Pidgin Edizioni, lo ammetto, non la conoscevo. Ma al
Salone del Libro, nel bel mezzo del Salone dell'Oca, Mr. Racconti
Edizioni mi ha mandato da Pidgin, consigliandomi Problems, e io
giustamente ci sono andata. Mr. Pidgin allora mi ha raccontato
brevemente Il convalescente di Jessica Anthony, parlandomi della
storia del protagonista – nano, muto, zoppo etc – che si inframezzava con la storia della sua stirpe maledetta,
quella dei Pfliegman, condannati dalla genetica e dal fato a
sbagliare, sbagliare, sbagliare senza imparare mai; il protagonista,
infatti, è l'ultimo Pfliegman ancora in vita. Ora, essendo una
lettrice parecchio umorale, Il convalescente mi era rimasto parecchio
piantato in testa, dunque l'ultimo giorno di Salone, onde
approfittare dello sconto disperato delle ultime ore, sono andata a
recuperarlo. Afflizioni genetiche, impenitenza, condanne divine a me,
grazie.
So già che non riuscirò a parlare di questo libro come
fosse un'entità a se stante, perché dopotutto non è così che l'ho
letto. Leggevo degli Pfliegman e mi pareva di poter sostituire quel
nome con “i liguri”. Da quando mi sono trasferita a Torino, ho
iniziato ad apprezzare le differenze tra la mia gente e i
foresti. La rozzezza, la volgarità, la maleducata cocciutaggine.
Scendere a casa a trovare parenti e amici e sentirsi addosso una
strana pressione, perché lì il mondo non cambia, sei tu che
ti devi adattarti, - probabilmente è una tendenza provinciale,
comune a qualsivoglia paesino, ma a me piace raccontarmi che dipenda
dal sale nel sangue, dalla sabbia negli occhi. Quindi sappiate che
questo libro lo racconterò come se fosse cosa mia, - e da lettrice,
un po' la è.
Rovar Àkos Pfliegman ha un po' più di trent'anni e
vive in religiosa solitudine in un vecchio scuolabus scarsamente
abitabile, dal quale vende carne. La macella lui, le sue bestie
pascolano nei terreni dietro lo scuolabus. Commercia al dettaglio e
rifornisce un supermercato nelle vicinanze, il cui proprietario l'ha
preso in simpatia. Rovar non parla, non interagisce. Non fa granché
delle sue giornate. Si desquama, si acciacca, mangia tra il male e il
malissimo. Ogni settimana va a farsi visitare da una pediatra che
l'ha preso in cura per compassione, è innamorato cotto. Nel
frattempo, il terreno sul quale staziona è preda delle grinfie di
chi vuole farne qualcosa di redditizio – e mi rendo conto del fatto
che sia una questione centrale e preminente, forse quella che rischia
di influenzare maggiormente la sorte di Rovar, ma se non interessa a
lui – e davvero non gli interessa – come può interessare a me?,
quindi non ne parlerò più.
Nel frattempo, tra una visita alla dottoressa e un
rimando alla sua tragica infanzia, Rovar racconta dei suoi antenati,
della storia del popolo Pfliegman così come la conosce. Inizia da
Carlo Magno, dalle tribù ungheresi. Parte da lontano, scorre
lentamente e poi di colpo si mette a correre lungo i secoli, ma
prima, come dicevo, scorre lentamente. I Pfliegman, quando non si
chiamavano Pfliegman, erano un ammasso di incapaci che vivevano della
generosità di tribù più evolute; la leggenda – che non spoilero
– narra come siano diventati abili nel maneggiare le carcasse,
nello sfilettare sveltamente le carni. Macellai di sangue, di stirpe.
Gente sfortunata, persone che a malapena puoi chiamare persone. E
Rovar viene da lì; non può dirsene fiero, ma si riconosce nelle
facce smunte, sporche, nei denti che traballano, nei capelli che non
concepiscono l'idea di shampoo. È l'ultimo della sua gente.
Diciamolo, dunque, che Rovar da bravo
protagonista-narratore ha una voce ironica, chiara, che sa strapparti
lo strazio dalle mani che stai usando per reggere il libro. Penso sia
uno dei romanzi da cui ho tratto più citazioni in assoluto, - anche
se poi estrarre una o due frasi vuol dire mozzare il testo, e un
testo mozzato da un intero farà sempre meno impressione. La storia
di Rovar, così come quella del suo popolo, è un parossismo di
tragedie, al punto da provocare uno strano effetto comico, con un tic
nel sorriso e gli occhi sbarrati di orrore.
A Rovar ho voluto davvero bene.