8 Marzo di carta


Scrivo questo post in anticipo, così quando lo leggerete sarà già domani, la giornata internazionale della donna. Non parliamo di feste, per favore.
L'anno scorso avevo scritto di un paio di libri, alternando la loro descrizione a riflessioni sulla condizione generale della donna. Quest'anno non ne sento il bisogno. Sarebbe ridondante, visto che questo piccolo spazio virtuale è finora riuscito a tenere lontani gli idioti che 'le bionde non sanno guidare' e 'vai a farmi un sandwich'. Non è che sia cambiato granché, nel frattempo. Oserei dire che non è cambiato nulla. E quando sarà passato un altro anno, potremo dirci di nuovo che sarà ancora tutto uguale.
Però quest'anno, anziché deprimervi – e deprimermi – sciorinando le cifre di un lento massacro, vorrei anzi dire due parole sulle donne di carta che hanno fatto parte del mio passato. Perché credo che mi abbiano creata così come loro stessi sono stati creati dalla penna di qualcuno, e che questo renda alcuni scrittori degli eroi e altri delle serpi.
Pollyanna è stata una delle prime a infondermi qualcosa di ancora tangibile. Il suo ottimismo, la sua allegria a dispetto di tutto, quel sorriso che voleva ricoprire il mondo intero e che non si arrende mai. Ricordo la copertina rigida, il suo viso troppo scuro, i denti bianchissimi. Lo lessi in soffitta, seduta su un vecchio materasso polveroso, sotto la luce fioca e calda di una lampadina nuda.
E poi? Poi c'è stata Ronja, la mia adorata Ronja. Ne avevo parlato qui, se avete voglia di saperne di più. Quant'era viva e sfacciata e incredibilmente forte. Sfidava suo padre, i briganti, il vuoto e la notte. La sua immagine di bambina coraggiosa e spettinata mi si era conficcata nel cervello, proprio al momento giusto, quando ero ancora tutta da formare, la mente di gelatina pronta a prendere una qualsiasi forma.
E Diana, Polissena e Lavinia, scaturite dalla penna di Bianca Pitzorno. Tre bambine, tre vulcani, tre guide allegre, forti e disgraziate. Tre bambine che avrei voluto come amiche, e che forse in un certo senso lo sono state.
E poi è arrivata Laura, da La Figlia della Luna, di cui ho parlato e straparlato qui. Laura che è una ragazza così normale, che aiuta la madre e bada al fratello, frequenta una scuola come tutti i coetanei eppure, di fronte al bisogno, diventa donna e tigre spietata. La sua crescita repentina, la sua decisione, il suo freddo agire di fronte alla minaccia.
E più tardi, Verena coi suoi capelli blu e un corpo pieno di ostinazione, da Robin dei boschi di Patrizia Rossi. L'inadeguatezza che mi ha tolto di dosso, come un buffetto e un 'Vai bene così'. Ero ancora alle medie, quando Verena mi ha fatto capire che c'era un qualcosa in cui credere che non fossero i Backstreet Boys, anche se nessun altro sembrava rendersene conto all'infuori di me.
E Lyra. Meravigliosa Lyra, acuta, fredda e agile Lyra. La trilogia Queste oscure materie vinta ad un concorso di racconti per ragazzi in seconda media, la scoperta di un mondo che forse non avrei conosciuto se non molto più tardi.
E Guia Esperia e Dorotea, da Strega come me, come non parlare di loro? Guia, così allegra e curiosa e ribelle, piena di domande e allo stesso tempo sicura di ciò che distingue bene e male, giusto e sbagliato. Una distinzione che rimane immutata, anche quando il resto del mondo si rivoluziona, inghiottito da magia e modernità.
Poi, alle superiori, sono arrivate Nihal, Dubhe e Rekla, dal bistrattato Mondo Emerso della Troisi. Due eroine e una malvagia assassina, tre donne di una forza ferrea e bruciante, pronte a combattere e a sanguinare. Il fastidio provato verso quello che all'epoca era un amico, che ha deriso sbuffando la sola idea di una guerriera femmina, il pensiero di Nihal a dargli una ginocchiata tra le gambe a consolarmi.
E Stargirl di Jerry Spinelli, così assurda e bizzarra, forte abbastanza da non impedirsi di dimostrarlo, da non trattenere la propria gentilezza. Un'unica mente ch splende allegra e colorata contro un esercito di studenti grigi e impettiti, colori così fiammanti che non si possono spegnere.
E poi Hermione, Luna, Tonks, la professoressa McGranitt (o McGonagall, che dir si voglia) e la signora Weasley, così diverse e così potenti, come esempi e come personaggi, come a sputare con disprezzo su chiunque tenti di generalizzare parlando di una fantomatica donna-entità-astratta. Grazie a zia Rowling, che ha urlato alle sue lettrici che non esistono modelli predefiniti per essere donne, ma che il nostro corpo è un guscio da riempire con quello che siamo.
E Anita Blake, fulgido esempio di tutto ciò che è tipicamente maschile infilato a forza in una tappa incazzosa. Una Leo lansdaliana con le tette, una sterminatrice con lo sguardo torvo e la bocca madre di mille volgarità. Ho voluto bene ad Anita, che forse è tuttora il personaggio in cui mi ritrovo di più. Forse perché ci siamo trovate che ero proprio al culmine dell'adolescenza, brufoli e tutto e avevo bisogno di qualcuno che mi dicesse che andava bene avere le palle girate una volta tanto.
Che poi scoccia anche vedere come le trasposizioni fumettistiche di Anita e Nihal risultino alla fine le solite bambolone sexy, a prescindere dalla descrizione che ne avevano dato le creatrici. Armate e minacciose, ma sempre ultra-piacenti. Non che questo 'incantesimo' che fa infighettire i personaggi appena usciti dai libri per approdare su altri media colpisca solo le donne, eh. Ma basta pensare alla differenza tra Hulk e She-Hulk, che a me un po' le scatole ritrovano vigore. Vabé, passiamo oltre.
Ora, potreste domandarvi – oppure no – per quale motivo io non abbia citato Tiffany e Nonna Wetherwax dal Mondo Disco di Terry Pratchett o Kitty dalla Trilogia di Bartimeus di Jonathan Stroud o Lisbeth Salander o Jane Eyre o Arya Stark o mille altri personaggi. Il fatto è che sono arrivati troppo tardi, quando ero troppo formata per poterci rimettere mano. Certo, sarebbe stato interessante conoscerle prima e vedere quale segno mi avrebbero lasciato, specialmente Lisbeth. Purtroppo posso soltanto chiedermelo.
Non ho ben chiaro quale sia l'intento di questo post. A pensarci bene, da un po' ho smesso di scriverne con un intento ben preciso e chiaro in mente. Forse volevo soltanto sottolineare quanto i prodotti culturali con cui veniamo nutriti finiscono per influenzarci in modo visibile e innegabile, a prescindere da quello che contengono le nostre mutande. Forse per consigliare l'influsso benefico di alcuni personaggi, o magari soltanto per ringraziarli di quello che hanno fatto per me.
In ogni caso, spero che almeno per oggi tutto vada bene.
Mi basterebbe questo. È l'unico augurio che mi sento di fare.