E
dunque, dicevo, ieri ho letto A
Dio spiacendo di Shalom Auslander. Avete presente
Auslander? È quello de Il lamento del prepuzio e di Prove
per un incendio, di cui avevo entusiasticamente ciacolato qui.
A Dio spiacendo è una raccolta di racconti, ad accomunarli sono
personaggi smaccatamente ebrei, in una società visibilmente ebraica.
Il loro rapporto con Dio, il loro rapporto con la religione, la
tensione tra cultura e modernità... poi beh, sono tutte tematiche
sotterrate dietro trame dissacranti. Quello che più mi ha disturbato
è sicuramente Punisci i pagani, Charlie Browne!, che narra di
quello che avviene nel mondo dei Peanuts dopo la morte di Schulz, la
nascita di una specie di nazismo Snoopiano – sigh, Snoopy, il
dolore che mi dai... - secondo cui i Cocomeriani – Linus e Lucy –
hanno complottato per uccidere Schulz. Corte scenette in puro stile
Peanuts, che magari fanno anche sorridere, però... davvero,
disturbante.
E
tanto per cambiare ho cominciato a farmi delle domande.
Domande
stupide, eh, però finché continuo a farmele so che il cervello non
mi si è atrofizzato sotto il peso dell'esame di semiotica. Che sto
odiando, ma tralasciamo.
Ai
bambini ebrei cosa raccontano, per farli stare buoni? Dell'Uomo Nero,
del Boogieman o dei nazisti?
''Metti
a posto o viene il nazista e ti porta via i giocattoli''
Cose
del genere? Perché dev'essere così strano avere già culturalmente
incontrato la propria nemesi, l'orrore massimo, la minaccia assoluta.
Voglio dire, a un ebreo nato dopo l'Olocausto l'Uomo Nero gli fa un
baffo.
''Levate,
che i miei nonni mi han raccontato di quando gli han dato fuoco alla
casa per stanarli''
''Levate,
che i miei nonni hanno visto un neonato lanciato in aria e falciato
da una mitragliatrice''
''Levate,
che i miei nonni hanno visto uno impiccato con le budella di fuori''
Come
fai a impressionare un ebreo, che gli basta aprire un libro di storia
per sentire il respiro della morte sul collo?
Da
qualche tempo – ovvero da quando ho letto Danny l'Eletto di
Chaim Potok, capolavoro eccelso – ho iniziato a interessarmi
di cultura ebraica. Poca roba, leggicchio qua e là, cerco autori di
origine ebraica. E ho notato che la loro prospettiva è davvero
diversa da quella cui sono abituata, inglese o americana o italiana.
Hanno altri occhi, un vissuto che col nostro c'entra così poco.
In
A Dio spiacendo c'era il racconto di un bambino, i suoi timori
notturni. Date di espulsioni, sondaggi anti-semiti, racconti di
massacri che gli si accavallano nella testa. Che fare quando – non
se, ma quando – a New York sorgerà il nazismo? Dove andare? Con
chi? Potrà dirlo al migliore amico?
È
una prospettiva così strana che non riesco a immedesimarmi del
tutto. Un genocidio sempre nella testa, un retroterra culturale
tremendo. Altro che elefante nella stanza. Cioè, se riesci a vedere
una possibilità di nazismo perfino nei dolci, innocenti Peanuts, se
riesci a incrinare un personaggio come Snoopy facendogli scrivere il
Mein Kampf... non lo so.
Beh,
ad ogni modo, giusto per dare un senso a questo post vi consiglio
qualche scrittore di origine ebraica. Così, tanto per.
Ovviamente
Shalom Auslander. Ayn Rand. Chaim Potok. Adam Wilson. Trudi Kanter.
Mordecai Richler. Edgar Hilsenrath. Philip Roth. Aimee Bender. Questi
sono giusto quelli che ho letto e adorato, giustamente ce ne sono
decine d'altri. Ve li consiglio smodatamente, anche al di là del
bagaglio culturale.
Ed
ora via, a immergermi con finto entusiasmo nella semiotica!
Anzi,
prima mi faccio un caffè.