Dunque, La collezione Lancourt di Manuela Giacchetta, edito da Las Vegas nel 2013. Anzi, a voler essere pignoli è uscito proprio da poco.
Questo
libro l'ho preso quasi per caso. Un po' perché volevo festeggiare
l'esame appena dato, un po' perché era da tempo che volevo provare
la casa editrice senza sapere da dove iniziare, un po' perché avevo
appena letto una recensione più che convincente. Ho riso un sacco
quando venti minuti dopo l'acquisto – ma forse anche meno –
Carlotta di Las Vegas (di cui vi consiglio spassionatamente il blog qui) mi ha chiesto se mi andava di riceverne una copia. Anche se non
so cos'avrei risposto, il fatto è che mi spiace ricevere gratis
quello che già mi interessa e che altrimenti comprerei, mi fa sentire un po' scroccona.
Com'è
che ho ripreso a divagare così?
Ad
ogni modo, sono davvero contenta di averlo preso. È stato un inizio
perfetto per la mia storia con Las Vegas.
Sì,
tendo a personalizzare le case editrici. Embé?
Dicevo,
il libro.
Tanto
per cominciare lo stile di Manuela è meraviglioso. Perfetto. Ogni
termine è al posto giusto, ogni frase è di una bellezza
insostenibile, eppure precisa. Mi chiedo come sia possibile comandare
con tanta maestria le parole. Non so bene come spiegarmi, ma mentre
lo leggevo inizialmente ho avvertito una specie di commosso
straniamento, come una mini-sindrome di Stendhal. L'atmosfera del
racconto non mi veniva raccontata, ma costruita e avvolta attorno,
era... non so. Strano. E bellissimo.
Ad
ogni modo.
La
storia è quella di Bianca che si interseca con quella di Denis. Lei
è una ragazza di quelle che guardano piuttosto che agire, che lavora
nel negozio di fiori del padre, che vive con un'inerzia che ricorda
il rumore delle onde. Per via dell'acquisto di un quadro, si trova a
conoscere Anna Anselmi, una signora di una certa età che vive da
sola in una villa in campagna. Instaura con lei un rapporto fatto di
chiacchiere superficiali e tè pomeridiani, di composizioni floreali
e poco altro. Poi entra nella sua biblioteca e ci trova Denis.
E
Denis è un fantasma.
Questo
libro però non contiene solo la storia di Bianca e Denis, ma anche
quella di Denis e della famiglia Lancourt, risalente all'inizio del
'900. Il capitolo iniziale è loro, dei fratelli Jerome e Françis
Lancourt, e di Sabine, la ragazza chiamata a leggere alla loro madre
che sta diventando cieca.
Ora,
la prima parte di questo libro l'ho trovata perfetta oltre ogni dire.
Piena di piccoli momenti preziosi, di emozioni racchiuse in scene
perfette. Poi, ad un certo momento, la storia cambia completamente.
Cambia proprio genere e si trasforma in un simil-thriller.
Dico
simil-thriller perché, nonostante la presenza di un assassino, di
sangue e inseguimenti, c'è qualcosa che mi stonava nella narrazione.
Non voglio passare per pedante o saccente, quindi ammetto
immediatamente che quanto sto per dire l'ho studiato poche settimane
fa per un esame. Ovvero come funziona la suspanse. È un fattore
temporale e cognitivo, che si basa su stacchi di scena molto forti,
ellissi frequenti, la ricerca del clou, la crescita del timore per
l'avvenire di un personaggio. E si basa anche su quello che sa questo
personaggio, cui dovrebbe essere svelato meno che al lettore, che
quini dovrebbe divorarsi dall'ansia. In questo caso, invece, la
narrazione è rimasta lineare, senza cambi di prospettiva o di punto
di vista. Ci sono stati momenti in cui avrei dovuto seriamente temere
per la sorte di Bianca, eppure in un certo senso non ho avuto modo e
tempo di farlo. Forse non era intenzione dell'autrice focalizzarsi
sul fattore thriller della storia, però secondo me sarebbe stato
meglio se lo avesse fatto. Anche perché mi sarebbe piaciuto
conoscere meglio Podlov e avrei adorato leggere più capitoli
dedicati a lui. E avrei apprezzato anche se fossero continuati i
capitoli dedicati alla famiglia Lancourt, che ad un certo punto si
sono interrotti, lasciando la narrazione totalmente nelle mani di
Bianca, personaggio che ad un certo punto ha smesso di piacermi come
all'inizio. Ma qui sono gusti.
E
mi trovo costretta ad ammettere che non so quanto sono contenta del
finale, anche se forse sarò in minoranza. Un po' avrei voluto
andasse diversamente, un po' sento di non poter credere del tutto a
una 'svolta' così repentina. Chi ha letto capirà.
In
sostanza mi è piaciuto un sacco, anche se mi ha lasciato un poco di
amaro in bocca. Lo consiglio assai, anche se avverto che secondo me
potrà dare fastidio la svolta di genere.