetti. Se non ci fosse tutta la spiegazione della situazione
sociale, politica, economica, se non ci venisse raccontato della vita
di Katniss e della sua famiglia nel Dodicesimo Distretto, se il
fantasma della ribellione non aleggiasse nell'aria, allora sì che
sarebbe un plagio di Battle Royale. Ma c'è di più, senza contare
che la storia continua. È diverso anche il punto di vista. Mentre in
Battle Royale il tutto è narrato in terza persona e i capitoli sul
protagonista, Shuya (o Tizio Inutile) vengono alternati con scene di
compagni di classe che muoiono/scappano, in Hunger Games tutto è
filtrato dagli occhi di Katniss, che racconta in prima persona. E
personalmente ho trovato Katniss molto più realistica di quanto non
fossero tutti i personaggi di Battle Royale. Lei è brava a cacciare
perché è abituata a cercare cibo per la famiglia e la morte del
padre l'ha costretta a diventare cinica e forte per tutti. Nonostante
tutto è un personaggio credibile, i cui tratti e le cui abilità
vengono accuratamente spiegati e motivati. I ragazzi di Battle Royale
no, sono dei quindicenni normalissimi che chissà perché riescono
tranquillamente a spararsi in mezzo agli occhi. Non c'è niente nei
loro vissuti che possa dare senso alla loro abilità con le armi.
Di
Hunger Games ho preferito anche la questione dell'esterno, di come i
giochi vengano vissuti dalle famiglie. Un'intera popolazione
costretta ad assistere al massacro. In Battle Royale le famiglie non
esistono, non soffrono, sono scavalcate. Mentre Katniss giustamente
si strugge per la sorellina, pare che in Battle Royale tutti se ne
strafreghino di quelli che hanno lasciato a casa ad aspettarli. C'è
anche da dire che Shuya è un orfano, ma non è che gli altri abbiano
dedicato chissà quali pensieri ai propri familiari. Non ce n'è uno
che si dica 'Devo tornare a casa per X'.
Inoltre
Shuya non impara. Dopo essere stato ripetutamente attaccato quasi da
qualsiasi compagno abbia incontrato, dopo essersi imbattuto in chissà
quanti cadaveri, continua a pensare di poter risolvere
tutto col dialogo, di poter instaurare una tregua per riuscire a
scappare dall'isola, nonostante sia assolutamente impossibile. Arriva
a fidarsi ciecamente di Shugo Kawada, uno con cui non ha quasi mai
parlato, che non gli dice né perché né percome, ma gli
assicura che sa come scappare e glielo rivelerà solo alla fine del
gioco, quando saranno rimasti solo loro due e Tizia Inutile.
Ora,
vi pare plausibile?
In
Hunger Games invece nessuno si fida di nessuno. Non si può scappare
dall'Arena, ergo
si cerca disperatamente di sopravvivere, consapevoli
che ogni alleanza finirà comunque nel sangue. Vero anche che
contrariamente a Battle Royale i personaggi non si conoscono tra
loro, ma comunque...
Inoltre,
la prevedibilità. Mi spiace per chi non è riuscito a leggere Hunger
Games prima che diventasse un fenomeno enorme di quelli che ti
lanciano spoiler tra capo e collo. Io ero fortunatamente riuscita a
evitarli tutti, quindi non sapevo neanche chi sarebbe sopravvissuto
al primo libro. Per quel che ne sapevo, Katniss sarebbe potuta
morire, idem Peeta. Forse avrebbe vinto Rue e i seguiti sarebbero
stati dedicati a lei.
Con
Battle Royale, il finale è così esplicito fin dall'inizio che ti
illudi che si tratti di una rozza dissimulazione. Ad esempio avevo
sperato che Takami mi stupisse, facendo vincere il gioco a una tizia
che fugge terrorizzata, sempre rincorsa da un certo personaggio
innamorato di lei. Visto che non la si trovava – compare una volta
e per pochissimo – speravo si fosse data al massacro pure lei e che
alla fine sbucasse dal nulla a sorpresa con una mitragliatrice.
Invece niente, il libro finisce esattamente come si teme che finisca.
Quindi...
beh, non so che dire. Mi è piaciuto quanto non mi è piaciuto. Credo
di non essermi mai innervosita tanto per un libro. Qualcuno di voi
l'ha letto? In caso che ne pensate? Via, che ho ancora bisogno di
digerirlo...