In questo momento sto
fissando il secondo letto nella mia stanza. Parallelo alla parete,
perpendicolare al letto che uso per dormire, è stato piazzato qui
perché non c'era altro posto e lo uso come un ampio scaffale morbido
sul quale ammucchiare i miei libri. E sta strabordando. Qualcuno è
prestato, qualcuno regalato, buona parte – mea culpa – comprato.
Soprattutto i classici. Ieri non ho resistito alla tentazione, dopo
la cocente delusione della Fiera del Libro, quasi spoglia di tutte
quelle vecchie edizioni in copertina rigida (esempio nella foto) e
sono stata alla libreria dell'usato che c'è da queste parti. Il
meraviglioso mago di Oz di Baum, Teresa Raquin di Zola e 1984 di
Orwell, in edizioni così belle che non posso fare a meno di fissarli
con sincero affetto e assoluta ammirazione.
Sul letto-scaffale, i
libri presi in prestito in biblioteca non si contano. Sono tanti.
Troppi. Due pile abbastanza alte da rischiare di crollare. Forse
leggere è davvero una dipendenza, una droga al pari della cocaina.
Ma diamo un po' di senso
a questo post, che diamine!
Pomodori verdi fritti
al caffé di Whistle Stop di Fannie Flagg – traduzione di Olivia
Crosio – Sonzogno, 1992
Ne
avevo sentito parlare così tanto che mi usciva dalle orecchie. Quei
libri che tutti conoscono e tutti ti consigliano, fino a farti venire
una qualche allergia al titolo stesso. Non sapevo di cosa parlasse,
di che paese fosse l'autrice, dove fosse ambientato... nulla. La mia
leggera avversione – anzi, più diffidenza che vera avversione –
era del tutto immotivata. Poi mia sorella è andata a comprarlo, l'ha
letto e adorato, me l'ha nuovamente consigliato e infine me l'ha
spedito dalla Germania. E allora, giustamente, l'ho letto. E mi è
piaciuto un sacco.
Lo
stile è scorrevole, allegro, quasi colloquiale. Tre livelli
narrativi si alternano – a certuni può dare fastidio, io
personalmente adoro quando i punti di vista rimbalzano da un soggetto
all'altro – tra la prima persona di Evelyn Couch, la sua vita
privata, il suo inferno interiore e le sue visite alla casa di
riposo, dove incontra l'adorabile signora Threadgoode, che le
racconta del caffé di Whistle Stop, gestito dalla temeraria Idgie e
dalla tranquilla Ruth. Il secondo livello narrativo è appunto
incentrato su Idgie e Ruth, sulla famiglia di Idgie, su alcuni
abitanti di Whistle Stop e le loro vicende personali. Il terzo è più
particolare: il bollettino settimanale di Whistle Stop, sul giornale
della signora Dot Weems. Mezza pagina, una pagina al massimo. I
piccoli accadimenti di una cittadina dell'Alabama negli anni '30,
'40, '50. Un mondo in miniatura in cui qualsiasi piccolezza può
diventare una notizia.
I
personaggi sono meravigliosi. Qualche colpo di penna e sono tutti lì,
umani e imperfetti, vivi e vividi. L'arco narrativo è ampio, si va
dalla metà degli anni '20 alla fine degli anni '80, con tanti buchi
temporali ma nessuna domanda lasciata senza risposta.
Consiglio
spassionatamente questo libro. È caldo, luminoso, il tintinnio delle
stoviglie di Whistle Stop, il rumore lontano del treno e il rombo
sotterraneo della problematica, inquietante America di quegli anni,
dal razzismo alla crisi. E poi di nuovo all'allegria di Idgie e al
sorriso di Ruth. No, davvero. Leggetelo.
Agnes Browne mamma di
Brendan O'Carroll – traduzione di Gaja Cenciarelli – Neri Pozza,
2008
Primo di una serie che conta ben tre successori, questo
libro sprizza Irlanda da ogni poro. Davvero. La prima parola che mi
viene da usare per descriverlo è 'irlandese'. Se non l'avessi preso
in biblioteca, lo piazzerei accanto ai miei libri di Roddy Doyle,
soprattutto a Bella famiglia!. La protagonista è la
famiglia Browne e la storia inizia dalla morte – praticamente una
benedizione, ad essere sinceri – del marito Rosso. Sette pargoli,
di cui un'unica femmina, Cathy. Poi ci sono Mark, Simon, Rory,
Trevor, Frankie e Dermot. E l'amica di Agnes, l'inimitabile Marion.
Entrambe lavorano al Jarro, zona povera di Dublino, in bancarelle di
frutta e verdura. Le loro chiacchiere allegre, tra il volgare e
l'ingenuo, le loro visite al pub, la tragedia che si abbatte ad un
passo dalle risate...
In
un certo senso mi viene da paragonare questa lettura a Zia Mame
di Patrick Dennis. Forse per la sua struttura a episodi –
anche se quelli di Zia Mame sono molto più lunghi – o forse per
l'atmosfera allegra e il buonumore che riesce a trasmettere. Le
analogie finiscono qui, perché laddove Agnes Browne è tanto
irlandese da grondare birra, Zia Mame, nonostante l'autore sia
americano, sfoggia una compunta aria inglese da ora del tè con
biscotti.
Che
dire? Consiglio pure questo. Sono entrambi libri da buonumore, questo
è senz'altro più leggero e meno impegnativo dell'altro. Vedete voi,
comunque se avete voglia di farvi due risate questo è il libro
giusto.