Piccoli scorci di libri #64, Guasti di Giorgia Tribuiani e Il Signor Bovary di Paolo Zardi


Guasti di Giorgia Tribuiani – Voland, 2018

Ho capito subito che sarebbe stato difficile parlare di questo libro, a lettura appena iniziata. Immediatamente colpisce la schiettezza delle emozioni della protagonista, i dialoghi che non vengono contrassegnati da nessuna punteggiatura particolare, così come i flussi di pensiero improvvisi in un romanzo che resta narrato in terza persona. Il mondo ondeggia sotto i piedi di Giada, così la storia procede incerta, a balzi, scossone emotivo dopo scossone emotivo. Non che si tratti di una drammaticità forzata e incomprenibile: Giada, la protagonista, ha perso il compagno di una vita, l'uomo con cui ha passato un sacco di tempo. Un giorno ha avuto un incidente e, puff, da un momento all'altro si è ritrovata sola.
Il suo sconvolgimento pare anche più comprensibile se pensiamo a due fattori: il primo è il fatto che, prima di morire, il suo compagno avesse donato il suo corpo a un artista che forma sculture partendo da corpi umani, dunque Giada sa che il corpo del compagno è stato plastinato ed esposto, e questo le rende difficile lasciarlo andare, - anche per le mancanze di rispetto dell'artista verso la “tela” che è il suo compagno. In secondo luogo, il compagno di Giada era un fotografo famoso, di indubbio e celebratissimo successo. Giada è rimasta impigliata nella sua ombra e non sa come uscirne, né come definirsi. È perduta, completamente perduta, e mi è apparsa spietata e patetica insieme nei suoi tentativi di ritrovare un appiglio al di fuori del defunto.
Guasti è un romanzo breve, in cui una donna resa folle dal dolore torna a far visita al morto per tutta la durata della mostra – durerà un mese – e nel frattempo farà un paio di incontri significativi, perché la sua vicenda non può lasciare indifferenti. È scritto con voce vibrante, con toni incoerenti, a volte senti gli ansiti di Giada, la sua voce farsi concitata. È un libro profondamente emotivo, di un'onestà cruda; Giorgia Tribuiani ha scoperchiato l'involucro protettivo della pelle del romanzo per mostrare quello che c'è dentro, al livello più profondo della narrazione. I bisogni, le paure, le vergogne, gli istinti.
La logica viene dopo.

Il Signor Bovary di Paolo Zardi - Intermezzi Editore, 2014

Questo libriccino e io ci siamo incontrati al Salone del Libro, durante il Salone dell'Oca; quando sono arrivata da Intermezzi, gioiosamente traghettata dai consigli di Neo., Manuele di Intermezzi ha iniziato a chiacchierare di Zardi e di Cristò con un entusiasmo potentissimo, contagioso. Mi ha spedito da Terra rossa, ma prima ancora mi ha omaggiata del Signor Bovary, con la lettura del quale ho incontrato un unico problema: io non ho mai letto Madame Bovary.
(fine delle critiche, il suddetto volume mi ha tenuto compagnia per un'intensa mezzora mentre scendevo in treno verso casa di mia madre).
Il Signor Bovary racconta di una vicenda così squallida che fa strano riconoscerla come banale, stereotipica. Il Signor Bovary è un uomo sulle soglie della mezza età, un borghese che più borghese non si può; un ottimo lavoro con un ottimo stipendio, una bellissima moglie, una figlia piccola. C'è quel cortocircuito che gli fa decidere di iniziare una relazione con Orietta, una donna delle pulizie più giovane, un po' sovrappeso, non particolarmente affascinante. È una relazione che si basa sul rapporto stesso, punta sul bisogno della via di fuga da una vita già incasellata. Una relazione che si interrompe in maniera brusca, lasciando il protagonista in condizioni a dir poco fecali, - ma non sto a dire oltre, che già è più un racconto lungo che un romanzo breve, manca solo che mi metta a descrivere il finale.
Il Signor Bovary è crudo, cinico e commovente. Il protagonista ce la mette tutta per cercarsela, è malato di quell'insoddisfazione che ti fa fare cose stupide e verrebbe un po' da rifargli la pettinatura a forza di coppini. Ma non è malvagio, i suoi sentimenti vengono dispiegati di fronte al lettore in modo che possa accogliere la sua debolezza e perdonarlo per le stronzate.
Come dire? La tragedia umana.