E
dunque (ultimamente comincio tutti i miei post con un 'dunque'. O con
una lunga fila di 'dunque') ieri ho finalmente finito di leggere
Middlemarch di George Eliot. Per chi non lo sapesse,
George Eliot è lo pseudonimo di Mary Ann Evans, nata il 22
novembre del 1819 in una famiglia di rango elevato nel bel
mezzo della provincia inglese. Middlemarch è il suo quinto romanzo,
il che mi stupisce, visto che di quest'autrice conosco di nome
soltanto questo e Il mulino sulla Floss.
Vediamo.
Quando dico che 'finalmente' l'ho finito, il 'finalmente' non sta
affatto a sottintendere una lettura sgradita o noiosa, tutt'altro. Però
certamente indica una lettura lunga, che mi ha impegnata per un bel
po' di tempo, facendomi sbavare sulle decine (coff, centinaia) di
romanzi che mi tentano quotidianamente in libreria e che fino ad oggi
non ho osato iniziare. Middlemarch è bello ma lungo. Molto lungo.
Nell'edizione vecchissima che ho trovato in libreria, di quelle
scritte in caratteri minuscoli, conta più di 900 pagine. Perciò,
beh, mi ci è voluto un po' per leggerlo. Anche perché, non posso
negarlo, la prima parte è veramente noiosa.
Allora,
Middlemarch è il nome del luogo in cui la storia è ambientata, la
cara vecchia provincia inglese. Seguiamo le vicende di diversi
personaggi, tra cui le sorelle Dorothea e Celia Brooke, Mr Casaubon,
il dottor Lydgate, Rosamond e Fred Vincy, Will Ladislaw e tanti
altri. Personaggi apparentemente distanti che una serie di
accadimenti porteranno a unirsi in un unico quadro. La quantità di
personaggi – tutti perfettamente disegnati e tutti diversi tra loro
– dovrebbe scacciare la possibilità della noia,
no? Cambi di scena, di punti di vista, saltare da una problematica
all'altra... e in effetti è così. Il problema è che la prima parte
è dedicata – per quanto? Cento pagine? - a Dorothea Brooke, che è
di una noia mostruosa. Certo, è un personaggio che cresce, si evolve
e con lo scorrere delle pagine si arriverà ad adorare, ma all'inizio
è insopportabile. Una ragazza giovane, bellissima, che vive con la
sorella Celia dallo zio, Mr Brooke, ultra-cristiana, di una modestia estrema che sbatte in faccia senza riserbo, quel genere di fervore religioso
che ti fa accarezzare con affetto il tuo ateismo. Ecco. La prima
parte è dedicata a lei e al suo innamoramento per Mr Casaubon, un
tizio di mezza età brutto, giallognolo, irritante e quant'altro, di
un moralismo ipocrita e strisciante. Una coppia che all'inizio mi
faceva sperare nell'Apocalisse zombie.
Poi
entrano in scena Rosamond e Fred Vincy, sorella e fratello. Lei
vezzosa, una ragazza di una bellezza incantevole, ammantata da uno
scudo di dignità e modi perfetti, intelligente e acuta. Lui, un
ragazzo un po' spendaccione, un po' viziato, ma in fondo di
un'ingenua bontà che fa quasi male.
Poi
c'è Mary Garth – che adoro follemente – della quale Fred è
innamorato fin dall'infanzia e che si prende cura per lavoro dello
zio di lui, un vecchio Scrooge, avido e orgoglioso, il cui unico
divertimento è vedere dove arriverebbero i propri parenti per un
pezzettino del suo patrimonio.
Poi
ci sono i genitori di Mary, Caleb e Rose Garth, una coppia di
persone economicamente disagiate e... beh, buone. Davvero. Lei un'ancora, lui un abbraccio.
Poi
arriva a Middlemarch Mr Tertius Lydgate, dottore. Giovane e studioso,
quasi ossessionato dalla medicina. Diventare medico è sempre stato
il suo sogno fin da quando, da bambino, ha aperto quasi per caso un
enorme tomo di anatomia. Orgoglioso, dignitoso, apparentemente un po'
scostante. Poi finisce in casa Vincy e non sto a dire altro.
E
poi ovviamente c'è Will Ladislaw, nipote di Mr Casaubon, figlio
della sorella ripudiata dalla famiglia. Un artista, un'anima che
vaga, un pensatore che non riesce a restare coi piedi per terra,
però...
Però
non dico altro. Ho voluto dire due parole su questi personaggi per
farvi capire quanto l'intreccio sia complesso e articolato, eppure vi assicuro che è stato portato avanti perfettamente.
Devo
avvisarvi di quanto sia amaro, però. George Eliot non punta al lieto
fine o al raccontare una dolce novella in cui tutto finisce bene e i
buoni vengono ampiamente ripagati, o a dipingere un quadro ironico ma allegro della provincia inglese. Proprio no.
E
i personaggi si evolvono. Certi maturano in un modo che ti riscalda
il cuore, altri a scrutarli più da vicino si rivelano orrendi. Sono
perfetti, in quanto umani. Tutti hanno i loro difetti, tutti sono
dipinti perfettamente, anche quelli secondari.
Ve
lo consiglio smodatamente, è stata una sorpresa inaspettata. Trovo assurdo che un'autrice di questo calibro non sia ben più famosa e
apprezzata.