Qualche giorno fa sono
stata a Torino, a colonizzare per il week-end casa di un'amica
insieme ad altri amici. Tralasciamo il fatto che ha continuato a
piovere quasi incessantemente e che quindi i nostri movimenti sono
stati più che limitati. Tralasciamo anche la pigrizia che si è propagata dall'uno all'altro come un virus-zombie e che ci ha fatti
sdormicchiare sul lettone ammassati tipo Tetris per buona parte
dei pomeriggi. Torino è sempre stupenda.
E poi siamo stati in
libreria. Al Libraccio, dove mi sono gioiosamente approvvigionata di
Vex e Kalix di Martin Millar e di L'ora di Talulla di Glen Duncan. E
poi in un'altra libreria più piccola, che mi pare si chiami Libreria
Giolitti, gestita da un tizio simpatico coi baffi.
Ecco, io in quella
libreria ho ritrovato una fetta bella grande d'infanzia. Mi è pure
partito un 'OH!' incredulo, quando l'ho visto. Vevi, di Erica Lilleg.
Non so chi me l'avesse regalato per Natale, non ricordo quanti anni
avessi all'epoca. Era in un'edizione degli Istrici Salani, avete
presente? Ecco, io a Torino ne ho vista un'edizione del 1959, di
quelle alte e rigide. Come potevo resistere? E poi l'ho pagata 60
centesimi.
Allora, vediamo. Cosa
rende Vevi così speciale da farmi ricordare di quella vetusta
simil-rubrica che ho abbandonato mesi e mesi fa per carenza di
titoli? Il fatto che Vevi è una bambina con un'immaginazione
fervida, che si fa delle domande, che riflette e vede cose che gli
altri non vedono. Che racconta di stelle che le regalano
stilografiche. Che per fare contenta la maestra, invece che il
compito le porta un mazzetto di fiori. È quella bambina che vorremmo
avere dentro ancora adesso. O sono solo io?
Vediamo, la trama. Vevi e
l'adorato fratello maggiore, Christian, sono orfani e abitano dalla
severissima Zia. Severissima solo con Vevi, perché Christian è un
nipote-studente-fratello modello. È bellissimo il loro rapporto, con
Vevi che gli fa mille domande bizzarre e Christian che cerca di
rispondere al meglio. Peccato che il fratello debba partire per
andare a studiare a Parigi e Vevi ne senta tremendamente la mancanza.
Nel frattempo Mammatopo, per ringraziarla di aver salvato i suoi
topini da un serpente, le regala una radice col potere di prendere le
sue sembianze, così che Vevi possa sgusciare via dai compiti e dalla
Zia e uscire a giocare. Ma poi arriva anche un'educatrice privata, la
crudele Grassona... e così via. Facciamo che smetto di parlarvene,
che sennò finisce che vi racconto tutto. Ad un certo punto Vevi
decide di andare a cercare il fratello a Parigi lasciandosi dietro
l'obbediente Radicina.
È scritto in terza
persona, ovviamente in modo semplice vista l'età cui è indirizzato.
Vevi continua a fare incontri stranissimi per tutto il libro e,
risfogliandolo dopo tanto tempo, ho l'impressione che sia molto più
educativo di quanto mi rendessi conto all'epoca. Ovviamente i
personaggi non sono mega-caratterizzati. È un libro per bambini in
cui i personaggi secondari appaiono per scomparire presto. Però
funzionano. Ed è pieno di illustrazioni bellissime ad opera di
Dorothea Stefula.
Che altro dire? Io l'ho
adorato all'epoca. E devo dire che anche adesso mi fa sorridere più
di quanto non credessi. È un po' sconosciuto, ma se riuscite a
trovarlo ve lo consiglio. Se vi piacciono i libri per l'infanzia,
ovviamente.