E
dunque, io vi avverto, questo è un post di scarsa – se non nulla –
utilità. Un post da 'ho voglia di fare due chiacchiere'. Quindi non
vi aspettate di trovare nulla qui che non sia puramente
tralasciabile.
È
che ultimamente sono parecchio impegnata. E, beninteso, non me ne sto
lamentando affatto, anzi. Adoro lo stage in libreria, adoro passare
ore e ore a sguardicchiare libri, chiacchierare di libri, annusare
libri. Ma è anche vero che il tempo a mia disposizione per leggere
si è drasticamente ridotto. Un po' anche per via del blog,
attraverso il quale vengo invasa da roba da leggere. E sia chiaro,
neanche di questo mi lamento. Anzi, ne sono ben lieta.
Però
era da un po' che sentivo la mancanza di un certo tipo di libro.
Praticamente da quando ho finito – quanto tempo fa sarà stato?
Ormai più di un mese – Alta Definizione di Adam Wilson,
di cui ho gioiosamente favellato qui. Il fatto è che buona
parte di quello che leggo nelle ultime settimane proviene da consigli
trovati su altri blog o ricevuti per mail e diciamo che nella
blogosfera un certo tipo di letteratura non abbonda affatto. Non che
sia del tutto assente, ma credo di poter affermare con una certa
sicurezza che è molto marginale. Cosa che non mi spiego, pur
rendendomi conto che pure io è da un po' che non ne parlo.
Parlo
dei libri-epifania. È un nome che mi è venuto in mente ieri, mentre
mi chiedevo cos'avrei potuto leggere ora che avevo finito La
bambina senza cuore di Emanuela Valentini – che mi è
piaciuto un fracco e di cui probabilmente vi parlerò domani –
senza trovare una risposta. Mi riferisco a libri come Pastorale americana, Espiazione, Danny l'Eletto, La
figlia del pianista, L'inconfondibile tristezza della torta allimone, Figlio dell'Impero Britannico, La versione diBarney... sono diversi dagli
'altri' libri. Cioè, sia chiaro, amo anche gli altri, ma questi sono
diversi, hanno qualcosa di speciale.
Ci
sono libri in cui si entra, e altri che invece ti entrano dentro. Che
ti scavano via gli occhi e ti si infilano nelle orbite, riempiendo
tutta la tua vista, cosicché finisci per vivere attraverso il filtro
di quel libro. È un filtro che può durare per tutta la lettura e
anche per giorni dopo che l'hai finita. Ostacola quello che vedi del
mondo, lo vedi annacquato dalla voce dell'autore. Sono letture
intense, cocenti, bastarde. Non se ne può abusare, ma se ne sente il
bisogno.
Ecco,
io era da un po' che non mi facevo una lettura così.
Poi
un paio di giorni fa su Twitter Mezzatazza
– che non ha idea di quanto le sia grata – mi dice che ha letto
un libro bellissimo, Il libro delle illusioni
di Paul Auster,
autore che conosco di nome ma che non ho mai provato. Detto fatto, mi
ci getto. Dopo settimane d'assenza, stamattina lo requisisco in
biblioteca prima di andare in libreria.
Al
momento sono più o meno a metà.