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Salve a tutti! Mi duole
constatare che, sebbene io sia tornata dalla vacanzuccia già da
diversi giorni, ho difficoltà ad aggiornare il blog. Non perché non
ne abbia voglia o perché abbia poco di cui parlare, anzi. È lo
studio che mi fagocita, mi mastica e mi sputa come un grumo di
stanchezza e occhi brucianti. L'esame è tra meno di nove giorni e
io... beh, io studio.
Ma oggi è domenica e
intendo ritagliarmi un minimo di tempo per parlarvi di un libro che
ho letto mesi e mesi fa e che mi ero ripromessa di recensire. E che
tra l'altro dovrei restituire all'amica che me l'ha prestato, prima o
poi.
Trattasi di 'Due
figlie e altri animali feroci' di Leo Ortolani edito da
Sperling&Kupfer nel 2011. Chi conosce Ortolani sa che non si
tratta 'soltanto' di uno scrittore, ma soprattutto di un fumettista. Il
fumettista italiano più famoso e di successo dell'ultimo decennio.
Rat-man, il suo supereroe, è tanto celebre che nessuno che s'azzardi
ad entrare in una fumetteria può ignorare la sua esistenza. Tranne
le ragazzine che vanno pazze per gli shojo-brutti. Dai, quelli che
lei è la sfigatona e lui è il figo della scuola e lui s'innamora di
lei e gente a caso si mette in mezzo senza motivo e alla fine si
mettono insieme. Quelli sono gli shojo-brutti. Al momento occupano
una percentuale orribilmente ampia degli scaffali dedicati ai manga
delle fumetterie e questo mi fa soffrire.
Comunque.

Col libro di cui tratta
questa recensione, Leo ci spiega le ragioni che lo hanno portato ad
amalgamare tristi riflessioni e cinismo alle sue storie altrimenti
allegre e, comunque, divertentissime.
Leo è sposato con
Caterina. Un matrimonio felice che si riflette nei suoi fumetti, dove
lui e la moglie compaiono spesso in siparietti comici, non
sdolcinati, ma carini. Quel carino che non è vomitevole, è proprio
carino. La loro unione è però priva di figli e, passati entrambi i
30 anni, decidono di scoprire perché. Risulta che non possono averne
ed è il 2001 quando decidono di tentare con l'adozione.
Questo libro è una
raccolta – ovviamente rivista e corretta – delle mail che Leo
inviava a parenti e amici quando si trovava in Colombia con Caterina
per adottare due sorelline, Johanna e Lucy Maria. Rispettivamente,
tre e quattro anni. I momenti di divertimento si alternano con attimi
di desolazione. Mi ha fatto stare male soprattutto l'inizio, quando
Leo raccontava dei meccanismi dell'adozione, dell'insensibilità
cruda e della cattiveria immotivata dell'assistente sociale che per
anni si è rifiutata di riconoscerli idonei come genitori. Amare
riflessioni, l'impossibilità di avere figli come una condanna
all'umiliazione. Non sapevo che la trafila fosse così lunga e aspra.
Non ne vedo il motivo.
L'incontro con Lucy Maria
e Johanna è pieno di goffo imbarazzo. Leo, poi, neanche parla
spagnolo e solo Caterina è in grado di comunicare con loro. Non si
sa cos'abbiano passato le due proto-figliole nella loro breve
infanzia, ma sono appiccicate l'una all'altra come colla, unite per
le mani e per il sangue come Rose sulla porta galleggiante sull'acqua
gelida. A modo loro, sono forti e ben piantate nel mondo. O forse è
solo perché cercano di farsi forza a vicenda.
È quasi sconcertante
quanto questo libro riesca a pungere e a divertire al tempo stesso. È
ghiaccio e calore insieme, è rassegnazione e coraggio. È granito e
pan di Spagna.
Quindi. Ne consiglio la
lettura a chiunque. Perché è un bel libro, davvero. E già
basterebbe questo, no? Però svela anche i tetri retroscena di una
realtà che solo chi si trova a doversi affidare all'adozione può
conoscere. E secondo me potrebbe rivelarsi un'utilissima fonte
d'informazioni per chiunque si trovi in questa situazione. E anche un
abbraccio. O una pacca sulla spalla, se gli interessati non sono
persone da abbraccio. Quindi, tenetevelo bene a mente per quando un
vostro amico dovrà gettarsi nell'oscuro baratro dell'adozione. Mi
raccomando.
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