E allora l'altro giorno
mi ero portata dietro La meccanica del cuore di Mathias
Malzieu. Ho fatto bene a portarmi anche dell'altro, visto che è
stata una lettura assai più breve del previsto. Un'ora di viaggio e
già avevo superato metà libro.
Edito in Francia
nel 2007 da Flammarion, arrivato da noi pochi mesi fa grazie a
Feltrinelli, tradotto – gloriosamente – da Cinzia Poli.
Luc Besson ne trarrà un film, che io non vedo l'ora di
vedere, perché già pregusto il capolavoro.
Ne avevo letto bene,
davvero bene. Qualche lamentela per il finale – che pure a me è
parso un finale/baggianata, ma non vi dico altro – ma per il resto
coppe sciabordanti di complimenti e ammirazione. Io invece qualche
difetto l'ho trovato. Però non voglio che pensiate che la lettura
non sia stata piacevole, perché anzi, è stata veramente gradevolissima. Lo stile di Malzieu è stupendo. Adoro
l'uso che fa delle figure retoriche, leggere questo libro è come
invischiarsi in una lunghissima poesia. Perciò non vi sconsiglio
affatto di leggerlo. Ma scendiamo nei particolari, via.
La trama la conoscerete
un po' tutti. Inizialmente ambientato a Edimburgo, dove una vecchia
simil-strega di nome Madeleine aiuta chi è troppo povero per potersi
curare da 'veri' medici. Fa partorire le prostitute, sostituisce
gambe, occhi o spine dorsali con protesi meccaniche. Lei e il suo
gatto con gli occhialini. È il protagonista, il neonato Jack, a
narrare tutta la storia, in prima persona, dal tragitto percorso
dalla madre in mezzo alla neve – la notte più fredda di tutti i
tempi – per arrivare alla casupola di Madeleine, fino alla fine. Il
piccolo Jack ha però il cuore ghiacciato, scopre Madeleine, per
colpa del gelo. Congelato e troppo debole. Lo integra allora con il
meccanismo di un orologio, per riuscire a farlo funzionare. Jack
sopravvive, ma dovrà essere ricaricato spesso e dovrà stare molto
attento a non provare emozioni troppo forti, perché il meccanismo
potrebbe non reggere. Passano gli anni, la madre di Jack è scomparsa
subito dopo la nascita del figlio e Madeleine funge anche da
orfanotrofio, tenendo con sé i bambini non voluti e offrendoli alle
coppie desiderose di figli. Jack vorrebbe essere adottato, ma nessuno
vuole un figlio che ticchetta dal petto. E così rimane con
Madeleine. E a 11 anni appena compiuti, la donna accetta di portarlo
per la prima volta in città, dove incontreranno una bambina con la
voce di uccellino che canta ma non vede nulla. E Jack, dopo aver
cantato insieme a lei, avrà un terribile malore per colpa
dell'emozione troppo forte. Sarà dopo quest'incontro che Madeleine
gli appenderà sul letto le tre regole che occhieggiano dal retro
della copertina:
Uno, non toccare le
lancette.
Due, domina la rabbia.
Tre, non innamorarti, mai
e poi mai.
Però Jack vuole rivedere
la bambina, di cui si è follemente innamorato e allora... e allora
la trama va avanti. Ad un certo punto accadranno cose. E ci sarà un
viaggio. Ma sulla trama ho detto fin troppo. Veniamo alle cose che mi
hanno lasciata un po' dubbiosa.
Tanto per cominciare, gli
eventi paiono troppo slegati tra loro. Intuiamo una connessione tra
gli accadimenti e il presente, eppure non c'è un filo che riunisca
insieme tutti gli elementi. In un certo senso, credo che questo libro
avrebbe funzionato molto meglio come raccolta di racconti dedicati ad
uno stesso personaggio. Magari con uno stesso fulcro centrale, la
ricerca della bambina cantante sempre sullo sfondo, però non
necessariamente connessi gli uni agli altri. Un po' come Zia Mame
di Patrick Dennis, per capirci. Un'altra cosa che non mi ha
convinta sono gli incontri. Che senso ha avuto fare incontrare a
Jack, Jack lo Squartatore? Non lo porta a nessuna consapevolezza, non
ha ripercussioni sulla trama, funge vagamente da riempitivo, però
non mi ha detto altro. Forse è proprio da quell'episodio che ho
cominciato a pensare che La meccanica del cuore sarebbe stato una
raccolta di racconti slegati meravigliosa... voglio dire, un incontro
del genere meriterà pure di diventare il centro di un racconto, no?
E invece non vale quasi nulla.
Altro – a mio avviso –
difettuccio sono i dialoghi. Si arriva al succo troppo in fretta e
non necessariamente. Non c'è alcuna naturalezza. Nessuno si
metterebbe a disquisire di argomenti così profondi partendo dal
nulla. Discorsi troppo intensi ed espliciti per risultare credibili.
Mi ha fatto ripensare a uno dei motivi per cui ho adorato tanto
L'ombra del vento di Zafòn, ovvero l'assoluta plausibilità dei
dialoghi e delle situazioni, unita ad un intreccio intenso e
innaturale. Mi spiace che Malzieu non abbia tentato di rendere le
situazioni più verosimili, pur con quella sua impronta particolare.
Inoltre, trovo che i
personaggi secondari siano 'troppo' secondari. Funzionali alla trama
fino all'osso, pare esistano soltanto per fare andare avanti la
storia e condurre il protagonista fino alla fine della vicenda. Non
dico che non siano caratterizzati, vengono anzi colorati, quasi
estremizzati nelle loro prerogative. Però si sente che non
esisterebbero affatto, se non fosse per Jack, ecco.
Non parlerò del finale,
perché non ne parlo mai. Non vi dirò se si tratti di un finale
aperto, di un lieto fine o di una brutta fine. Vi dico solo che 'no'.
Non mi hai convinta, Malzieu. E non ho affatto apprezzato quello
'strappo', né mi pare plausibile quella cosa.
E quindi, ribadisco
quanto detto in precedenza. Non privatevi di questa lettura per i
difetti che ho elencato, perché riesce comunque ad essere veramente
piacevole.